CORTE DI APPELLO DI MILANO
Case n. 887/2017 of 01/03/2017

Case n. 887/2017 of 01/03/2017
RG n. 1507/2015

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
SEZIONE I CIVILE

Composta dai seguenti magistrati:

Amedeo Santosuosso  - Presidente
Raimondo Mesiano   - Consigliere
Cesira D’Anella   - Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA


nella causa civile iscritta al n. r.g. 1507/2015 promossa da:
FASTWEB SPA(C.F. 12878470157), con il patrocinio degli avv.ti R.R., T.L. e S.D. elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in VIA MONTE NAPOLEONE, 20 20121 MILANO giusta procura speciale alle liti rilasciata in calce all’atto di citazione in appello

 
APPELLANTE
 
contro

VODAFONE OMNITEL N.V. SPA(C.F. 08539010010), ora Vodafone Italia s.p.a. con il  patrocinio degli avv.ti B.C.A., L.M. e D.B.C. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in via G. Casati n. 1, Milano giusta procura speciale alle liti rilasciata a margine della comparsa di costituzione in appello
APPELLATA


Causa avente ad oggetto: impugnazione della sentenza n.12043/14 resa dal Tribunale di Milano in data 14 ottobre 2014 e pubblicata il 15 ottobre 2014


conclusioni delle parti:

per Fastweb S.p.A.
Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, in riforma della sentenza gravata
accogliere uno o più dei motivi d’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata:
    i) rigettare l’eccezione di prescrizione di Vodafone e per l’effetto dichiarare che la domanda di Fastweb non è prescritta,
    ii) annullare la Consulenza Tecnica di Ufficio per violazione dei principi che regolano l’imparzialità del Consulente e il contraddittorio processuale e rinnovare laCTU;
    iii) disporre i mezzi di prova ritualmente invocati da Fastweb e non ammessi in primo grado;
    iv) accertare e dichiarare che le condotte tutte ampiamente illustrate negli atti del giudizio, poste in essere da Vodafone Omnitel N.V., costituiscono abuso di posizione dominante in violazione
dell’art 102 del Trattato TFUE e/o condotte illecite ed anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 cod. civ.;
    v) per l’effetto inibire a Vodafone Omnitel N.V. la continuazione e/o ripetizione delle condotte abusive e/o comunque illegittime descritte negli atti del giudizio atto, ove ancora in essere alla data della pronuncia;
    vi) in ogni caso condannare Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, a qualsiasi titolo subiti dall’attrice
nella misura accertata in giudizio;
    vii) fissare una somma dovuta dalla convenuta per ogni ulteriore abuso successivamente posto in essere dalla convenuta ovvero constatato dall’attrice, o per ogni violazione e/o ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti inibitori che il Giudice adito vorrà adottare;
    viii) disporre la pubblicazione del dispositivo dell’emananda sentenza sui quotidiani “IlSole24Ore”,“Il Corriere  della  Sera” e “La Repubblica” con caratteri doppi, a cura dell’attrice ed a spese della convenuta.
Si ripropongono sin d’ora ai sensi dell’art. 346 c.p.c. tutte le domande, questioni ed eccezioni dedotte in primo grado, da intendersi qui per integralmente richiamate e trascritte.
In ogni caso con vittoria delle spese legali del doppio grado di giudizio da liqidarsi secondo i
parametri previsti dal D.M. n. 55 del 10.03.2014 ovvero quelli comunque vigenti.


Per Vodafone Italia S.p.a.

Piaccia all'Ecc.ma Corte di Appello di Milano, contrariis reiectis:
In via principale
    (a) respingere il gravame di Fastweb perché infondato in fatto e diritto e per l'effetto confermare la Sentenza, rigettando tutte le domande proposte dall'appellante, perché infondate;
Nella denegata ipotesi di riforma della sentenza
    (b) respingere le domande proposte da Fastweb, per le ragioni già dedotte nel giudizio di primo grado e riproposte nel giudizio di appello, non sussistendo né il denunciato illecito né il danno;
In via istruttoria
    (c) respingere le istanze istruttorie formulate da Fastweb;
In ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio. Anche ai sensi dell'art.346c.p.c.siripropongonotutteledomande,eccezioni,questioni e difese dedotte in primo grado, da intendere qui integralmente richiamate e trascritte, con l'esclusione della domanda riconvenzionale condizionata, qui non riproposta.

Svolgimento del processo

    1. Con atto di citazione notificato in data 29 dicembre 2010 Fastweb s.p.a. citava in giudizio Vodafone Omnitel N.V. deducendo che la convenuta aveva abusato della posizione dominante, detenuta nel mercato all’ingrosso (wholesale) delle terminazioni delle chiamate originate da rete telefonica fissa e destinate a utenti di telefonia mobileVodafone.
Gli abusi contestati erano rappresentati dalle seguenti condotte:
        a) imposizione a Fastweb di condizioni contrattuali inique e discriminatorie per l’acquisto del servizio di terminazione fisso-mobile;
        b) applicazione da parte di Vodafone alle proprie divisioni commerciali e ai propri clienti finali di prezzi per i servizi di terminazione delle chiamate originate da rete fissa e dirette verso utenze di rete mobile assai inferiori rispetto a quelli applicati all’ingrosso a Fastweb per i medesimi servizi.
Secondolaprospettazionedell’attricelecondotteabusiveposteinesseredaVodafoneavevano
determinato le seguenti conseguente:
    • Fastweb era stata costretta a sostenere costi eccessivi e discriminatori rispetto a quelli praticati da Vodafone alle proprie divisioni commerciali per l’acquisto del servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile della medesima Vodafone;
    • all’attrice era stato impedito di formulare offerte al dettaglio più vantaggiose, che avrebbero accresciuto la competitività dell’offerta di Fastweb e consentito a quest’ultima di conquistare ulteriori quote di mercato;
    • Fastweb era stata costretta a sopportare una perdita per tentare di replicare le offerte illecite formulate dalla convenuta alla clientela finale.
    2. Vodafone si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, la prescrizione dell’azione per i fatti occorsi prima del 29 dicembre 2005 e nel merito l’infondatezza delle avverse domande; formulava poi domanda riconvenzionale chiedendo accertarsi che le condotte poste in essere da Fastweb, descritte in narrativa, costituivano a loro volta abuso di posizione dominante.
    3. Con la pronuncia impugnata il Tribunale di Milano così statuiva:
    • “respinge la domanda di annullamento della consulenza tecnica d’ufficio, proposta da Fastweb s.p.a.;
    • rigetta le domande di risarcimento dei danni proposte dall’attrice Fastweb s.p.a. nei confronti di Vodafone Omnitel NV;
    • rigetta tutte le ulteriori domande proposte dalla medesima attrice;
    • dichiara inammissibile la domanda proposta in via riconvenzionale da Vodafone Omnitel N.V.;
    • compensa integralmente tra le parti le spese di lite e pone a carico solidale di entrambe le parti le spese per l’esperimento della CTU nella misura già liquidata in corso di causa”.
Il Tribunale in particolare accertava l’intervenuta prescrizione della domanda di risarcimento del danno proposta da Fastweb, con riferimento ai fatti commessi in data anteriore al 29 dicembre 2005; con riferimento al periodo successivo respingeva nel merito la domanda, ritenendo l’insussistenza di comportamenti illeciti imputabile a Vodafone.
    4. Fastweb s.p.a. proponeva appello avverso la predetta sentenza chiedendo l’accoglimento delle domande e delle eccezioni, disattese dal giudice di prime cure.
    5. Vodafone Omnitel N.V. si costituiva in giudizio contestando l’avverso gravame e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

    6. All’udienzadel20settembre2016lepartiprecisavanoleconclusioni, in epigrafe specificate e alla
scadenza dei termini per gli scritti conclusionali la Corte perveniva alla seguente decisione. La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 14 dicembre 2016.

