CORTE DI APPELLO DI MILANO
Case n. 1541/2018 of 26/03/2018

Case n. 1541/2018 of 26/03/2018
RG n. 4371/2015


REPUBBLICA ITALIANA CORTE D’APPELLO DI MILANO PRIMA SEZIONE CIVILE

Riunita in camera di consiglio nelle persone dei Magistrati:


Dott.ssa Carla Romana Raineri Presidente relatore
Dott.ssaAnna Mantovani Consigliere
Dott.ssaAngela Scalise Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 
nel giudizio di appello iscritto al numero di ruolo sopra riportato, promosso da:

BT ITALIA SPA (P.IVA 04952121004),rappresentata e difesa dagli Avv.ti Rino Caiazzo e Daniele Pilla ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Milano, Via L. Ariosto
n. 6, giusta procura in atti.

APPELLANTE


contro


VODAFONE ITALIA SPA (P. IVA 08539010010)rappresentata e difesa dagli Avv.ti Proff. Mario Libertini e Giorgio De Nova e dagli Avv.ti Alessandro Boso Caretta e Stefano Modenesi ed elettivamente domiciliata presso lo suo studio degli ultimi due sito in Milano, Via della Posta n. 7, giusta procura inatti.

APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE


CONCLUSIONI

 
Per parte appellante

In via pregiudiziale
- Ai sensi dell’art. 267 TFUE, disporre rinvio della presente controversia alla Corte di Giustizia sottoponendole il seguente quesito:“Dica la Corte - se, ai sensi del diritto dell’Unione Europea, nei casi di abuso di posizione dominante per discriminazione da compressione dei margini in cui il concorrente vittima dell’abuso abbia acquistato componenti intermedi (beni o servizi) dall’autore dell’infrazione, il concorrente danneggiato abbia diritto al risarcimento dei danni subiti nella misura dell’aumento dei costi a suo carico generato dall’infrazione (danno emergente, denominato anche danno da overcharge) oltre al danno da perdita di chance in misura pari al mancato guadagno relativamente a volumi attesi (lucro cessante);
- se nella valutazione dei danni da overcharge sia legittimo, ai sensi del diritto dell’Unione Europea, ipotizzare una riduzione di tale danno sulla base di uno scenario controfattuale nel quale l’impresa autrice dell’abuso riduca, al fine di cessare l’abuso, insieme al prezzo all’ingrosso praticato al concorrente, anche il proprio prezzo al dettaglio;
    • se sia conforme alle regole di concorrenza comunitaria, alla luce del principio di effettività, stabilire un risarcimento del danno per violazione di dette regole, in un caso di compressione dei margini di un concorrente da parte del concorrente dominante sul mercato rilevante, utilizzando il modello di analisi da prezzo predatorio (cessazione dell’abuso da parte del concorrente dominante mediante incremento del proprio prezzo al dettaglio) senza rilevare il danno da overcharge effettivo per i servizi forniti dall’operatore dominante a quello danneggiato in relazione al corrispettivo da quest’ultimo concretamente corrisposto per tali servizi;
    • qualora l’analisi del danno da overcharge fosse invece ritenuta necessaria, se sia conforme alle regole di concorrenza comunitarie, alla luce del principio di effettività, annullare o ridurre il risarcimento di tale danno ipotizzando uno scenario controfattuale in cui, a fronte della riduzione ad un livello non abusivo del prezzo praticato dall’operatore dominante per i servizi all’ingrosso, questo possa legittimamente ridurre corrispondentemente il proprio prezzo al dettaglio in tutto o in parte, perpetuando in tal modo l’abuso e costringendo così l’operatore danneggiato a ridurre a sua volta in tutto o in parte il proprio prezzo al dettaglio senza poter recuperare completamente l’overcharge subito”.
Nel merito:
    1) annullare la sentenza n. 9109/2015 del Tribunale di Milano nella parte in cui limita la liquidazione del danno a € 12.000.000,00 (Euro dodici milioni);
    2) determinare nuovamente il danno sofferto da BT Italia, nel rispetto del principio di effettività, e quindi condannare Vodafone a risarcire a BT Italia la somma di
€ 264,29 milioni per il danno sofferto in termini di differenziale di prezzo di terminazione ed in conseguenza della violazione dell’obbligo imposto dalla normativa sulla concorrenza e quella regolatoria che impone a Vodafone di offrire la terminazione all’ingrosso a prezzi orientati ai costi senza operare discriminazioni
tra proprie divisioni commerciali e concorrenti;
    3) in via alternativa a quanto richiesto sub 2, condannare Vodafone al risarcimento del danno sofferto da BT Italia in termini di costi totali del servizio di fonia fisso-mobile non remunerati dai relativi ricavi (“prezzo negativo” o danno emergente o perdita monetaria pari ad € 64,49 milioni) oltre al mancato margine di profitto, nella misura complessiva di € 264,29 milioni o nella diversa somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa;
    4) inoltre, condannare la convenuta a risarcire a BT Italia la somma di € 7,55 milioni per il danno di cui ai precedenti punti 2 e 3 relativamente al periodo compreso tra giugno 1999 e marzo 2000, ovvero nella maggiore o minor somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa;
    5) nonché, condannare la convenuta a risarcire a BT Italia € 7,1 milioni per danno da perdita di chance. Tutte le predette somme devono essere maggiorate degli interessi legali e rivalutazione dal giorno della domanda fino alla data di effettivo soddisfo.
In subordine, valutata la sussistenza di fondati motivi per discostarsi dalle conclusioni cui giunge la relazione del CTU nel calcolo del danno sofferto da BT Italia, voglia il Collegio:
    6) relativamente al danno di cui ai precedenti punti 2 e 3, condannare Vodafone alla maggior somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa, tenendo conto dei limiti denunciati presenti nella relazione del CTU e consistenti nel non aver calcolato il danno da overcharge con riferimento ai costi effettivi di Vodafone e comunque nell’aver stimato tale danno ipotizzando erroneamente che, in presenza di tariffe di terminazione all’ingrosso più basse, BT Italia avrebbe trasferito l’80% di tale risparmio ai suoi clienti, beneficiando solo del 20% della riduzione del costo di terminazione on-net, ovvero assumendo erroneamente che, nel caso in cui Vodafone avesse praticato prezzi al dettaglio più elevati, BT Italia avrebbe seguito tale incremento solo in misura del 20%, oltre a € 7,55 milioni, ovvero la maggiore o minor somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa per il danno relativo al periodo compreso tra giugno 1999 e marzo 2000, e € 7,1 milioni per danno da perdita di chance.
In ulteriore subordine, anche tenuto conto del danno emergente monetario provato da BT Italia agli atti del giudizio di primo grado, pari ad Euro 64.490.000,00, voglia il Collegio
    7) condannare Vodafone al risarcimento in misura pari al danno integrale massimo identificato nella relazione del CTU, e quindi nella misura di € 69.721.955, pari alla somma dei valori di danno calcolati sull’ipotesi di sconto intervallare incluso il traffico BT Group, senza applicare la riduzione dell’80% (ovverosia la somma di € 56.588.880 per il periodo da aprile 2000 in poi e € 13.133.075 per il periodo giugno 1999 – marzo 2000), oltre a € 4.345.988 per danno da perdita di chance, come stimato dal CTU nella Relazione Iniziale, maggiorati di interessi legali e rivalutazione dal giorno della domanda fino alla data di effettivo soddisfo;
    8) in estremo subordine, condannare Vodafone al maggior risarcimento del danno nella misura che sarà ritenuta di giustizia, liquidandolo eventualmente in via equitativa;
    9) in ogni caso, condannare Vodafone al pagamento integrale delle spese del giudizio.
In via istruttoria:
    • disporre, se ritenuto necessario ai fini della liquidazione del danno richiesto, l’espletamento di una nuova CTU provvedendo alla nomina del consulente tecnico per la determinazione dei danni.


