CORTE DI APPELLO DI MILANO
Case n. 5039/2018 of 20/11/2018

Case n. 5039/2018 of 20/11/2018
RG n. 3739/2016

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IMPRESA
 

nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. Domenico Bonaretti  - Presidente
dr. Vinicia Serena Calendino  - Consigliere rel.
dr. MariaIoleFontanella Consigliere

ha pronunciato laseguente

 

 



SENTENZA

 

nella causa iscritta al n. r.g.3739/2016promossa in grado d’appello



DA

 

F.B., elettivamente
domiciliato in VIA OLMETTO, 3 20123 MILANO presso lo studio dell’avv. PATTARINI STEFANIA, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. RIBECHI VANNI MARCO (RBCVNM71A02F205K) VIA OLMETTO, 3 20123 MILANO; MAINETTI FRANCESCO (MNTFNC69L01H501Q) PIAZZA MAZZINI, 27 00195 ROMA;
 

APPELLANTE
 


CONTRO

 

BANCO POPOLARE SOCIETA’ COOPERATIVA(C.F. 03700430238),
elettivamente domiciliato in VIA GUASTALLA, 15 20122 MILANO presso lo studio dell’avv. BATTAGLIA MARIO, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. DANOVI REMO (DNVRME39B06F205T) VIA GUASTALLA, 15 20122 MILANO,



APPELLATA

 


HOIST ITALIA S.r.l.,mandataria di Securitisation Services spa, a sua volta mandataria di MARTE SPV S.r.l., con l’avvocato Andrea Fioretti, Milano, via Larga19,

 



INTERVENUTA


avente ad oggetto: antitrust sulle seguenti conclusioni:

PER F.B.
Piaccia all’Ill.ma Corte, disattesa ogni contraria istanza, in accoglimento del gravame proposto dall’esponente, riformare la sentenza impugnata e, per l’effetto:
nel merito,
    a) in via principale, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado, accertare e dichiarare il decreto ingiuntivo opposto n°37233 emesso dal Tribunale di Milano in data 11 ottobre 2013 con clausola di provvisoria esecuzione, notificato il 14 novembre 2013, nullo e di nessun effetto, attesa l’illegittimità del provvedimento stesso, e, comunque, l’infondatezza delle domande spiegate dalla Banco Popolare (oggi Banco BPM s.p.a.), fatte propriedall’intervenuta;

    b) in via subordinata, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado, accertare e dichiarare la nullità della fideiussione rilasciata il 27 febbraio 2008,e comunque per tutte le motivazioni, concorrenti e subordinate, esposte nella narrativa dell’atto di appello, rigettare la domanda di pagamento proposta dalla BANCO POPOLARE (oggi Banco BPM s.p.a.), fatta propria dall’intervenuta, nei confronti del signor F.B.;

    c) in via ulteriormente subordinata, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado dichiarare la Banca opposta (oggi Banco BPM s.p.a., cui è succeduta l’intervenuta), decaduta a norma dell’art. 1957 c.c. dai diritti derivanti dalla fideiussione rilasciata il 27 febbraio 2008, e rigettare la domanda di pagamento proposta dalla BANCO POPOLARE (oggi Banco BPMs.p.a.),fatta propria dall’intervenuta, nei confronti del signor F.B. per i motivi innanzi esposti, con ogni provvedimento consequenziale;

    d) nel merito in via ulteriormente subordinata, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado, accertare e dichiarare che la Banca opposta (oggi Banco BPM s.p.a.) e l’intervenuta non possono richiedere all’opponente la quota di accrescimento del debito addebitabile alla Jec per i motivi indicati nell’atto di appello, con ogni provvedimento consequenziale. In ogni caso con vittoria di spese e compensi, oltre rimborso forfettario ed ulteriori accessori di legge, per entrambi i gradi del giudizio.