Motivi della decisione
    7. Sulla prescrizione dell’azione risarcitoria per i fatti commessi in data anteriore al 29 dicembre 2005Con la pronuncia impugnata il Tribunale ha accolto l’eccezione di prescrizione svolta da Vodafone osservando che l’illecito anticoncorrenziale ha natura di responsabilità extracontrattuale, alla quale si applica il termine di prescrizione di cinque anni, decorrente dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, come prevede l’art. 2935 c.c. Tale norma deve essere interpretata alla luce dell’insegnamento della Suprema Corte (Cass. sentenza n. 2305/07) secondo cui “il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell’illecito”.Ciò premesso, il giudice di prime cure ha osservato che nel caso di specie il dies a quo dal quale far decorrere il termine di prescrizione dell’azione deve collocarsi alla data di apertura dell’indagine da parte dell’Agcm (23.2.2005) in quanto da tale momento l’abuso di posizione dominante imputato a Vodafone era divenuto “oggettivamente percepibile e riconoscibile per un operatore economico che necessariamente, usando l’ordinaria diligenza, deve conoscere gli eventi del mercato in cui opera”.
Ha poi aggiunto che in alternativa si potrebbe ritenere che Fastweb sia venuta a conoscenza della condotta oggetto di indagine e della sua dannosità in prossimità del proprio intervento nel procedimento avviato dall’Agcm, avvenuto il 13 aprile2005.
In ogni caso alla data di proposizione dell’azione (29 dicembre 2010) il termine di prescrizione quinquennale era già maturato.
L’appellante censura la sentenza per aver ritenuto che il termine di prescrizione decorra dall’avvio del procedimento antitrust, anziché dalla pubblicazione della decisione finale della Agcm e deduce, in senso contrario,che:
    • il giudice di prime cure, nel momento in cui ha affermato, con motivazione alternativa, che un’ulteriore data di possibile decorrenza della prescrizione potrebbe essere rappresentata dall’intervento di Fastweb nel procedimento amministrativo (13.4.2005) ha esaminato una circostanza che non era mai stato menzionata da Vodafone come fatto rilevante ai fini della decorrenza della prescrizione e sulla quale non aveva sviluppato il contraddittorio tra leparti;
    • l’art. 10 della direttiva sui danni antitrust (direttiva 2014/104/UE del 26 novembre 2014) stabilisce che:“il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e che l’attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza: a) della condotta  del fatto che tale condotta costituisce una violazione del diritto della concorrenza; b) del fatto che la violazione del diritto
della concorrenza gli ha causato un danno”; inoltre, afferma che: “gli stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione sia sospeso o, a seconda del diritto nazionale, interrotto se un’autorità garante della concorrenza interviene a fini di indagine o di istruttoria avviata in relazione alla violazione del diritto della concorrenza cui si riferisce l’azione per il risarcimento del danno”:tale principio, pur non essendo stato ancora trasfuso in norma nazionale, costituisce principio pacifico nella giurisprudenza italiana, orientata a far coincidere il dies a quo nelle azioni follow on con la pubblicazione della decisione finale dell’Agcm.
La Corte ritiene che le censure siano infondate per i seguenti motivi.
Il giudice di prime cure ha accertato la prescrizione dell'azione risarcitoria proposta da Fastweb per il periodo anteriore al 29 dicembre 2005, individuando il dies a quo dal quale far decorrere il termine quinquennale di prescrizione al più tardi al momento di avvio del procedimento dell’AGCM n. A357 (23 febbraio 2005).
Il secondo argomento (relativo alla data dell’intervento di Fastweb nel procedimento) è stato richiamato solo al fine di avvalorare le conclusioni già raggiunte, sicché non è ravvisabile nel caso di specie alcuna violazione del contraddittorio.
La conclusione cui è pervenuto il giudice di prime cure è conforme all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità che, con la pronuncia n. 2305/07 ha precisato che “il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell'illecito”.

Nel caso di specie, come ha affermato il Tribunale con pronuncia non adeguatamente censurata dall’appellante, un soggetto come Fastweb, che“operi nel medesimo mercato del preteso danneggiante, cui viene imputato un abuso di dominanza sul mercato[…]non può essere ritenuto estraneo alle dinamiche del mercato e ignaro dell'esistenza del comportamento che mira ad escluderlo o a ridurre i suoi margini di guadagno”.
Va poi considerato, come ha puntualmente osservato il Tribunale, che Fastweb aveva una relazione commerciale diretta con Vodafone, sicché l’attrice era in grado di percepire la dannosità dei comportamenti anticoncorrenziali di Vodafone prima dell’avvio del procedimento A357.
La Corte ritiene infine che non sia applicabile nel caso di specie il principio posto dall’art. 10 della Direttiva 2014/14/UE, in quanto gli articoli 21 e 22 della Direttiva sanciscono espressamente che le disposizioni in essa contenute non si applicano con effetto retroattivo.Pertanto tali disposizioni non
possonotrovareapplicazioneneicasiincuiilgiudicenazionalesiastatoaditoprimadel26dicembre
2014 (il giudizio oggetto di causa è stato proposto con atto notificato il 29 dicembre 2010).
Va infine considerato che la pronuncia relativa alla prescrizione ha valore “meramente accertativo e dichiarativo di uno status di per sé esistente” (così sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2179/2016) sicché, anche in assenza delle specifiche disposizioni di cui agli artt. 21 e 22 cit., la nuova disciplina prefigurata dalla Direttiva non avrebbe potuto essere applicata al caso in esame, in quanto la sentenza impugnata ha accertato una condizione già verificatasi, ovverosia la prescrizione dell’azione risarcitoria.
    8. Sulla prescrizione decennale
Fastweb sostiene, alternativamente, che il comportamento di Vodafone rappresenti non solo una violazione del diritto antitrust, ma anche una violazione contrattuale e ritiene che l’azione sia soggetta al termine di prescrizione decennale.
Il motivo non può essere accolto, in quanto nel giudizio di primo grado l’attrice ha espressamente proposto un’azione di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale: si legge infatti nella sentenza gravata che “le parti sono peraltro concordi nel ritenere che il danno sia derivante da illecito extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e che pertanto il diritto al risarcimento ad esso connesso si prescrive in 5 anni”.
Pertanto la nuova prospettazione difensiva dell’appellante si traduce in un’inammissibile mutatio libelli,puntualmente eccepita dall’appellata.
    9. Sulla nullità della CTU per parzialità del consulente tecnico d’ufficio
Nella sentenza appellata il giudice di prime cure ha respinto l’eccezione di Fastweb, diretta a sostenere la parzialità del consulente d’ufficio affermando che:
“Fastweb, già nel corso dell’udienza del 13 febbraio 2013, aveva proposto istanza di sostituzione del CTU in considerazione della posizione che il medesimo avrebbe rivestito presso lo studio Nera, che annovererebbe Vodafone fra i propri clienti. La problematica è stata dunque affrontata nel corso della successiva udienza (vedi verbale del 10 aprile 2013) in presenza del Prof. Scarpa, il quale ha precisato di essere consulente esterno dello Studio Nera dal 1° luglio 2013 ma di non aver ravvisato alcun elemento di conflitto rispetto all’incarico, considerato che lo Studio Nera non aveva alcun rapporto in corso con le parti né vi erano rapporti pregressi, per gli ultimi 5 anni, eccetto una consulenza svolta a favore di Vodafone Spagna da parte della sede di Madrid di Nera per una questione del tutto diversa da quella oggetto di causa, che si era peraltro esaurita fin dal luglio 2011 ed aveva coinvolto un consulente della sede spagnola che aveva poi interrotto la propria collaborazione con lo studio. Questo giudice ritenne allora che il CTU avesse fornito i chiarimenti necessari e sufficienti ad
escludere la sussistenza di una qualsiasi ragione di impedimento o opportunità di astensione o
sostituzione dello stesso. Ritiene ora che tale valutazione sia da confermare. La riproposizione delle eccezioni di parte attrice in merito alla supposta non parzialità del nominato CTU Prof. Scarpa non induce in alcun modo a discostarsi dalle conclusioni già assunte, non ravvisandosi ragione alcuna per contestare l’imparzialità del medesimo consulente” (così pagg. 12/13 della sentenza).
L’appellante ha censurato la pronuncia ribadendo che dal sito Internet di Nera risultava che la società ha tra i suoi clienti “Vodafone (Europe and Australia)”, sicché doveva ritenersi pacifico che una delle parti in causa era divenuta cliente dello studio di consulenza del CTU proprio nel corso del giudizio.
L’eccezione è infondata.
Infatti, come ha osservato il giudice di prime cure, il CTU non ha operato in  una situazione di  conflitto di interessi, in quanto durante l’espletamento dell’incarico peritale lo Studio Nera non aveva intrattenuto rapporti con le parti in causa, fatta eccezione per una consulenza in favore di Vodafone Spagna, già esauritasi fin dal luglio 2011.
Il consulente tecnico d’ufficio ha dimostrato la propria imparzialità anche durante l’espletamento dell’incarico, in quanto il prof. Scarpa “ha proceduto con indagini dettagliate, nel pieno ed articolato contraddittorio delle parti, peraltro protrattosi per tempi lunghi, stante la complessità delle indagini nel loro insieme” (così pag. 13 della sentenza) e ha offerto al giudicante “i risultati di un’analisi attenta e dettagliata, con un percorso motivazionale completo, supportato da argomenti logici e coordinati fra loro in modo coerente, così da consentire una completa cognizione e un pieno approfondimento dei singoli passaggi e delle conclusioni che ne sono state tratte” (così ancora pag. 13 dellaSentenza).