In ogni caso,
    10) rilevata la tardività dell’appello incidentale di Vodafone, dichiararlo inammissibile o, comunque, rigettarlo in quanto infondato nel merito, rigettando altresì lei stanze istruttorie per le motivazioni indicate inatti.

Per parte appellata

Nel merito
Annullare e riformare, nelle parti indicate nei motivi di appello di cui alla comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale depositata il 29 febbraio 2016, la sentenza
n. 9109/2015 pronunciata dal Tribunale Ordinario di Milano in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa M. Tavassi, sez. Specializzata in Materia di Impresa “A”, pubblicata il 28 luglio 2015, non notificata, nella causa promossa da BT Italia S.p.a. contro Vodafone Omnitel N.V. (poi Vodafone Omnitel B.V. e ora Vodafone Italia S.p.a.), ed iscritta al n. di ruolo generale 52997/2010 (“Sentenza”), e per l’effetto:
    a) in via preliminare, dichiarare prescritta la domanda di risarcimento danni avversaria;
    b) nel merito in via principale, rigettare tutte le domande formulate da BT Italia in primo grado in quanto infondate, e pertanto annullare l’accertamento dell’abuso di posizione dominante e la condanna al risarcimento del danno;
    c) nel merito in via subordinata, rideterminare il danno nella minor somma calcolata secondo i criteri indicati nei motivi di appello incidentale;
    d) in ogni caso, rigettare i motivi di appello proposti da BT Italia avverso la Sentenza in quanto infondati;
In via istruttoria
Accogliere l’istanza di acquisizione di documenti sopravvenuti e la contestuale istanza ex
art. 210 c.p.c. formulate in data 6 luglio 2017, e per l’effetto:
    e) acquisire agli atti del presente procedimento il comunicato di BT Group plc del 24 gennaio 2017 nonché la rassegna di articoli pubblicati, tra il gennaio e il giugno 2017, su principali quotidiani italiani ed internazionali, elencati nella predetta istanza e riportati sub doc. 5 allegato all’istanza stessa;
    f) ordinare, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., l’esibizione della revisione indipendente redatta, in merito alle gravi irregolarità contabili citate nella predetta istanza, da KPMG tra le fine del 2016 e l’inizio del 2017, nonché l’ulteriore documentazione a disposizione di BT e degli organi di controllo e di vigilanza interna della società appellante e/o del gruppo di appartenenza relativa alle verifiche svolte.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 9109/2015 il Tribunale di Milano, così statuiva:
    • accerta che i comportamenti di Vodafone Omnitel b.v. descritti negli atti di causa “concretano abuso di posizione dominante, ai sensi dell’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in danno di BT Italia S.p.A. e, per l’effetto, condanna Vodafone Omnitel b.v.”al risarcimento dei danni cagionati a BT Italia S.p.A., in conseguenza della condotta illecita e anticoncorrenziale sopra evidenziata, liquidando detti danni nella somma di €. 12.000.000,00 in moneta attuale e comprensiva degli interessi maturati ad oggi, con gli ulteriori interessi al tasso legale, dalla presente pronuncia al saldo”;
    • condanna Vodafone Omnitel b.v. al pagamento il favore di BT Italia SpA delle spese processuali, liquidate nell’ammontare di 142.500 a titolo di compenso, oltre al rimborso forfetario delle spese generali ed accessori nella misura di legge;
    • pone a carico di BT Italia SpA in terzo delle spese di CTU, nella misura liquidata in corso di causa, e pone i residui due terzi a carico di Vodafone Omnitelb.v.

Avverso tale sentenza proponeva appello BT lamentando una “sottostima” del danno effettivamente sofferto ed allegando plurimi motivi a sostegno della maggior pretesa avanzata in giudizio.

Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29 febbraio 2016 si costituiva Vodafone Italia SpA (già Vodafone Omnitel b.v. e Vodafone Omnitel n.v.) chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione e proponendo appello incidentale con il quale (i) lamentava la erroneità del decisum nell’accertamento del preteso abuso di posizione dominante; (ii) riproponeva la preliminare eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno azionato dalla controparte; (iii) denunziava l’errore sull’ane sul quantum del danno liquidato a BTItalia.

BT Italia eccepiva la tardività dell’appello incidentale.