L’esponente presta assenso all’estromissione dal processo dell’originaria parte appellata ex art. 111, comma 3,c.p.c.
Roma- Milano, lì 3 luglio 2018

Per  BANCO  POPOLARE  SOCIETA’  COOPERATIVA
CONCLUSIONI PER L’APPELLATA BANCO BPM S.p.a. (già BANCO POPOLARE Soc. Coop.)
Voglia la Corte d’Appello Ecc.ma,
ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le più opportune declaratorie,
    • dato atto del subentro della società MARTESPVS.r.l. al BANCO BPM
S.p.a. nella titolarità del credito in forza di cessione pro soluto ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della Legge n. 130 del 30 aprile 1999 (“Legge 130/1999”) e dell’articolo 58 del Decreto Legislativo n. 385 del 1° settembre 1993 (il “Testo Unico Bancario”), comunicata al sig. BARTOLOMEI in data 20/1/2017, e previa estromissione del BANCOBPM
S.p.a. dal presente giudizio,
    • previa occorrendo, e sussistendone i presupposti, declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bisc.p.c.,
    • dichiarare inammissibile, improponibile e improcedibile e comunque rigettare l’appello proposto da F.B., e così ogni domanda e istanza dal medesimo proposta in quanto inammissibile, illegittima e infondata per le ragioni precisate in atti, pronunciando ogni connessa e conseguente declaratoria e statuizione;

    • per l’effetto, e comunque, confermare integralmente la sentenza di primo grado impugnata.
Con il favore delle spese e compensi anche del presente grado d’appello. Fatto salvo ogni altro diritto.

PER HOIST Italia srl, nella sua qualità,
CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sez. Specializzata in materia di impresa – R.G. n. 3739/2016
G.R. Dott.ssa Vinicia Serena Calendino – ud. 03.04.2018
Conclusioni definitive
Per laHOIST ITALIA S.r.l.,nell’interesse diMARTE SPV S.r.l.,con l’avvocato Andrea Fioretti,
    • cessionaria intervenuta-
Nel giudizio d’appello promosso da
Il signor F.B., con gli avvocati Stefania Pattarini, Vanni Marco Ribechi e Francesco Mainetti,
– appellante –
Contro
il BANCO POPOLARE Soc. Coop., ora Banco BPM S.p.A.
    • appellato -
***
L’avvocato Andrea Fioretti così precisa per Hoist Italia S.r.l., quale mandataria di Marte SPV S.r.l., le conclusioni definitive nell’intestata causa, dichiarando di non accettare il contraddittorio su domande, istanze ed eccezioni nuove o modificate:
“Voglia la Corte d’Appello Ecc.ma,
ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le più opportune declaratorie,
    • previa occorrendo, e sussistendone i presupposti, declaratoria diinammissibilità dell’appello ex art. 348 bisc.p.c.,

    • dichiarare inammissibile, improponibile e improcedibile e comunque rigettare l’appello proposto da F.B., e così ogni domanda e istanza dal medesimo proposta in quanto inammissibile, illegittima e infondata per le ragioni precisate in narrativa, pronunciando ogni connessa e conseguente declaratoria estatuizione;
    • per l’effetto, e comunque, confermare integralmente la sentenza di primo grado impugnata.
Con il favore delle spese e compensi anche del presente grado d’appello>.

MOTIVI DELLA DECISIONE.
Per comodità espositiva, si premette quanto segue.

-Il 27.2.2008 F.B. si è costituito fideiussore omnibus della debitrice principale G. Agency Roma srl, poi fallita, in favore del Banco Popolare, ora Banco BPM (d’ora in avanti, o ).
-La banca ha chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di Bartolomei.
-Bartolomei si è opposto deducendo, in primo luogo, la nullità dell’intera fideiussione per contrarietà all’art. 2 l. 287/1990, poiché le clausole 2, 6, 8 riproducevano le condizioni contrattuali di uno schema ABI già ritenuto dalla Banca d’Italia -su parere dell’AGCM- in contrasto con l’art. 2 l. 287/1990 nel maggio 2005.
Ha svolto, altresì, altre domande in via subordinata.

-La Banca ha chiesto la reiezione dell’opposizione.

Con la sentenza n. 7796/2016 il Tribunale di Milano -sez. specializzata impresa- ha rigettato l’opposizione proposta da Bartolomei, ritenendo che questi, sul quale gravava il relativo onere probatorio, non aveva provato che la fideiussione oggetto di causa fosse applicazione di un’intesa concorrenziale fra banche effettivamente esistente e rilevante, per estensione e pervasività sul piano antitrust, ai sensi dell’art. 2 l.287/1990.
--
Avverso tale sentenza Bartolomei ha proposto appello, esponendo i motivi che seguono.