    10. Sulla nullità della CTU per violazione del contraddittorio
L’appellante lamenta la violazione del contraddittorio per il fatto che i consulenti di parte attrice“non hanno avuto accesso a documenti ed informazioni rilevanti sia per la quantificazione del danno patito da FW, sia in quanto utilizzati dal CTU ai fini della formazione del proprio convincimento e l'elaborazione della Relazione Finale” (così pag. 19 attod’appello).
In particolare, la violazione del principio del contraddittorio avrebbe interessato:
    a) le offerte di Vodafone alla clientela finale;
    b) i documenti acquisiti al fascicolo istruttorio del procedimento AGCM A357 indicati nellaCRI;
    c) le informazioni estratte dai sistemi di Vodafone e messe da quest’ultima a disposizione solo del CTU dai quali in tesi “si evince incontestabilmente che tali ricavi sono abbondantemente idonei a coprire l’intero costo dei servizi di terminazione che tali divisioni commerciali dovrebbero affrontare (ivi compreso il costo virtuale della terminazione sulla stessa rete VO)(così pag. 19 atto d’appello).



Osserva poi  l’appellante che tali  violazioni  del contraddittorio(eccepite in primo grado, non
esaminate dal giudice di prime cure) avrebbero assunto rilevanza significativa per l’esito della  vertenza, in quanto le conclusioni tratte dal CTU sulla scorta di queste informazioni (ignote a Fastweb) avrebbero indotto il Tribunale a ritenere l’insussistenza dell’abuso contestato non solo in assoluto, ma anche per gli anni dal 2006 in poi, non compresi nel periodo di asserita prescrizione del diritto.
Tutto ciò premesso, la Corte osserva quanto segue.
        a) Sulle doglianze relative alle offerte di Vodafone ai clienti finali
Fastweb lamenta che Vodafone avrebbe negato l’accesso ai contratti relativi alle condizioni economiche praticate ai clienti finali, ovvero ai piani tariffari che il CTU aveva dichiarato di aver “guardato” per rispondere al quesito posto dal giudice.
L’eccezione è infondata.
Nel corso del giudizio di primo grado il giudice non aveva accolto l'istanza, formulata da Fastweb ai sensi dell’art. 210 c.p.c., di esibizione dei contratti in questione, ma aveva invitato Vodafone a mettere a disposizione del CTU la documentazione richiesta, affinché ne fosse valutata la pertinenza e rilevanza. Vodafone aveva provveduto a trasmettere al CTU la versione integrale dei contratti per la fornitura dei servizi di fonia relativa agli anni 2004-2006 ai nove clienti aziendali indicati da Fastweb, omettendo unicamente le informazioni relative all'offerta di servizi di telefonia mobile. Poiché le parti omesse erano relative a informazioni riservate e irrilevanti ai fini dell’analisi (che riguardava il  servizio di telefonia fissa aziendale) non può ritenersi che vi sia stata la lamentata violazione del contraddittorio.
Quanto alle offerte commerciali di Vodafone successive al 2006, occorre considerare che,come ha puntualmente osservato il giudice di prime cure, con motivazione non adeguatamente censurata dall’appellante, il comportamento illecito posto alla base dell’azione di Fastweb non era stato rilevato dall’AGCM per l’anno 2006 e che la stessa Autorità non aveva mosso a Vodafone contestazioni ulteriori dopo la chiusura del procedimento, sicché non si evidenzia la rilevanza, ai fini del giudizio, della documentazione richiesta dall’appellante.
        b) Sulle doglianze relative ai documenti acquisiti al fascicolo istruttorio del procedimento AGCM A357 indicati nellaCRI
L’appellante censura la scelta del Tribunale di adottare la tariffa wholesale di terminazione quale in put nel metodo di calcolo della replicabilità delle offerte praticate da Vodafone alla clientela finale per servizi F-M.
Sostiene in particolare che la decisione del Tribunale di utilizzare la tariffa regolata per la verifica della liceità delle offerte F-M di Vodafone non è neppure giustificabile alla luce della non dimostrata
circostanza per cui “nel caso di specie non risulte[rerebbe] alcun elemento sufficiente a concludere che
VO abbia ‘imputato’ alle proprie divisioni commerciali un prezzo inferiore a quello regolato”;infatti“non c’è in atti alcuna prova sottoposta al contraddittorio processuale che ciò sia avvenuto. Al contrario nella CRI e nel successivo provvedimento A357 si legge che i comportamenti degli operatori mobili, “sono consistiti nell’applicazione di condizioni economiche per la terminazione F-M … più favorevoli alle proprie divisioni commerciali rispetto ai corrispondenti prezzi di terminazione … praticati ai propri concorrenti”.(così pag. 24 attod’appello).
La Corte ritiene le censure infondate per i seguenti motivi.
Il consulente tecnico d’ufficio ha precisato, con argomentazioni non oggetto di adeguata critica da parte dell’appellante, che la definizione di “margin squeeze” deve avere come punto di riferimento la differenza tra il prezzo a monte e il prezzo a valle praticato dall’impresa dominante; pertanto, come ha condivisibilmente osservato parte appellata, “il test del margin squeeze … richiede unicamente di stabilire se le divisioni commerciali dell'operatore dominante sarebbero state in grado di conseguire un profitto (inteso come margine positivo) dalle offerte retail praticate nel mercato a valle ove avessero in ipotesi dovuto pagare per la terminazione (la terminazione fisso-mobile) lo stesso prezzo applicato da Vodafone ai concorrenti”(così pag. 31 comparsa di costituzione e risposta) ovvero il prezzo regolamentato da Agcm.
Il consulente tecnico d’ufficio ha calcolato il danno da margin squeeze, seguendo proprio questo criterio, che fa riferimento al prezzo regolamentato della terminazione F-M, in quanto è questo il prezzo che Vodafone ha fatto pagare agli operatori concorrenti.
Per tali motivi non può essere accolta l’istanza di Fastweb di esibizione della contabilità di Vodafone, trattandosi di documenti irrilevanti per lo svolgimento del test del margin squeeze.