La Corte, verificata la regolarità del contraddittorio, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni.
In data 6 luglio 2017 Vodafone depositava istanza di acquisizione di documenti sopravvenuti e contestuale istanza ex art. 210 c.p.c.
Segnatamente, evidenziava nell’istanza che, a far data dalla fine del mese di gennaio 2017, i principali quotidiani italiani ed internazionali riferivano dell’emersione di gravi e non meglio definite, “irregolarità contabili” nella divisione italiana di BT.
Produceva sub doc. 5, allegato all’Istanza, gli estratti di alcuni articoli di stampa e il comunicato della società capogruppo, dai quali emergeva:
        (i) l’apertura di un’indagine da parte della procura di Milano su tali “irregolarità contabili”;
        (ii) la presentazione, da parte di BT Group plc, di una formale denuncia-querela sulle presunte irregolarità contabili della controllata italiana;
        (iii) l’ordine di esibizione eseguito presso la sede di BT Italia ed una serie di perquisizioni a carico di cinque fra ex manager ed ex funzionari di BT Italia, a seguito di decreto di perquisizione e sequestro del pm Silvia Bonardi;
        (iv) l’annuncio dell’autorità britannica FRC –Financial Reporting Council
sull’intenzione di indagare sulla revisione dei bilanci di BT dal 2015 al 2017.
In considerazione di ciò Vodafone chiedeva alla Corte:
    (a) l’acquisizione di tali documenti agli atti del presente procedimento;
    (b) l’ordine, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., di esibizione della revisione indipendente redatta in merito alle gravi irregolarità contabili da KPMG tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, nonché l’ulteriore documentazione di BT e degli organi di controllo e di vigilanza interna relativa alle verifiche svolte.

La Corte assegnava a BT termine per “breve nota di replica”, che BT provvedeva a  depositare.
BT Italia eccepiva la irrilevanza delle notizie di stampa ai fini della decisione in quanto le dedotte irregolarità sarebbero riferite a “daticontabili” e non a“ dati ditraffico ”ed allegava,
altresì, esigenze di riservatezza tali da escludere la possibilità di acquisire al fascicolo istruttorio la revisione indipendente redatta da KPMG e l’ulteriore documentazione di BT relativa alle verifiche svolte.

La Corte poneva la causa in decisione, riservandosi di valutare la rilevanza delle istanze istruttorie in sede di merito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Sulla inammissibilità dell’appello incidentale diVodafone
Va preliminarmente delibata la eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale di Vodafone sollevata dalla difesa di BT Italia.

L’eccezione è infondata.

Ed invero, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., in caso di mancata notifica della sentenza di primo grado, il termine per proporre l’appello è di “sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”.
La sentenza, nel caso di specie non notificata, è stata pubblicata in data 28 luglio 2015. Il termine per la proposizione dell’appello scadeva, dunque, il 28 febbraio 2016 in considerazione dell’applicazione della sospensione feriale dei termini, da intendersi prorogato ex art. 155 c.p.c. al 29 febbraio 2016, cadendo il 28 febbraio di quell’anno di domenica (giorno festivo).
La Comparsa depositata da Vodafone reca il timbro di deposito (apposto dalla cancelleria della Corte d’appello) del 29 febbraio 2016 e, pertanto, l’appello incidentale deve considerarsi tempestivo.
La difesa BT Italia, invero, non risulta aver coltivato siffatta eccezione che, pur tuttavia, costituisce materia rilevabile ex officio.

    2. Sulla eccezione di prescrizione sollevata daVodafone

Attesa la ammissibilità dell’appello incidentale va, sempre preliminarmente, delibata la eccezione pregiudiziale di prescrizione sollevata da Vodafone, in quanto astrattamente idonea a definire il giudizio.

L’eccezione è fondata.

2.1 Sulla natura della responsabilità dedotta in giudizio
Correttamente il giudice di prime cure ha affermato la natura extracontrattuale dell’illecito anticoncorrenziale (Cass. n. 8110/2013; Cass. n. 12551/2013 e Cass. n. 2305/2007) con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione.

2.2. Sul dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale
Questa Corte di Appello, nel confermare le sentenze di primo grado in casi derivanti dal medesimo procedimento A357 (Trib. Milano, n. 4587/2014, n. 12043/2014, n. 12227/2013 e
n. 5049/2014), ha affermato che il dies a quo dal quale far decorrere al più tardi il termine prescrizionale di cinque anni“può pacificamente essere individuato con l’avvio del procedimento dell’AGCM (anche sulla base della rilevante attenzione mediatica suscitata dal caso)”(App. Milano, n. 2179/2016; n. 3052/2016); e ciò,anche con riferimento ad una società che non aveva partecipato al procedimento A357 dinanzi all’AGCM(App. Milano, n. 3052/2016): “Difatti, già a partire dall’avvio del procedimento era di certo evidente e riconoscibile, per un operatore economico esperto del settore come l’odierna appellante, l’abuso di posizione dominante da parte di Telecom”.
Analogo principio, e con portata addirittura estensiva, è stato affermato da questa Corte in una fattispecie analoga a quella oggetto della presente controversia, evidenziandosi che un operatore che "operi nel medesimo mercato del preteso danneggiante, cui viene imputato un abuso di dominanza sul mercato[…]non può essere ritenuto estraneo alle dinamiche del mercato e ignaro dell'esistenza del comportamento che mira ad escluderlo o a ridurre i suoi margini di guadagno"; ciò tanto più nel caso in cui detto operatore avesse avuto "una relazione commerciale diretta con Vodafone ", sicché “era in grado di percepire la dannosità
dei comportamenti addebitati a Vodafone anche prima dell'avvio del procedimento A357" (App. Milano n. 887/2017).

La tesi deve ritenersi espressione del più generale principio secondo cui nelle azioni fondate su un fatto illecito occorre avere riguardo al momento in cui il diritto può essere fatto valere e nei cd. “danni lungo latenti” il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell’illecito, desumibile sia da elementi presuntivi (quali notizie sui quotidiani, o circolazione delle informazioni tra gli addetti del settore), sia dalla qualificazione del soggetto nell’ambito del mercato di riferimento.
Di ciò ha dato conto anche la sentenza impugnata1, prescindendosi dalle ulteriori conseguenze tratte.