1)
(Nullità della fideiussione per contrarietà all’art. 2 l. 287/1990)

Bartolomei deduce quanto segue.
-La fideiussione omnibus di cui è causa, da lui concessa il 28.2.2008 in favore della banca, agli artt. 2, 6 e 8 ricalcava lo schema del contratto di fideiussione omnibus precedentemente predisposto dall’ABI (alla quale la banca eraassociata);

-tale schema di contratto era stato oggetto di istruttoria da parte della Banca d’Italia a partire dal 2003 per accertare se esso poteva costituire un’intesa restrittiva della concorrenza;

-nel corso dell’istruttoria la Banca d’Italia aveva chiesto un parer eall’AGCM;

-nell’aprile 2005 l’AGCM si era espressa nel senso che il regolamento contrattuale definito dall’ABI appariva idoneo ad aggravare la posizione del fideiussore rispetto a quella del debitore principale;

-con provvedimento del maggio 2005 la Banca d’Italiaaveva affermato che le condizioni generali di contratto dell’ABI, relative alle fideiussioni, in quanto deliberazioni di una associazione di imprese, rientravano nell’ambito dell’art. 2 l. 287/1990; che le verifiche compiute avevano mostrato la sostanziale uniformità di applicazione del detto schema fra le banche associate; che,in particolare, gli articoli 2,6,8, dello schema contrattuale di fideiussione omnibus, nella misura in cui erano applicati in modo uniforme, erano in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a) della l. 297/1990.

Sul presupposto (pacifico,NDE) che le clausole 2, 6, 8, dell’allora schema ABI erano state poi inserite nella fideiussione da lui stipulata con la banca (associata all’ABI), Bartolomei ha quindi chiesto di dichiarare, ai sensi dell’art.  1419/1  cc,  la  nullità  dell’intero  contratto  di  fideiussione:    a suo giudizio, infatti,dalla rilevata nullità dell’intesa anticoncorrenziale “a monte” non poteva che derivare la nullità del contratto “a valle”.

Quanto all’onere della prova, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Milano, egli aveva già fornito, producendo il provvedimento del maggio 2005 della Banca d’Italia (ivi incluso il parere Antitrust), seri indizi sulla persistenza di un’intesa interbancaria anticoncorrenziale.

In ogni caso, ove il Tribunale non avesse ritenuto sufficienti i detti indizi, avrebbe dovuto dare avvio ai suoi poteri officiosi al fine di ovviare all’evidente asinmetria informativa fra esso Bartolomei quale consumatore e la pluralità delle banche, disponendo, ad es., una CTU.

Bartolomei ha asserito altresì che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, la sentenza del SC n. 11564/2015 era in linea proprio con quanto da lui sostenuto, e cioè del suo diritto -in presenza di una asinmetria informativa e dei seri indizi da lui forniti- ad ottenere dal giudice i provvedimenti officiosi necessari per accertare la persistenza della detta intesa anticoncorrenziale e dei suoi effetti distorsivi sul mercato, cui egli, quale semplice consumatore, non poteva accedere.

2)
(Nullità della clausola n. 6 e decadenza di BPM dalla fideiussione ex art. 1957cc)
In subordine, Bartolomei ha chiesto di dichiarare la nullità della clausola n. 6 (derogativa dei diritti del fideiussore ex art. 1957 cc) e quindi, dato che la banca non aveva coltivato diligentemente (id est, entro i 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione della debitrice principale) i suoi diritti verso la detta debitrice principale, di dichiarare decaduta BPM dalla fideiussione.

3)
(Illegittimità dell’operato accrescimento della sua quota).
In ulteriore subordine, Bartolomei ha chiesto di dichiarare l’illegittimità dell’accrescimento della quota di esso Bartolomei, accrescimento operato da BPM in misura proporzionale alla quota di altro fideiussore fallito (Jec), non essendo stata riportata la parola “solidarietà” nella lettera fideiussoria da lui rilasciata alla banca.
--
Come già anticipato, la Banca ha chiesto la reiezione dell’appello.

In corso di causa (1.2.2018) è intervenuta Hoist Italia, nell’interesse di Marte SPV srl, cui BPM aveva, nelle more, ceduto il credito verso il Bartolomei.
L’intervenuta ha chiesto la conferma dell’appellata sentenza.
--
Trattata la causa, tutte le parti hanno concordato per l’estromissione di BPM, essendo intervenuta in suo luogo Marte SPV srl (e per essa Hoist Italia), cui BPM aveva ceduto il proprio credito.
--
Le considerazioni della Corte.

Premesso che, dato l’accordo di tutte le parti, va dichiarata l’estromissione di BPM spa, essendo ad essa succeduta la cessionaria Marte SPVin espressasostituzione di BPM, in merito si osserva quanto segue.