Per quanto riguarda la documentazione relativa al fascicolo istruttorio A357, in riferimento alla quale Fastweb lamenta la violazione del contraddittorio, occorre considerare che tali documenti sono stati visionati dal CTU in contraddittorio con i CTP in occasione della riunione peritale del 23 aprile 2012 e della successiva riunione del 14 maggio 2012 (fatta eccezione soltanto per alcuni documenti, ritenuti da Vodafone particolarmente riservati). Ciò posto, non può ritenersi che vi sia stata un’effettiva lesione del diritto di difesa, in quanto l’accesso alla documentazione è  avvenuto  bilanciando contemporaneamente le esigenze di riservatezza e il diritto al contraddittorio.
        c) Sulle informazioni estratte dai sistemi diVodafone
Le doglianze dell’appellante, secondo cui Vodafone le avrebbe negato di prendere visione del contenuto di un cd-rom acquisito al fascicolo istruttorio A357 ed in particolare dei fogli elettronici



denominati" Profit&Loss",sono infondate,in quanto il CTU ha chiarito che tali documenti erano
irrilevanti ai fini degli accertamenti peritali (così pag. 11 prima relazione CTU).
    11. Sul merito della domanda risarcitoria non esaminato dalTribunale
Il giudice di prime cure ha escluso l'esistenza di condotte abusive di Vodafone nel periodo successivo al 2005, osservando che l’analisi condotta dal CTU aveva permesso di accertare che“fino al 2004/2005 i prezzi praticati da Vodafone sono al di sotto dei costi, qualunque sia l’ipotesi che si vuole considerare circa i costi commerciali e qualunque sia il parametro di prezzo (sconto) che si ritiene corretto utilizzare per valutare la politica di prezzo di Vodafone; mentre i prezzi di Vodafone sono da ritenersi certamente leciti dal 2006/2007 in poi, qualunque sia il criterio adottato tra tutti quelli considerati in corso di causa”.Ilc.t.u. aveva inoltre osservato che “a seconda del valore percentile attribuito ai costi commerciali con riferimento ai costi di rete, l’ambito temporale del danno subito da Fastweb arriva fino al mese di marzo 2005, ove i costi commerciali siano quantificati in un valore pari al 5%, o al mese di marzo 2006, ove invece detti costi siano considerati al valore del20%.”.
Il giudice di prime cure, condividendo le argomentazioni già svolte dal CTU, ha ritenuto opportuno, anche “in considerazione della peculiarità della posizione ricoperta da Vodafone sul mercato della fonia fisso-mobile”quantificare i costi commerciali di Vodafone in un valore pari al 5% dei costidirete e ha conseguentemente escluso la presenza di comportamenti discriminatori in data successiva al mese di marzo 2005.
Fastweb ha censurato la sentenza sostenendo che il test del margin squeeze avrebbe dovuto essere condotto non già sulla base del prezzo di terminazione regolato, bensì tenendo conto del costo effettivo sostenuto dalle divisioni commerciali di Vodafone.
La censura, che si risolve in una critica alla metodologia di indagine seguita dal CTU, non appare condivisibile per le ragioni già esposte al punto n. 10.In ogni caso tale censura è smentita dal fatto,  non contestato, che per il periodo successivo al 2005 l’Agcm non aveva dato ingresso“ad un’altra istruttoria in relazioni a comportamenti discriminatori protrattasi in epoca più recente”(così pag. 17 sentenza impugnata) e non aveva mosso ulteriori rilievi nei confronti di Vodafone dopo la chiusura del procedimento.
Infine sono generiche ed infondate le doglianze dell’appellante circa la stima dei costi commerciali operata dal CTU, posto che si tratta di una stima prudenziale che, come ha congruamente osservato il Tribunale, tiene conto della peculiarità della posizione ricoperta da Vodafone sul mercato della fonia fisso-mobile.
Per tali motivi merita senz’altro conferma la pronuncia impugnata, secondo cui “per il periodo rispetto al quale l’eventuale diritto al risarcimento del danno a favore di Fastweb non è soggetto al termine di
prescrizionale, non si può rilevare alcuna condotta di Vodafone configurabile comei llecita”(così p.17
della sentenza impugnata).
Restano assorbite le argomentazioni dell’appellante, volte a dimostrare la sussistenza di un abuso di posizione dominante per il periodo anteriore al marzo 2005, perché prescritto.
In conclusione l’appello deve essere respinto con conseguente conferma della pronuncia impugnata. Il pagamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Tali spese sono liquidate, secondo i criteri di cui al D.M. 55/14, nel complessivo importo di euro 20.000,00 oltre al rimborso forfettario spese generali 15% e agli accessori fiscali e previdenziali come per legge.
La corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte dell’appellante, pari a quello dovuto per l’impugnazione a norma del comma 1 quater dell’art. 13 del DPR 115/2002, introdotto dalla legge 24.12.2012 n. 228.
P.Q.M.
Respinge l’appello proposto da Fastweb s.p.a. nei confronti di Vodafone Italia s.p.a. (già Vodafone Omnitel N.V.) avverso la sentenza n. 12043/14, resa dal Tribunale di Milano in data 14 ottobre 2014 e pubblicata il 15 ottobre 2014, che conferma;
condanna l’appellante, Fastweb s.p.a. a rifondere all’appellata, Vodafone Italia s.p.a., le spese del grado, liquidate nel complessivo importo di euro 20.000,00 oltre al rimborso forfettario spese generali 15% e agli accessori fiscali e previdenziali come per legge.
dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte dell’appellante, pari a quello dovuto per l’impugnazione a norma del comma 1 quater dell’art. 13 del DPR 115/2002, introdotto dalla legge 24.12.2012 n. 228.
Così deciso in Milano, in camera di consiglio, il 14 dicembre 2016