Il dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale va, dunque, nella specie individuato nel momento di avvio del procedimento dell'AGCM (id est: 23 febbraio 2005).

2.3 Sulla inidoneità delle comunicazioni di BT ad interrompere la prescrizione.
Il giudice di prime cure ha ritenuto la raccomandata A/R di BT del 10-13 febbraio 2009 (doc. 10 di BT allegato al fascicolo di primo grado) idonea ad interrompere la prescrizione.
L’assunto è, ad avviso della Corte, non condivisibile.
Ed invero, tale lettera, inviata dal Direttore Affari Legali e Regolamentari di BT al Direttore Affari Pubblici e Legali di Vodafone, seppure contenente una rappresentazione dei danni asseritamente patiti da BT Italia per “aver pagato tariffe di terminazione più elevate di quelle che Vodafone ha applicato alle proprie divisioni commerciali”si conclude con il mero “auspicio” di “un incontro nell’interesse reciproco al fine di definire la vicenda in via bonaria”e difetta della inequivocabile volontà di BT di costituire in mora Vodafone.


1Sul punto, con riguardo alla ritenuta correttezza del riferimento al momento di apertura, da parte dell’AGCM, dell’indagine (quivi, 23 febbraio 2005) si leggeinter alianella sentenza che «Ciò in quanto  fin dall’apertura dell’indagine l’abuso di posizione dominante originariamente imputato a Vodafone sarebbe divenuto oggettivamente percepibile e riconoscibile per un operatore economico che necessariamente, usando l’ordinaria diligenza,deve conoscere gli eventi del mercato in cui opera»(pagg.11-12).In tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), anche l’esplicazione di una pretesa e, soprattutto, l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito ( anche a mezzo di un suo valido rappresentante) di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo) (Cass. n. 24656/2010 , n. 3371/2010, n. 17123/2015).

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, seppure la intimazione non sia soggetta a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richieda l'uso di formule solenni, né l'osservanza di particolari adempimenti, è pur sempre necessario che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto dal debitore nei cui confronti tale scritto è indirizzato (ex multis,Cass. 10.3.2009, n. 5763, Cass. 23.6.2008, n. 17018; Cass. n. 20332 del 2007; Cass. n. 19356 del2007)”.
Con l’ulteriore precisazione che “tale requisito oggettivo non è quindi ravvisabile in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore di effettuare l'adempimento dovuto (ex multis:Cass. n. 3371/2010; Cass. 3.12.2004, n. 2275; Cass. 30/03/2006, n. 7524)”.

Ad ulteriore sostegno della inidoneità ad interrompere la prescrizione di un atto, quale quello in esame, meramente sollecitatorio,ex parte creditoris, dell'avvio di trattative finalizzate alla definizione transattiva della vertenza, giova rammentare l’ulteriore inciso contenuto nella pronuncia secondo cui“le trattative di amichevole composizione possono comportare l'interruzione della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c., quando dal comportamento di una delle parti risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito e la transazione mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione, ma non anche all'esistenza, del diritto controverso; cosicchè “l’effetto interruttivo si realizza quando le trattative abbiano avuto ad oggetto esclusivamente la liquidazione del “quantum” e si siano svolte in circostanza e con modalità tali da implicare l’ammissione del diritto stesso”(Cass. n. 18879/2015).

Ciò, coerentemente a quanto in più occasioni ribadito dalla Cassazione: “nel costante orientamento di questa Corte (…) le trattative per comporre bonariamente la vertenza, le proposte, le concessioni e le rinunce fatte dalle parti a scopo transattivo, se non raggiungono l'effetto desiderato, non avendo come proprio presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, ai sensi dell’art.2944 cod. civ., non hanno efficacia interruttiva della prescrizione , né possono importare rinuncia tacita a far valere la prescrizione stessa(Cass. n. 6034/2008; Cass. n. 18879/2015; Cass. n. 19872/2011; Cass. n. 27928/2011; Cass. n. 7243/2011; Cass. n.
16379/09).

Solo la successiva raccomandata A/R spedita da BT a Vodafone e datata 18.2.2010 potrebbe rilevare come atto interruttivo della prescrizione giacché con essa (per la prima volta) è stata espressamente formulata, “ai fini interruttivi dei termini prescrizionali”, una “richiesta di risarcimento” (ancorchè generica) di “tutti i danni subiti a causa dei comportamenti posti in essere da Vodafone”.
Pur tuttavia tale raccomandata è stata ricevuta da Vodafone solo in data1 marzo 2010e, quindi, dopo il decorso del termine di prescrizione quinquennale. La circostanza non è mai stata contestata ed anzi risulta documentata dalla stessa parte appellante principale (v. doc. 10 di BT allegato al fascicolo di primo grado).

    4. Alla stregua delle suesposte considerazioni deve ritenersi prescritto il diritto avanzato daBTItalia oggetto del giudizio, con conseguente riforma della sentenza di primo grado e con assorbimento degli ulteriori motivi di appello principale ed incidentale.

    5. Le spese processuali, che seguono la soccombenza, sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della lite (così come indicato in primo grado e, successivamente, del valore del decisum di primo in grado per quanto attiene all’appello), dell’impegno difensivo profuso e dei parametri di cui al D.M.55/2014.


P.Q.M.

 
La Corte, definitivamente pronunciando, in totale riforma della sentenza n. 9109/2015 resa dal Tribunale di Milano, ogni altra domanda ed eccezione assorbita e/o disattesa, così provvede:
dichiara prescritto il diritto di BT Italia Spa al risarcimento dei danni oggetto del presente giudizio e, per l’effetto, respinge la domanda svolta da BT Italia SpA nei confronti di Vodafone Italia SpA;
condanna BT Italia SpA alla rifusione delle spese processuali di Vodafone Italia SpA liquidate, quanto al primo grado, in € 28.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge, e, quanto al presente grado, in complessivi € 80.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge;
pone le spese della CTU disposta in primo grado definitivamente a carico di BT Italia nella misura liquidata dal primo giudice.
Così deciso in Milano, in camera di consiglio, il 21.2.2018.