1)
Sulla domanda principale di nullità della fideiussione per violazione dell’art. 2 l. 287/1990, il Tribunale ha così motivato:

Nel caso di specie appare agevole rilevare che parte opponente si è limitata a produrre in atti detti provvedimenti e ad argomentare sulla base del loro contenuto,senza nemmeno dedurre alcun elemento di fatto che– sia pure nei più ampi limiti individuati dalla giurisprudenza di legittimità sulla base della constatazione dell’esistenza in materia antitrust di asimmetrie informative che ostacolano il raggiungimento di una piena prova (v. in tal senso Cass. 11564/15) –possa ritenersi idoneo a dare conto sia pure in via indiziaria della sussistenza di una intesa tra soggetti operanti nel medesimo settore a fini anticoncorrenziali.

Invero gli stessi provvedimenti dedotti dall’opponente, che avevano riconosciuto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2 L. 287/90 nello schema negoziale uniforme di fideiussione predisposto dall’ABI, esplicitamente riconoscevano che le clausole oggetto nel loro complesso di contestazione risultavano in se stesse ed anche nella loro combinazione del tutto lecite in quanto relative a norme derogabili e che l’effetto anticoncorrenziale era determinato dal fatto che esse risultavano inserite in una schema negoziale predisposto dall’associazione bancaria e che dunque il loro effetto anticoncorrenziale derivava dalla possibilità della loro applicazione in maniera uniforme.

In particolare, poi, il provvedimento della Banca d’Italia che aveva recepito e dichiarato la contrarietà alla normativa antitrust di tale schema negoziale in quanto destinato ad applicazione uniforme da parte delle banche aderenti all’ABI aveva imposto a quest’ultima l’eliminazione delle clausole menzionate.
In tale contesto appare dunque evidente che il solo fatto che una banca – nel caso dispecie il BANCO POPOLARE soc. coop. che riveste il ruolo di parte opposta nella presente causa – abbia proposto alla clientela un contratto contenente dette clausole non può ritenersi di per se stesso elemento sufficiente a dare effettivo conto, sia pure in termini indiziari, della sussistenza di un’intesa rilevante nella sua estensione e pervasività sul piano antitrust.
In effetti parte opponente non ha nemmeno tentato di provare che detto schema negoziale era di fatto adottato da un numero significativo di istituti di credito – in maniera tale cioè da dare conto quantomeno del fondamento di base della suacontestazione, e cioè quello dell’uniformità di proposta al pubblico di tale schema negoziale –mentre, al contrario, le prescrizioni impartite dalla Banca d’Italia all’ABIcon il provvedimento richiamato dovrebbero costituire un presunzione del tutto contraria alle affermazioni di parte opponente.

Tali rilevanti temi probatori sono stati del tutto omessi da parte opponente e dunque lacontestazione relativa alla contrarietà alla normativa antitrust delle clausole negozialiin questione non può essere accolta né in relazione alla pretesa nullità dell’interocontratto di fideiussione che rispetto alle singole clausole, in se stesse prive di profili di nullità in quanto legittimamente derogatorie di norme codicistiche>.

Tanto riportato, questa Corte ritiene pienamente condivisibile la motivazione del Tribunale: l’onere della prova circa l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale, costituente l’indefettibile presupposto della richiesta di nullità della fideiussione ex artt. 2 l. 287/1990 e 1419/1 cc, grava sull’attore opponente Bartolomei, ma questi non ha fornito alcun serio elemento in tal senso.

Ed invero, a fronte della fideiussione da lui stipulata il 27.2.2008 (doc. 5 Banco BPM), l’appellante Bartolomei si è infatti limitato ad allegare:

        1) l’esistenza di un parere reso dall’AGCM nell’aprile 2005,con il quale la detta Autorità aveva ritenuto che il regolamento contrattuale definito dall’ABI appariva idoneo ad aggravare la posizione del fideiussore rispetto a quella del debitore principale,
        2) l’esistenza di un provvedimento del maggio 2005con il quale la Banca d’Italia aveva riconosciuto che a) che le condizioni generali di contratto dell’ABI relative alle fideiussioni, in quanto deliberazioni di una associazione di imprese, rientravano nell’ambito dell’art. 2l.287/1990;
b) le verifiche compiute avevano mostrato la sostanziale uniformità di applicazione del detto schema fra le banche associate: c) gli articoli 2, 6, 8, dello schema contrattuale ABI di fideiussione omnibus, ove applicati in modo uniforme, erano in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a) della l. 297/1990, con conseguente ordine all’ABI di emendare in tal senso lo schema fideiussorio da esso predisposto, e quindi (il Bartolomei si è limitato ad allegare, NDE)due atti entrambi risalenti a quasi tre anni prima (2005) rispetto al momento (2008) in cui egli ha stipulato la fideiussione di cui si discute.