Il consigliere rel.  - Cesira D’Anella
Il Presidente   - Amedeo  Santosuosso
 
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
SEZIONE I CIVILE

Composta dai seguenti magistrati:

Amedeo Santosuosso  - Presidente
Raimondo Mesiano   - Consigliere
Cesira D’Anella   - Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA


nella causa civile iscritta al n. r.g. 1507/2015 promossa da:
FASTWEB SPA(C.F. 12878470157), con il patrocinio degli avv.ti R.R., T.L. e S.D. elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in VIA MONTE NAPOLEONE, 20 20121 MILANO giusta procura speciale alle liti rilasciata in calce all’atto di citazione in appello

 
APPELLANTE
 
contro

VODAFONE OMNITEL N.V. SPA(C.F. 08539010010), ora Vodafone Italia s.p.a. con il  patrocinio degli avv.ti B.C.A., L.M. e D.B.C. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in via G. Casati n. 1, Milano giusta procura speciale alle liti rilasciata a margine della comparsa di costituzione in appello
APPELLATA


Causa avente ad oggetto: impugnazione della sentenza n.12043/14 resa dal Tribunale di Milano in data 14 ottobre 2014 e pubblicata il 15 ottobre 2014


conclusioni delle parti:

per Fastweb S.p.A.
Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, in riforma della sentenza gravata
accogliere uno o più dei motivi d’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata:
    i) rigettare l’eccezione di prescrizione di Vodafone e per l’effetto dichiarare che la domanda di Fastweb non è prescritta,
    ii) annullare la Consulenza Tecnica di Ufficio per violazione dei principi che regolano l’imparzialità del Consulente e il contraddittorio processuale e rinnovare laCTU;
    iii) disporre i mezzi di prova ritualmente invocati da Fastweb e non ammessi in primo grado;
    iv) accertare e dichiarare che le condotte tutte ampiamente illustrate negli atti del giudizio, poste in essere da Vodafone Omnitel N.V., costituiscono abuso di posizione dominante in violazione
dell’art 102 del Trattato TFUE e/o condotte illecite ed anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 cod. civ.;
    v) per l’effetto inibire a Vodafone Omnitel N.V. la continuazione e/o ripetizione delle condotte abusive e/o comunque illegittime descritte negli atti del giudizio atto, ove ancora in essere alla data della pronuncia;
    vi) in ogni caso condannare Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, a qualsiasi titolo subiti dall’attrice
nella misura accertata in giudizio;
    vii) fissare una somma dovuta dalla convenuta per ogni ulteriore abuso successivamente posto in essere dalla convenuta ovvero constatato dall’attrice, o per ogni violazione e/o ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti inibitori che il Giudice adito vorrà adottare;
    viii) disporre la pubblicazione del dispositivo dell’emananda sentenza sui quotidiani “IlSole24Ore”,“Il Corriere  della  Sera” e “La Repubblica” con caratteri doppi, a cura dell’attrice ed a spese della convenuta.
Si ripropongono sin d’ora ai sensi dell’art. 346 c.p.c. tutte le domande, questioni ed eccezioni dedotte in primo grado, da intendersi qui per integralmente richiamate e trascritte.
In ogni caso con vittoria delle spese legali del doppio grado di giudizio da liqidarsi secondo i
parametri previsti dal D.M. n. 55 del 10.03.2014 ovvero quelli comunque vigenti.


Per Vodafone Italia S.p.a.

Piaccia all'Ecc.ma Corte di Appello di Milano, contrariis reiectis:
In via principale
    (a) respingere il gravame di Fastweb perché infondato in fatto e diritto e per l'effetto confermare la Sentenza, rigettando tutte le domande proposte dall'appellante, perché infondate;
Nella denegata ipotesi di riforma della sentenza
    (b) respingere le domande proposte da Fastweb, per le ragioni già dedotte nel giudizio di primo grado e riproposte nel giudizio di appello, non sussistendo né il denunciato illecito né il danno;
In via istruttoria
    (c) respingere le istanze istruttorie formulate da Fastweb;
In ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio. Anche ai sensi dell'art.346c.p.c.siripropongonotutteledomande,eccezioni,questioni e difese dedotte in primo grado, da intendere qui integralmente richiamate e trascritte, con l'esclusione della domanda riconvenzionale condizionata, qui non riproposta.

Svolgimento del processo

    1. Con atto di citazione notificato in data 29 dicembre 2010 Fastweb s.p.a. citava in giudizio Vodafone Omnitel N.V. deducendo che la convenuta aveva abusato della posizione dominante, detenuta nel mercato all’ingrosso (wholesale) delle terminazioni delle chiamate originate da rete telefonica fissa e destinate a utenti di telefonia mobileVodafone.
Gli abusi contestati erano rappresentati dalle seguenti condotte:
        a) imposizione a Fastweb di condizioni contrattuali inique e discriminatorie per l’acquisto del servizio di terminazione fisso-mobile;
        b) applicazione da parte di Vodafone alle proprie divisioni commerciali e ai propri clienti finali di prezzi per i servizi di terminazione delle chiamate originate da rete fissa e dirette verso utenze di rete mobile assai inferiori rispetto a quelli applicati all’ingrosso a Fastweb per i medesimi servizi.
Secondolaprospettazionedell’attricelecondotteabusiveposteinesseredaVodafoneavevano
determinato le seguenti conseguente:
    • Fastweb era stata costretta a sostenere costi eccessivi e discriminatori rispetto a quelli praticati da Vodafone alle proprie divisioni commerciali per l’acquisto del servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile della medesima Vodafone;
    • all’attrice era stato impedito di formulare offerte al dettaglio più vantaggiose, che avrebbero accresciuto la competitività dell’offerta di Fastweb e consentito a quest’ultima di conquistare ulteriori quote di mercato;
    • Fastweb era stata costretta a sopportare una perdita per tentare di replicare le offerte illecite formulate dalla convenuta alla clientela finale.
    2. Vodafone si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, la prescrizione dell’azione per i fatti occorsi prima del 29 dicembre 2005 e nel merito l’infondatezza delle avverse domande; formulava poi domanda riconvenzionale chiedendo accertarsi che le condotte poste in essere da Fastweb, descritte in narrativa, costituivano a loro volta abuso di posizione dominante.
    3. Con la pronuncia impugnata il Tribunale di Milano così statuiva:
    • “respinge la domanda di annullamento della consulenza tecnica d’ufficio, proposta da Fastweb s.p.a.;
    • rigetta le domande di risarcimento dei danni proposte dall’attrice Fastweb s.p.a. nei confronti di Vodafone Omnitel NV;
    • rigetta tutte le ulteriori domande proposte dalla medesima attrice;
    • dichiara inammissibile la domanda proposta in via riconvenzionale da Vodafone Omnitel N.V.;
    • compensa integralmente tra le parti le spese di lite e pone a carico solidale di entrambe le parti le spese per l’esperimento della CTU nella misura già liquidata in corso di causa”.
Il Tribunale in particolare accertava l’intervenuta prescrizione della domanda di risarcimento del danno proposta da Fastweb, con riferimento ai fatti commessi in data anteriore al 29 dicembre 2005; con riferimento al periodo successivo respingeva nel merito la domanda, ritenendo l’insussistenza di comportamenti illeciti imputabile a Vodafone.
    4. Fastweb s.p.a. proponeva appello avverso la predetta sentenza chiedendo l’accoglimento delle domande e delle eccezioni, disattese dal giudice di prime cure.
    5. Vodafone Omnitel N.V. si costituiva in giudizio contestando l’avverso gravame e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

    6. All’udienzadel20settembre2016lepartiprecisavanoleconclusioni, in epigrafe specificate e alla
scadenza dei termini per gli scritti conclusionali la Corte perveniva alla seguente decisione. La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 14 dicembre 2016.