Il Presidente estensore Carla Romana Raineri
 


REPUBBLICA ITALIANA CORTE D’APPELLO DI MILANO PRIMA SEZIONE CIVILE

Riunita in camera di consiglio nelle persone dei Magistrati:


Dott.ssa Carla Romana Raineri Presidente relatore
Dott.ssaAnna Mantovani Consigliere
Dott.ssaAngela Scalise Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

 
nel giudizio di appello iscritto al numero di ruolo sopra riportato, promosso da:

BT ITALIA SPA (P.IVA 04952121004),rappresentata e difesa dagli Avv.ti Rino Caiazzo e Daniele Pilla ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Milano, Via L. Ariosto
n. 6, giusta procura in atti.

APPELLANTE


contro


VODAFONE ITALIA SPA (P. IVA 08539010010)rappresentata e difesa dagli Avv.ti Proff. Mario Libertini e Giorgio De Nova e dagli Avv.ti Alessandro Boso Caretta e Stefano Modenesi ed elettivamente domiciliata presso lo suo studio degli ultimi due sito in Milano, Via della Posta n. 7, giusta procura inatti.

APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE


CONCLUSIONI

 
Per parte appellante

In via pregiudiziale
- Ai sensi dell’art. 267 TFUE, disporre rinvio della presente controversia alla Corte di Giustizia sottoponendole il seguente quesito:“Dica la Corte - se, ai sensi del diritto dell’Unione Europea, nei casi di abuso di posizione dominante per discriminazione da compressione dei margini in cui il concorrente vittima dell’abuso abbia acquistato componenti intermedi (beni o servizi) dall’autore dell’infrazione, il concorrente danneggiato abbia diritto al risarcimento dei danni subiti nella misura dell’aumento dei costi a suo carico generato dall’infrazione (danno emergente, denominato anche danno da overcharge) oltre al danno da perdita di chance in misura pari al mancato guadagno relativamente a volumi attesi (lucro cessante);
- se nella valutazione dei danni da overcharge sia legittimo, ai sensi del diritto dell’Unione Europea, ipotizzare una riduzione di tale danno sulla base di uno scenario controfattuale nel quale l’impresa autrice dell’abuso riduca, al fine di cessare l’abuso, insieme al prezzo all’ingrosso praticato al concorrente, anche il proprio prezzo al dettaglio;
    • se sia conforme alle regole di concorrenza comunitaria, alla luce del principio di effettività, stabilire un risarcimento del danno per violazione di dette regole, in un caso di compressione dei margini di un concorrente da parte del concorrente dominante sul mercato rilevante, utilizzando il modello di analisi da prezzo predatorio (cessazione dell’abuso da parte del concorrente dominante mediante incremento del proprio prezzo al dettaglio) senza rilevare il danno da overcharge effettivo per i servizi forniti dall’operatore dominante a quello danneggiato in relazione al corrispettivo da quest’ultimo concretamente corrisposto per tali servizi;
    • qualora l’analisi del danno da overcharge fosse invece ritenuta necessaria, se sia conforme alle regole di concorrenza comunitarie, alla luce del principio di effettività, annullare o ridurre il risarcimento di tale danno ipotizzando uno scenario controfattuale in cui, a fronte della riduzione ad un livello non abusivo del prezzo praticato dall’operatore dominante per i servizi all’ingrosso, questo possa legittimamente ridurre corrispondentemente il proprio prezzo al dettaglio in tutto o in parte, perpetuando in tal modo l’abuso e costringendo così l’operatore danneggiato a ridurre a sua volta in tutto o in parte il proprio prezzo al dettaglio senza poter recuperare completamente l’overcharge subito”.
Nel merito:
    1) annullare la sentenza n. 9109/2015 del Tribunale di Milano nella parte in cui limita la liquidazione del danno a € 12.000.000,00 (Euro dodici milioni);
    2) determinare nuovamente il danno sofferto da BT Italia, nel rispetto del principio di effettività, e quindi condannare Vodafone a risarcire a BT Italia la somma di
€ 264,29 milioni per il danno sofferto in termini di differenziale di prezzo di terminazione ed in conseguenza della violazione dell’obbligo imposto dalla normativa sulla concorrenza e quella regolatoria che impone a Vodafone di offrire la terminazione all’ingrosso a prezzi orientati ai costi senza operare discriminazioni
tra proprie divisioni commerciali e concorrenti;
    3) in via alternativa a quanto richiesto sub 2, condannare Vodafone al risarcimento del danno sofferto da BT Italia in termini di costi totali del servizio di fonia fisso-mobile non remunerati dai relativi ricavi (“prezzo negativo” o danno emergente o perdita monetaria pari ad € 64,49 milioni) oltre al mancato margine di profitto, nella misura complessiva di € 264,29 milioni o nella diversa somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa;
    4) inoltre, condannare la convenuta a risarcire a BT Italia la somma di € 7,55 milioni per il danno di cui ai precedenti punti 2 e 3 relativamente al periodo compreso tra giugno 1999 e marzo 2000, ovvero nella maggiore o minor somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa;
    5) nonché, condannare la convenuta a risarcire a BT Italia € 7,1 milioni per danno da perdita di chance. Tutte le predette somme devono essere maggiorate degli interessi legali e rivalutazione dal giorno della domanda fino alla data di effettivo soddisfo.
In subordine, valutata la sussistenza di fondati motivi per discostarsi dalle conclusioni cui giunge la relazione del CTU nel calcolo del danno sofferto da BT Italia, voglia il Collegio:
    6) relativamente al danno di cui ai precedenti punti 2 e 3, condannare Vodafone alla maggior somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa, tenendo conto dei limiti denunciati presenti nella relazione del CTU e consistenti nel non aver calcolato il danno da overcharge con riferimento ai costi effettivi di Vodafone e comunque nell’aver stimato tale danno ipotizzando erroneamente che, in presenza di tariffe di terminazione all’ingrosso più basse, BT Italia avrebbe trasferito l’80% di tale risparmio ai suoi clienti, beneficiando solo del 20% della riduzione del costo di terminazione on-net, ovvero assumendo erroneamente che, nel caso in cui Vodafone avesse praticato prezzi al dettaglio più elevati, BT Italia avrebbe seguito tale incremento solo in misura del 20%, oltre a € 7,55 milioni, ovvero la maggiore o minor somma ritenuta di giustizia, determinandola eventualmente in via equitativa per il danno relativo al periodo compreso tra giugno 1999 e marzo 2000, e € 7,1 milioni per danno da perdita di chance.
In ulteriore subordine, anche tenuto conto del danno emergente monetario provato da BT Italia agli atti del giudizio di primo grado, pari ad Euro 64.490.000,00, voglia il Collegio
    7) condannare Vodafone al risarcimento in misura pari al danno integrale massimo identificato nella relazione del CTU, e quindi nella misura di € 69.721.955, pari alla somma dei valori di danno calcolati sull’ipotesi di sconto intervallare incluso il traffico BT Group, senza applicare la riduzione dell’80% (ovverosia la somma di € 56.588.880 per il periodo da aprile 2000 in poi e € 13.133.075 per il periodo giugno 1999 – marzo 2000), oltre a € 4.345.988 per danno da perdita di chance, come stimato dal CTU nella Relazione Iniziale, maggiorati di interessi legali e rivalutazione dal giorno della domanda fino alla data di effettivo soddisfo;
    8) in estremo subordine, condannare Vodafone al maggior risarcimento del danno nella misura che sarà ritenuta di giustizia, liquidandolo eventualmente in via equitativa;
    9) in ogni caso, condannare Vodafone al pagamento integrale delle spese del giudizio.
In via istruttoria:
    • disporre, se ritenuto necessario ai fini della liquidazione del danno richiesto, l’espletamento di una nuova CTU provvedendo alla nomina del consulente tecnico per la determinazione dei danni.