Nessun elemento è stato indicato dal Bartolomei a sostegno della tesi che quell’intesa anticoncorrenziale, sanzionata dalla Banca d’Italia nel 2005, fosse ancora esistente nel 2008.

Nè alcun serio indizio in tal senso può essere tratto dalsolo fatto che nella -singola- fideiussione di cui è causa, predisposta dal -singolo- Banco nel 2008 siano state inserite le medesime tre clausole già sanzionate sin dal 2005, tanto più considerando che le dette clausole non erano contrari e a norme imperative, bensì legittimamente derogatorie di norme codicistiche (il denunciato profilo di nullità riposava -in tesi- solo e soltanto nell’asserita violazione dell’art. 2 l. 297/1990) .

Né vale eccepire un’errata lettura, da parte del Tribunale, della citata  sentenza della Corte di legittimità(n.11564/2015) in punto distribuzione dell’onere probatorio.
Se è pur vero che con quella sentenza(emessa in un caso “stand alone” come quello in esame, e sulla distribuzione dell’onere della prova, come nel caso in esame, sia pure riferito, in quella sentenza, al caso di abuso dominante di cui all’art. 3 della l. 287/1990)la Corte di legittimità ha evidenziato, in casi di asinmetria informativa,il dovere del giudice di valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenzache le norme processuali già prevedono (..) al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d’indagine (..) utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata,è però vero che la Corte di legittimità ha ulteriormente precisatoe sottolineato che tale dovere del giudice sussiste solo laddove l’attore abbia previamente indicatoin modo sufficientemente plausibile seri indizidimostrativi della fattispecie denunciatacome idonea ad alterare la libertàdi concorrenza.


Orbene, con riferimento al caso in specie, non si può considerare, da parte di Bartolomei, quale indicazione sufficientemente plausibile di seri indizi dell’esistenza attuale della denunciata intesa anticoncorrenziale il solo fatto che un singolo istituto di credito abbia applicato, nel 2008, alcune delle clausole (di natura derogabile) contenute in uno schema ABI che già sin dal maggio 2005 la Banca d’Italia aveva imposto all’ABI di emendare.

Tanto basta per ritenere corretta e condivisibile la lettura, da parte del Tribunale, della sentenza n. 11564/2015, che solo alla presenza di quei seri indizi (che qui non si rinvengono, NDE) ha ricondotto il dovere del giudice di valorizzare i propri poteri officiosi.

Né appare rilevante, infine, il richiamo -effettuato dall’appellante in comparsa conclusionale- a Cass.ord.n. 29810/2017 (secondo la qualel’accertamento dell’ l'illecito anticoncorrenziale a monte ..non può che travolgere il negozio concluso«avalle» in caso di violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia a cominciare dall’art. 2 della legge antitrust), poiché la detta decisione concerne il diverso caso di un contratto stipulato anteriormente al successivo accertamento-da parte dell’autorità indipendente- di una intesa illecita, già materialmente in atto da tempo; e non il caso di un contratto stipulato tre anni dopo l’accertamento di una risalente intesa anticoncorrenziale (peraltro già illo tempore oggetto di emenda da parte dell’autorità indipendente), come nel caso in esame.

In conclusione, in assenza di una indicazione -da parte dell’attore/appellante Bartolomei-sufficientemente plausibile di seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza, la domanda di nullità della fideiussione omnibus ex art. 1419/1 cc (e/o delle clausole, come già detto, di natura derogabile) non poteva essere accolta, come già ritenuto dal Tribunale.
Il relativo motivo di appello non appare quindi fondato.

--
2)
Non appare fondato neppure il motivo di appello, proposto in via subordinata dal fideiussore Bartolomei, relativo alla domanda di avvenuta decadenza, ex art. 1957 cc, della Banca appellata per non avere quest’ultima escusso nei termini previsti da tale norma la debitrice principale G. Agency.

La Corte osserva.
L’art. 6 della fideiussione oggetto di causada un latonon è affetto da nullità ex art. 2 l. 287/1990 per i motivi innanzi esposti edall’altroesso prevede che laBanca non è tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore o qualsiasi altroobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 cc, che si intendederogato: e tale deroga è da ritenere del tutto legittima, non ricoprendo l’art. 1957 cc valenza di norma imperativa.