Motivi della decisione
    7. Sulla prescrizione dell’azione risarcitoria per i fatti commessi in data anteriore al 29 dicembre 2005Con la pronuncia impugnata il Tribunale ha accolto l’eccezione di prescrizione svolta da Vodafone osservando che l’illecito anticoncorrenziale ha natura di responsabilità extracontrattuale, alla quale si applica il termine di prescrizione di cinque anni, decorrente dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, come prevede l’art. 2935 c.c. Tale norma deve essere interpretata alla luce dell’insegnamento della Suprema Corte (Cass. sentenza n. 2305/07) secondo cui “il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell’illecito”.Ciò premesso, il giudice di prime cure ha osservato che nel caso di specie il dies a quo dal quale far decorrere il termine di prescrizione dell’azione deve collocarsi alla data di apertura dell’indagine da parte dell’Agcm (23.2.2005) in quanto da tale momento l’abuso di posizione dominante imputato a Vodafone era divenuto “oggettivamente percepibile e riconoscibile per un operatore economico che necessariamente, usando l’ordinaria diligenza, deve conoscere gli eventi del mercato in cui opera”.
Ha poi aggiunto che in alternativa si potrebbe ritenere che Fastweb sia venuta a conoscenza della condotta oggetto di indagine e della sua dannosità in prossimità del proprio intervento nel procedimento avviato dall’Agcm, avvenuto il 13 aprile2005.
In ogni caso alla data di proposizione dell’azione (29 dicembre 2010) il termine di prescrizione quinquennale era già maturato.
L’appellante censura la sentenza per aver ritenuto che il termine di prescrizione decorra dall’avvio del procedimento antitrust, anziché dalla pubblicazione della decisione finale della Agcm e deduce, in senso contrario,che:
    • il giudice di prime cure, nel momento in cui ha affermato, con motivazione alternativa, che un’ulteriore data di possibile decorrenza della prescrizione potrebbe essere rappresentata dall’intervento di Fastweb nel procedimento amministrativo (13.4.2005) ha esaminato una circostanza che non era mai stato menzionata da Vodafone come fatto rilevante ai fini della decorrenza della prescrizione e sulla quale non aveva sviluppato il contraddittorio tra leparti;
    • l’art. 10 della direttiva sui danni antitrust (direttiva 2014/104/UE del 26 novembre 2014) stabilisce che:“il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e che l’attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza: a) della condotta  del fatto che tale condotta costituisce una violazione del diritto della concorrenza; b) del fatto che la violazione del diritto
della concorrenza gli ha causato un danno”; inoltre, afferma che: “gli stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione sia sospeso o, a seconda del diritto nazionale, interrotto se un’autorità garante della concorrenza interviene a fini di indagine o di istruttoria avviata in relazione alla violazione del diritto della concorrenza cui si riferisce l’azione per il risarcimento del danno”:tale principio, pur non essendo stato ancora trasfuso in norma nazionale, costituisce principio pacifico nella giurisprudenza italiana, orientata a far coincidere il dies a quo nelle azioni follow on con la pubblicazione della decisione finale dell’Agcm.
La Corte ritiene che le censure siano infondate per i seguenti motivi.
Il giudice di prime cure ha accertato la prescrizione dell'azione risarcitoria proposta da Fastweb per il periodo anteriore al 29 dicembre 2005, individuando il dies a quo dal quale far decorrere il termine quinquennale di prescrizione al più tardi al momento di avvio del procedimento dell’AGCM n. A357 (23 febbraio 2005).
Il secondo argomento (relativo alla data dell’intervento di Fastweb nel procedimento) è stato richiamato solo al fine di avvalorare le conclusioni già raggiunte, sicché non è ravvisabile nel caso di specie alcuna violazione del contraddittorio.
La conclusione cui è pervenuto il giudice di prime cure è conforme all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità che, con la pronuncia n. 2305/07 ha precisato che “il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell'illecito”.

Nel caso di specie, come ha affermato il Tribunale con pronuncia non adeguatamente censurata dall’appellante, un soggetto come Fastweb, che“operi nel medesimo mercato del preteso danneggiante, cui viene imputato un abuso di dominanza sul mercato[…]non può essere ritenuto estraneo alle dinamiche del mercato e ignaro dell'esistenza del comportamento che mira ad escluderlo o a ridurre i suoi margini di guadagno”.
Va poi considerato, come ha puntualmente osservato il Tribunale, che Fastweb aveva una relazione commerciale diretta con Vodafone, sicché l’attrice era in grado di percepire la dannosità dei comportamenti anticoncorrenziali di Vodafone prima dell’avvio del procedimento A357.
La Corte ritiene infine che non sia applicabile nel caso di specie il principio posto dall’art. 10 della Direttiva 2014/14/UE, in quanto gli articoli 21 e 22 della Direttiva sanciscono espressamente che le disposizioni in essa contenute non si applicano con effetto retroattivo.Pertanto tali disposizioni non
possonotrovareapplicazioneneicasiincuiilgiudicenazionalesiastatoaditoprimadel26dicembre
2014 (il giudizio oggetto di causa è stato proposto con atto notificato il 29 dicembre 2010).
Va infine considerato che la pronuncia relativa alla prescrizione ha valore “meramente accertativo e dichiarativo di uno status di per sé esistente” (così sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2179/2016) sicché, anche in assenza delle specifiche disposizioni di cui agli artt. 21 e 22 cit., la nuova disciplina prefigurata dalla Direttiva non avrebbe potuto essere applicata al caso in esame, in quanto la sentenza impugnata ha accertato una condizione già verificatasi, ovverosia la prescrizione dell’azione risarcitoria.
    8. Sulla prescrizione decennale
Fastweb sostiene, alternativamente, che il comportamento di Vodafone rappresenti non solo una violazione del diritto antitrust, ma anche una violazione contrattuale e ritiene che l’azione sia soggetta al termine di prescrizione decennale.
Il motivo non può essere accolto, in quanto nel giudizio di primo grado l’attrice ha espressamente proposto un’azione di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale: si legge infatti nella sentenza gravata che “le parti sono peraltro concordi nel ritenere che il danno sia derivante da illecito extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e che pertanto il diritto al risarcimento ad esso connesso si prescrive in 5 anni”.
Pertanto la nuova prospettazione difensiva dell’appellante si traduce in un’inammissibile mutatio libelli,puntualmente eccepita dall’appellata.
    9. Sulla nullità della CTU per parzialità del consulente tecnico d’ufficio
Nella sentenza appellata il giudice di prime cure ha respinto l’eccezione di Fastweb, diretta a sostenere la parzialità del consulente d’ufficio affermando che:
“Fastweb, già nel corso dell’udienza del 13 febbraio 2013, aveva proposto istanza di sostituzione del CTU in considerazione della posizione che il medesimo avrebbe rivestito presso lo studio Nera, che annovererebbe Vodafone fra i propri clienti. La problematica è stata dunque affrontata nel corso della successiva udienza (vedi verbale del 10 aprile 2013) in presenza del Prof. Scarpa, il quale ha precisato di essere consulente esterno dello Studio Nera dal 1° luglio 2013 ma di non aver ravvisato alcun elemento di conflitto rispetto all’incarico, considerato che lo Studio Nera non aveva alcun rapporto in corso con le parti né vi erano rapporti pregressi, per gli ultimi 5 anni, eccetto una consulenza svolta a favore di Vodafone Spagna da parte della sede di Madrid di Nera per una questione del tutto diversa da quella oggetto di causa, che si era peraltro esaurita fin dal luglio 2011 ed aveva coinvolto un consulente della sede spagnola che aveva poi interrotto la propria collaborazione con lo studio. Questo giudice ritenne allora che il CTU avesse fornito i chiarimenti necessari e sufficienti ad
escludere la sussistenza di una qualsiasi ragione di impedimento o opportunità di astensione o
sostituzione dello stesso. Ritiene ora che tale valutazione sia da confermare. La riproposizione delle eccezioni di parte attrice in merito alla supposta non parzialità del nominato CTU Prof. Scarpa non induce in alcun modo a discostarsi dalle conclusioni già assunte, non ravvisandosi ragione alcuna per contestare l’imparzialità del medesimo consulente” (così pagg. 12/13 della sentenza).
L’appellante ha censurato la pronuncia ribadendo che dal sito Internet di Nera risultava che la società ha tra i suoi clienti “Vodafone (Europe and Australia)”, sicché doveva ritenersi pacifico che una delle parti in causa era divenuta cliente dello studio di consulenza del CTU proprio nel corso del giudizio.
L’eccezione è infondata.
Infatti, come ha osservato il giudice di prime cure, il CTU non ha operato in  una situazione di  conflitto di interessi, in quanto durante l’espletamento dell’incarico peritale lo Studio Nera non aveva intrattenuto rapporti con le parti in causa, fatta eccezione per una consulenza in favore di Vodafone Spagna, già esauritasi fin dal luglio 2011.
Il consulente tecnico d’ufficio ha dimostrato la propria imparzialità anche durante l’espletamento dell’incarico, in quanto il prof. Scarpa “ha proceduto con indagini dettagliate, nel pieno ed articolato contraddittorio delle parti, peraltro protrattosi per tempi lunghi, stante la complessità delle indagini nel loro insieme” (così pag. 13 della sentenza) e ha offerto al giudicante “i risultati di un’analisi attenta e dettagliata, con un percorso motivazionale completo, supportato da argomenti logici e coordinati fra loro in modo coerente, così da consentire una completa cognizione e un pieno approfondimento dei singoli passaggi e delle conclusioni che ne sono state tratte” (così ancora pag. 13 dellaSentenza).