In ogni caso,
    10) rilevata la tardività dell’appello incidentale di Vodafone, dichiararlo inammissibile o, comunque, rigettarlo in quanto infondato nel merito, rigettando altresì lei stanze istruttorie per le motivazioni indicate inatti.

Per parte appellata

Nel merito
Annullare e riformare, nelle parti indicate nei motivi di appello di cui alla comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale depositata il 29 febbraio 2016, la sentenza
n. 9109/2015 pronunciata dal Tribunale Ordinario di Milano in composizione monocratica, in persona del Giudice dott.ssa M. Tavassi, sez. Specializzata in Materia di Impresa “A”, pubblicata il 28 luglio 2015, non notificata, nella causa promossa da BT Italia S.p.a. contro Vodafone Omnitel N.V. (poi Vodafone Omnitel B.V. e ora Vodafone Italia S.p.a.), ed iscritta al n. di ruolo generale 52997/2010 (“Sentenza”), e per l’effetto:
    a) in via preliminare, dichiarare prescritta la domanda di risarcimento danni avversaria;
    b) nel merito in via principale, rigettare tutte le domande formulate da BT Italia in primo grado in quanto infondate, e pertanto annullare l’accertamento dell’abuso di posizione dominante e la condanna al risarcimento del danno;
    c) nel merito in via subordinata, rideterminare il danno nella minor somma calcolata secondo i criteri indicati nei motivi di appello incidentale;
    d) in ogni caso, rigettare i motivi di appello proposti da BT Italia avverso la Sentenza in quanto infondati;
In via istruttoria
Accogliere l’istanza di acquisizione di documenti sopravvenuti e la contestuale istanza ex
art. 210 c.p.c. formulate in data 6 luglio 2017, e per l’effetto:
    e) acquisire agli atti del presente procedimento il comunicato di BT Group plc del 24 gennaio 2017 nonché la rassegna di articoli pubblicati, tra il gennaio e il giugno 2017, su principali quotidiani italiani ed internazionali, elencati nella predetta istanza e riportati sub doc. 5 allegato all’istanza stessa;
    f) ordinare, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., l’esibizione della revisione indipendente redatta, in merito alle gravi irregolarità contabili citate nella predetta istanza, da KPMG tra le fine del 2016 e l’inizio del 2017, nonché l’ulteriore documentazione a disposizione di BT e degli organi di controllo e di vigilanza interna della società appellante e/o del gruppo di appartenenza relativa alle verifiche svolte.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 9109/2015 il Tribunale di Milano, così statuiva:
    • accerta che i comportamenti di Vodafone Omnitel b.v. descritti negli atti di causa “concretano abuso di posizione dominante, ai sensi dell’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in danno di BT Italia S.p.A. e, per l’effetto, condanna Vodafone Omnitel b.v.”al risarcimento dei danni cagionati a BT Italia S.p.A., in conseguenza della condotta illecita e anticoncorrenziale sopra evidenziata, liquidando detti danni nella somma di €. 12.000.000,00 in moneta attuale e comprensiva degli interessi maturati ad oggi, con gli ulteriori interessi al tasso legale, dalla presente pronuncia al saldo”;
    • condanna Vodafone Omnitel b.v. al pagamento il favore di BT Italia SpA delle spese processuali, liquidate nell’ammontare di 142.500 a titolo di compenso, oltre al rimborso forfetario delle spese generali ed accessori nella misura di legge;
    • pone a carico di BT Italia SpA in terzo delle spese di CTU, nella misura liquidata in corso di causa, e pone i residui due terzi a carico di Vodafone Omnitelb.v.

Avverso tale sentenza proponeva appello BT lamentando una “sottostima” del danno effettivamente sofferto ed allegando plurimi motivi a sostegno della maggior pretesa avanzata in giudizio.

Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 29 febbraio 2016 si costituiva Vodafone Italia SpA (già Vodafone Omnitel b.v. e Vodafone Omnitel n.v.) chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione e proponendo appello incidentale con il quale (i) lamentava la erroneità del decisum nell’accertamento del preteso abuso di posizione dominante; (ii) riproponeva la preliminare eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno azionato dalla controparte; (iii) denunziava l’errore sull’ane sul quantum del danno liquidato a BTItalia.

BT Italia eccepiva la tardività dell’appello incidentale.

La Corte, verificata la regolarità del contraddittorio, fissava udienza per la precisazione delle conclusioni.
In data 6 luglio 2017 Vodafone depositava istanza di acquisizione di documenti sopravvenuti e contestuale istanza ex art. 210 c.p.c.
Segnatamente, evidenziava nell’istanza che, a far data dalla fine del mese di gennaio 2017, i principali quotidiani italiani ed internazionali riferivano dell’emersione di gravi e non meglio definite, “irregolarità contabili” nella divisione italiana di BT.
Produceva sub doc. 5, allegato all’Istanza, gli estratti di alcuni articoli di stampa e il comunicato della società capogruppo, dai quali emergeva:
        (i) l’apertura di un’indagine da parte della procura di Milano su tali “irregolarità contabili”;
        (ii) la presentazione, da parte di BT Group plc, di una formale denuncia-querela sulle presunte irregolarità contabili della controllata italiana;
        (iii) l’ordine di esibizione eseguito presso la sede di BT Italia ed una serie di perquisizioni a carico di cinque fra ex manager ed ex funzionari di BT Italia, a seguito di decreto di perquisizione e sequestro del pm Silvia Bonardi;
        (iv) l’annuncio dell’autorità britannica FRC –Financial Reporting Council
sull’intenzione di indagare sulla revisione dei bilanci di BT dal 2015 al 2017.
In considerazione di ciò Vodafone chiedeva alla Corte:
    (a) l’acquisizione di tali documenti agli atti del presente procedimento;
    (b) l’ordine, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., di esibizione della revisione indipendente redatta in merito alle gravi irregolarità contabili da KPMG tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, nonché l’ulteriore documentazione di BT e degli organi di controllo e di vigilanza interna relativa alle verifiche svolte.

La Corte assegnava a BT termine per “breve nota di replica”, che BT provvedeva a  depositare.
BT Italia eccepiva la irrilevanza delle notizie di stampa ai fini della decisione in quanto le dedotte irregolarità sarebbero riferite a “daticontabili” e non a“ dati ditraffico ”ed allegava,
altresì, esigenze di riservatezza tali da escludere la possibilità di acquisire al fascicolo istruttorio la revisione indipendente redatta da KPMG e l’ulteriore documentazione di BT relativa alle verifiche svolte.

La Corte poneva la causa in decisione, riservandosi di valutare la rilevanza delle istanze istruttorie in sede di merito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Sulla inammissibilità dell’appello incidentale diVodafone
Va preliminarmente delibata la eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale di Vodafone sollevata dalla difesa di BT Italia.

L’eccezione è infondata.

Ed invero, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., in caso di mancata notifica della sentenza di primo grado, il termine per proporre l’appello è di “sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”.
La sentenza, nel caso di specie non notificata, è stata pubblicata in data 28 luglio 2015. Il termine per la proposizione dell’appello scadeva, dunque, il 28 febbraio 2016 in considerazione dell’applicazione della sospensione feriale dei termini, da intendersi prorogato ex art. 155 c.p.c. al 29 febbraio 2016, cadendo il 28 febbraio di quell’anno di domenica (giorno festivo).
La Comparsa depositata da Vodafone reca il timbro di deposito (apposto dalla cancelleria della Corte d’appello) del 29 febbraio 2016 e, pertanto, l’appello incidentale deve considerarsi tempestivo.
La difesa BT Italia, invero, non risulta aver coltivato siffatta eccezione che, pur tuttavia, costituisce materia rilevabile ex officio.

    2. Sulla eccezione di prescrizione sollevata daVodafone

Attesa la ammissibilità dell’appello incidentale va, sempre preliminarmente, delibata la eccezione pregiudiziale di prescrizione sollevata da Vodafone, in quanto astrattamente idonea a definire il giudizio.

L’eccezione è fondata.

2.1 Sulla natura della responsabilità dedotta in giudizio
Correttamente il giudice di prime cure ha affermato la natura extracontrattuale dell’illecito anticoncorrenziale (Cass. n. 8110/2013; Cass. n. 12551/2013 e Cass. n. 2305/2007) con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione.

2.2. Sul dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale
Questa Corte di Appello, nel confermare le sentenze di primo grado in casi derivanti dal medesimo procedimento A357 (Trib. Milano, n. 4587/2014, n. 12043/2014, n. 12227/2013 e
n. 5049/2014), ha affermato che il dies a quo dal quale far decorrere al più tardi il termine prescrizionale di cinque anni“può pacificamente essere individuato con l’avvio del procedimento dell’AGCM (anche sulla base della rilevante attenzione mediatica suscitata dal caso)”(App. Milano, n. 2179/2016; n. 3052/2016); e ciò,anche con riferimento ad una società che non aveva partecipato al procedimento A357 dinanzi all’AGCM(App. Milano, n. 3052/2016): “Difatti, già a partire dall’avvio del procedimento era di certo evidente e riconoscibile, per un operatore economico esperto del settore come l’odierna appellante, l’abuso di posizione dominante da parte di Telecom”.
Analogo principio, e con portata addirittura estensiva, è stato affermato da questa Corte in una fattispecie analoga a quella oggetto della presente controversia, evidenziandosi che un operatore che "operi nel medesimo mercato del preteso danneggiante, cui viene imputato un abuso di dominanza sul mercato[…]non può essere ritenuto estraneo alle dinamiche del mercato e ignaro dell'esistenza del comportamento che mira ad escluderlo o a ridurre i suoi margini di guadagno"; ciò tanto più nel caso in cui detto operatore avesse avuto "una relazione commerciale diretta con Vodafone ", sicché “era in grado di percepire la dannosità
dei comportamenti addebitati a Vodafone anche prima dell'avvio del procedimento A357" (App. Milano n. 887/2017).

La tesi deve ritenersi espressione del più generale principio secondo cui nelle azioni fondate su un fatto illecito occorre avere riguardo al momento in cui il diritto può essere fatto valere e nei cd. “danni lungo latenti” il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell’illecito, desumibile sia da elementi presuntivi (quali notizie sui quotidiani, o circolazione delle informazioni tra gli addetti del settore), sia dalla qualificazione del soggetto nell’ambito del mercato di riferimento.
Di ciò ha dato conto anche la sentenza impugnata1, prescindendosi dalle ulteriori conseguenze tratte.

Il dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale va, dunque, nella specie individuato nel momento di avvio del procedimento dell'AGCM (id est: 23 febbraio 2005).