    10. Sulla nullità della CTU per violazione del contraddittorio
L’appellante lamenta la violazione del contraddittorio per il fatto che i consulenti di parte attrice“non hanno avuto accesso a documenti ed informazioni rilevanti sia per la quantificazione del danno patito da FW, sia in quanto utilizzati dal CTU ai fini della formazione del proprio convincimento e l'elaborazione della Relazione Finale” (così pag. 19 attod’appello).
In particolare, la violazione del principio del contraddittorio avrebbe interessato:
    a) le offerte di Vodafone alla clientela finale;
    b) i documenti acquisiti al fascicolo istruttorio del procedimento AGCM A357 indicati nellaCRI;
    c) le informazioni estratte dai sistemi di Vodafone e messe da quest’ultima a disposizione solo del CTU dai quali in tesi “si evince incontestabilmente che tali ricavi sono abbondantemente idonei a coprire l’intero costo dei servizi di terminazione che tali divisioni commerciali dovrebbero affrontare (ivi compreso il costo virtuale della terminazione sulla stessa rete VO)(così pag. 19 atto d’appello).



Osserva poi  l’appellante che tali  violazioni  del contraddittorio(eccepite in primo grado, non
esaminate dal giudice di prime cure) avrebbero assunto rilevanza significativa per l’esito della  vertenza, in quanto le conclusioni tratte dal CTU sulla scorta di queste informazioni (ignote a Fastweb) avrebbero indotto il Tribunale a ritenere l’insussistenza dell’abuso contestato non solo in assoluto, ma anche per gli anni dal 2006 in poi, non compresi nel periodo di asserita prescrizione del diritto.
Tutto ciò premesso, la Corte osserva quanto segue.
        a) Sulle doglianze relative alle offerte di Vodafone ai clienti finali
Fastweb lamenta che Vodafone avrebbe negato l’accesso ai contratti relativi alle condizioni economiche praticate ai clienti finali, ovvero ai piani tariffari che il CTU aveva dichiarato di aver “guardato” per rispondere al quesito posto dal giudice.
L’eccezione è infondata.
Nel corso del giudizio di primo grado il giudice non aveva accolto l'istanza, formulata da Fastweb ai sensi dell’art. 210 c.p.c., di esibizione dei contratti in questione, ma aveva invitato Vodafone a mettere a disposizione del CTU la documentazione richiesta, affinché ne fosse valutata la pertinenza e rilevanza. Vodafone aveva provveduto a trasmettere al CTU la versione integrale dei contratti per la fornitura dei servizi di fonia relativa agli anni 2004-2006 ai nove clienti aziendali indicati da Fastweb, omettendo unicamente le informazioni relative all'offerta di servizi di telefonia mobile. Poiché le parti omesse erano relative a informazioni riservate e irrilevanti ai fini dell’analisi (che riguardava il  servizio di telefonia fissa aziendale) non può ritenersi che vi sia stata la lamentata violazione del contraddittorio.
Quanto alle offerte commerciali di Vodafone successive al 2006, occorre considerare che,come ha puntualmente osservato il giudice di prime cure, con motivazione non adeguatamente censurata dall’appellante, il comportamento illecito posto alla base dell’azione di Fastweb non era stato rilevato dall’AGCM per l’anno 2006 e che la stessa Autorità non aveva mosso a Vodafone contestazioni ulteriori dopo la chiusura del procedimento, sicché non si evidenzia la rilevanza, ai fini del giudizio, della documentazione richiesta dall’appellante.
        b) Sulle doglianze relative ai documenti acquisiti al fascicolo istruttorio del procedimento AGCM A357 indicati nellaCRI
L’appellante censura la scelta del Tribunale di adottare la tariffa wholesale di terminazione quale in put nel metodo di calcolo della replicabilità delle offerte praticate da Vodafone alla clientela finale per servizi F-M.
Sostiene in particolare che la decisione del Tribunale di utilizzare la tariffa regolata per la verifica della liceità delle offerte F-M di Vodafone non è neppure giustificabile alla luce della non dimostrata
circostanza per cui “nel caso di specie non risulte[rerebbe] alcun elemento sufficiente a concludere che
VO abbia ‘imputato’ alle proprie divisioni commerciali un prezzo inferiore a quello regolato”;infatti“non c’è in atti alcuna prova sottoposta al contraddittorio processuale che ciò sia avvenuto. Al contrario nella CRI e nel successivo provvedimento A357 si legge che i comportamenti degli operatori mobili, “sono consistiti nell’applicazione di condizioni economiche per la terminazione F-M … più favorevoli alle proprie divisioni commerciali rispetto ai corrispondenti prezzi di terminazione … praticati ai propri concorrenti”.(così pag. 24 attod’appello).
La Corte ritiene le censure infondate per i seguenti motivi.
Il consulente tecnico d’ufficio ha precisato, con argomentazioni non oggetto di adeguata critica da parte dell’appellante, che la definizione di “margin squeeze” deve avere come punto di riferimento la differenza tra il prezzo a monte e il prezzo a valle praticato dall’impresa dominante; pertanto, come ha condivisibilmente osservato parte appellata, “il test del margin squeeze … richiede unicamente di stabilire se le divisioni commerciali dell'operatore dominante sarebbero state in grado di conseguire un profitto (inteso come margine positivo) dalle offerte retail praticate nel mercato a valle ove avessero in ipotesi dovuto pagare per la terminazione (la terminazione fisso-mobile) lo stesso prezzo applicato da Vodafone ai concorrenti”(così pag. 31 comparsa di costituzione e risposta) ovvero il prezzo regolamentato da Agcm.
Il consulente tecnico d’ufficio ha calcolato il danno da margin squeeze, seguendo proprio questo criterio, che fa riferimento al prezzo regolamentato della terminazione F-M, in quanto è questo il prezzo che Vodafone ha fatto pagare agli operatori concorrenti.
Per tali motivi non può essere accolta l’istanza di Fastweb di esibizione della contabilità di Vodafone, trattandosi di documenti irrilevanti per lo svolgimento del test del margin squeeze.