2.3 Sulla inidoneità delle comunicazioni di BT ad interrompere la prescrizione.
Il giudice di prime cure ha ritenuto la raccomandata A/R di BT del 10-13 febbraio 2009 (doc. 10 di BT allegato al fascicolo di primo grado) idonea ad interrompere la prescrizione.
L’assunto è, ad avviso della Corte, non condivisibile.
Ed invero, tale lettera, inviata dal Direttore Affari Legali e Regolamentari di BT al Direttore Affari Pubblici e Legali di Vodafone, seppure contenente una rappresentazione dei danni asseritamente patiti da BT Italia per “aver pagato tariffe di terminazione più elevate di quelle che Vodafone ha applicato alle proprie divisioni commerciali”si conclude con il mero “auspicio” di “un incontro nell’interesse reciproco al fine di definire la vicenda in via bonaria”e difetta della inequivocabile volontà di BT di costituire in mora Vodafone.


1Sul punto, con riguardo alla ritenuta correttezza del riferimento al momento di apertura, da parte dell’AGCM, dell’indagine (quivi, 23 febbraio 2005) si leggeinter alianella sentenza che «Ciò in quanto  fin dall’apertura dell’indagine l’abuso di posizione dominante originariamente imputato a Vodafone sarebbe divenuto oggettivamente percepibile e riconoscibile per un operatore economico che necessariamente, usando l’ordinaria diligenza,deve conoscere gli eventi del mercato in cui opera»(pagg.11-12).In tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), anche l’esplicazione di una pretesa e, soprattutto, l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito ( anche a mezzo di un suo valido rappresentante) di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo) (Cass. n. 24656/2010 , n. 3371/2010, n. 17123/2015).

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, seppure la intimazione non sia soggetta a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richieda l'uso di formule solenni, né l'osservanza di particolari adempimenti, è pur sempre necessario che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto dal debitore nei cui confronti tale scritto è indirizzato (ex multis,Cass. 10.3.2009, n. 5763, Cass. 23.6.2008, n. 17018; Cass. n. 20332 del 2007; Cass. n. 19356 del2007)”.
Con l’ulteriore precisazione che “tale requisito oggettivo non è quindi ravvisabile in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore di effettuare l'adempimento dovuto (ex multis:Cass. n. 3371/2010; Cass. 3.12.2004, n. 2275; Cass. 30/03/2006, n. 7524)”.

Ad ulteriore sostegno della inidoneità ad interrompere la prescrizione di un atto, quale quello in esame, meramente sollecitatorio,ex parte creditoris, dell'avvio di trattative finalizzate alla definizione transattiva della vertenza, giova rammentare l’ulteriore inciso contenuto nella pronuncia secondo cui“le trattative di amichevole composizione possono comportare l'interruzione della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c., quando dal comportamento di una delle parti risulti il riconoscimento del contrapposto diritto di credito e la transazione mancata solo per questioni attinenti alla liquidazione, ma non anche all'esistenza, del diritto controverso; cosicchè “l’effetto interruttivo si realizza quando le trattative abbiano avuto ad oggetto esclusivamente la liquidazione del “quantum” e si siano svolte in circostanza e con modalità tali da implicare l’ammissione del diritto stesso”(Cass. n. 18879/2015).

Ciò, coerentemente a quanto in più occasioni ribadito dalla Cassazione: “nel costante orientamento di questa Corte (…) le trattative per comporre bonariamente la vertenza, le proposte, le concessioni e le rinunce fatte dalle parti a scopo transattivo, se non raggiungono l'effetto desiderato, non avendo come proprio presupposto l'ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, e non rappresentando, quindi, riconoscimento del diritto altrui, ai sensi dell’art.2944 cod. civ., non hanno efficacia interruttiva della prescrizione , né possono importare rinuncia tacita a far valere la prescrizione stessa(Cass. n. 6034/2008; Cass. n. 18879/2015; Cass. n. 19872/2011; Cass. n. 27928/2011; Cass. n. 7243/2011; Cass. n.
16379/09).

Solo la successiva raccomandata A/R spedita da BT a Vodafone e datata 18.2.2010 potrebbe rilevare come atto interruttivo della prescrizione giacché con essa (per la prima volta) è stata espressamente formulata, “ai fini interruttivi dei termini prescrizionali”, una “richiesta di risarcimento” (ancorchè generica) di “tutti i danni subiti a causa dei comportamenti posti in essere da Vodafone”.
Pur tuttavia tale raccomandata è stata ricevuta da Vodafone solo in data1 marzo 2010e, quindi, dopo il decorso del termine di prescrizione quinquennale. La circostanza non è mai stata contestata ed anzi risulta documentata dalla stessa parte appellante principale (v. doc. 10 di BT allegato al fascicolo di primo grado).

    4. Alla stregua delle suesposte considerazioni deve ritenersi prescritto il diritto avanzato daBTItalia oggetto del giudizio, con conseguente riforma della sentenza di primo grado e con assorbimento degli ulteriori motivi di appello principale ed incidentale.

    5. Le spese processuali, che seguono la soccombenza, sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della lite (così come indicato in primo grado e, successivamente, del valore del decisum di primo in grado per quanto attiene all’appello), dell’impegno difensivo profuso e dei parametri di cui al D.M.55/2014.


P.Q.M.

 
La Corte, definitivamente pronunciando, in totale riforma della sentenza n. 9109/2015 resa dal Tribunale di Milano, ogni altra domanda ed eccezione assorbita e/o disattesa, così provvede:
dichiara prescritto il diritto di BT Italia Spa al risarcimento dei danni oggetto del presente giudizio e, per l’effetto, respinge la domanda svolta da BT Italia SpA nei confronti di Vodafone Italia SpA;
condanna BT Italia SpA alla rifusione delle spese processuali di Vodafone Italia SpA liquidate, quanto al primo grado, in € 28.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge, e, quanto al presente grado, in complessivi € 80.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge;
pone le spese della CTU disposta in primo grado definitivamente a carico di BT Italia nella misura liquidata dal primo giudice.
Così deciso in Milano, in camera di consiglio, il 21.2.2018.


Il Presidente estensore Carla Romana Raineri