Per quanto riguarda la documentazione relativa al fascicolo istruttorio A357, in riferimento alla quale Fastweb lamenta la violazione del contraddittorio, occorre considerare che tali documenti sono stati visionati dal CTU in contraddittorio con i CTP in occasione della riunione peritale del 23 aprile 2012 e della successiva riunione del 14 maggio 2012 (fatta eccezione soltanto per alcuni documenti, ritenuti da Vodafone particolarmente riservati). Ciò posto, non può ritenersi che vi sia stata un’effettiva lesione del diritto di difesa, in quanto l’accesso alla documentazione è  avvenuto  bilanciando contemporaneamente le esigenze di riservatezza e il diritto al contraddittorio.
        c) Sulle informazioni estratte dai sistemi diVodafone
Le doglianze dell’appellante, secondo cui Vodafone le avrebbe negato di prendere visione del contenuto di un cd-rom acquisito al fascicolo istruttorio A357 ed in particolare dei fogli elettronici



denominati" Profit&Loss",sono infondate,in quanto il CTU ha chiarito che tali documenti erano
irrilevanti ai fini degli accertamenti peritali (così pag. 11 prima relazione CTU).
    11. Sul merito della domanda risarcitoria non esaminato dalTribunale
Il giudice di prime cure ha escluso l'esistenza di condotte abusive di Vodafone nel periodo successivo al 2005, osservando che l’analisi condotta dal CTU aveva permesso di accertare che“fino al 2004/2005 i prezzi praticati da Vodafone sono al di sotto dei costi, qualunque sia l’ipotesi che si vuole considerare circa i costi commerciali e qualunque sia il parametro di prezzo (sconto) che si ritiene corretto utilizzare per valutare la politica di prezzo di Vodafone; mentre i prezzi di Vodafone sono da ritenersi certamente leciti dal 2006/2007 in poi, qualunque sia il criterio adottato tra tutti quelli considerati in corso di causa”.Ilc.t.u. aveva inoltre osservato che “a seconda del valore percentile attribuito ai costi commerciali con riferimento ai costi di rete, l’ambito temporale del danno subito da Fastweb arriva fino al mese di marzo 2005, ove i costi commerciali siano quantificati in un valore pari al 5%, o al mese di marzo 2006, ove invece detti costi siano considerati al valore del20%.”.
Il giudice di prime cure, condividendo le argomentazioni già svolte dal CTU, ha ritenuto opportuno, anche “in considerazione della peculiarità della posizione ricoperta da Vodafone sul mercato della fonia fisso-mobile”quantificare i costi commerciali di Vodafone in un valore pari al 5% dei costidirete e ha conseguentemente escluso la presenza di comportamenti discriminatori in data successiva al mese di marzo 2005.
Fastweb ha censurato la sentenza sostenendo che il test del margin squeeze avrebbe dovuto essere condotto non già sulla base del prezzo di terminazione regolato, bensì tenendo conto del costo effettivo sostenuto dalle divisioni commerciali di Vodafone.
La censura, che si risolve in una critica alla metodologia di indagine seguita dal CTU, non appare condivisibile per le ragioni già esposte al punto n. 10.In ogni caso tale censura è smentita dal fatto,  non contestato, che per il periodo successivo al 2005 l’Agcm non aveva dato ingresso“ad un’altra istruttoria in relazioni a comportamenti discriminatori protrattasi in epoca più recente”(così pag. 17 sentenza impugnata) e non aveva mosso ulteriori rilievi nei confronti di Vodafone dopo la chiusura del procedimento.
Infine sono generiche ed infondate le doglianze dell’appellante circa la stima dei costi commerciali operata dal CTU, posto che si tratta di una stima prudenziale che, come ha congruamente osservato il Tribunale, tiene conto della peculiarità della posizione ricoperta da Vodafone sul mercato della fonia fisso-mobile.
Per tali motivi merita senz’altro conferma la pronuncia impugnata, secondo cui “per il periodo rispetto al quale l’eventuale diritto al risarcimento del danno a favore di Fastweb non è soggetto al termine di
prescrizionale, non si può rilevare alcuna condotta di Vodafone configurabile comei llecita”(così p.17
della sentenza impugnata).
Restano assorbite le argomentazioni dell’appellante, volte a dimostrare la sussistenza di un abuso di posizione dominante per il periodo anteriore al marzo 2005, perché prescritto.
In conclusione l’appello deve essere respinto con conseguente conferma della pronuncia impugnata. Il pagamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Tali spese sono liquidate, secondo i criteri di cui al D.M. 55/14, nel complessivo importo di euro 20.000,00 oltre al rimborso forfettario spese generali 15% e agli accessori fiscali e previdenziali come per legge.
La corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte dell’appellante, pari a quello dovuto per l’impugnazione a norma del comma 1 quater dell’art. 13 del DPR 115/2002, introdotto dalla legge 24.12.2012 n. 228.
P.Q.M.
Respinge l’appello proposto da Fastweb s.p.a. nei confronti di Vodafone Italia s.p.a. (già Vodafone Omnitel N.V.) avverso la sentenza n. 12043/14, resa dal Tribunale di Milano in data 14 ottobre 2014 e pubblicata il 15 ottobre 2014, che conferma;
condanna l’appellante, Fastweb s.p.a. a rifondere all’appellata, Vodafone Italia s.p.a., le spese del grado, liquidate nel complessivo importo di euro 20.000,00 oltre al rimborso forfettario spese generali 15% e agli accessori fiscali e previdenziali come per legge.
dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte dell’appellante, pari a quello dovuto per l’impugnazione a norma del comma 1 quater dell’art. 13 del DPR 115/2002, introdotto dalla legge 24.12.2012 n. 228.
Così deciso in Milano, in camera di consiglio, il 14 dicembre 2016


Il consigliere rel.  - Cesira D’Anella
Il Presidente   - Amedeo  Santosuosso