La natura derogabile della norma in questione e, quindi, la legittimità della clausola di cui si discute consente dunque di escludere in radice la denunciata decadenza.
--

3)
Non appare fondato, infine, neppure l’ultimo motivo d’appello, proposto in via ulteriormente subordinata, con il quale è stata denunciata l’illegittimità del disposto accrescimento della quota di pertinenza del fideiussore Bartolomei, in relazione al fallimento della Jec srl, che rivestiva analogo ruolo di fideiussore insieme agli altri garanti.

L’appellante deduce che la clausola n. 17 del contratto di fideiussione, in virtù della quale i garanti pro-quota erano obbligati a rispondere verso la Banca per l’intero ammontare delle quote dei fideiussori inadempienti o non più obbligati, suddividendo fra loro il detto ammontare proporzionalmente alle rispettive quote, non è a lui opponibile: la clausola sarebbe stata applicabile, come previsto dallo stesso art.17,<…solo nel caso difideiussioni pro quota “solidali” e dunque quando la stessa sia riportata nella lettera di rilascio della fideiussione>, fatto -questo- non avvenuto nella fideiussione pro- quota da lui firmata.

La Corte osserva.
La lettera di fideiussione firmata da Bartolomei in data 27.2.2008 (doc. 5 appellata), cui egli fa espresso riferimento a p. 23 dell’atto di appello, lungi dal NON riportare il detto termine, prevede invece espressamente la
del fideiussore pro-quota per ben due volte:

-nel testo dell’art. 17 per come riportato a pag. 2, sottoscritto anche dal Bartolomei, laddove si legge “fideiussioni pro quota: solidarietà”,

-nella parte di approvazione specifica delle singole clausole, sottoscritta anch’essa dal Bartolomei, laddove si legge “art. 17-solidarietà nel caso d iinsolvenza di uno o piu firmatari nelle fideiussioni pro quota”.

Deve dunque ritenersi che la solidarietà era stata prevista e approvata specificamente e come tale più volte menzionata nella lettera di fideiussione, con conseguente infondatezza del motivo; non potendosi peraltro non evidenziare, in aggiunta a quanto sin ora esposto, che la motivazione resa dal Tribunale con richiamo al disposto dello stesso art. 1947 cc non è stata oggetto di specifica censura da parte dell’appellante.
--
In conclusione, disposta -come richiesto concordemente da tutte le parti- l’estromissione di BPM -alla quale in corso di causa è succeduta a titolo particolare Marte SPV srl, intervenuta ex art. 111 cpc in data 1 febbraio 2018in sostituzione di altra parte processuale(v. p. 4 atto di intervento), l’appello va rigettato, con conferma dell’appellata sentenza.
--
Per quanto concerne la liquidazione delle spese processuali del presente grado, osserva la Corte che esse vanno poste a carico dell’appellante soccombente:

    • sia in favore di BPM, sino al momento in cui l’appellante Bartolomei ha prestato il suo assenso all’estromissione di esso (cioè sino al 3 luglio 2018, v. foglio di PCBartolomei),

    • sia in favore dell’intervenuta, sia pure limitatamente allo studio della controversia e alla redazione degli scritti conclusionali, essendosi nel suo  atto di intervento Hoist integralmente riportata alle difese precedentemente svolte da BPM ed essendo essa intervenuta, come già detto, inespressa sostituzione di BPM (tanto da dichiarare che, per tale motivo, essa Hoist non era tenuta a versare alcunchè a titolo di contributo unificato).

E’ peraltro appena il caso di ricordare che a) nella sua nota spese Hoist ha correttamente indicato in e. 138.796,68 il valore della causa, b) ha dichiarato di riportarsi al delle singole fasi per come attinte dallo scaglione di riferimento (da e. 52.001,00 a e. 260.000,00): ciò detto, osserva la Corte che, per la fase decisionale, tale valore minimo è pari ad e. 2.430,00.
.
In ragione e nei limiti di quanto esposto, gravano sull’appellante soccombente in favore dell’appellata e dell’intervenuta le spese del presente grado, liquidate -a titolo di compenso professionale secondo i criteri del DM n.55/2014,comemod.dalDM37/18, valore della causae.138.796,68- come da dispositivo, oltre agli accessori tariffari, fiscali e previdenziali dovuti per legge.

Sussistono i presupposti per il pagamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex comma 1 quater dell’art. 13 d.p.r. n. 115/2002, trattandosi di procedimento iniziato in appello dopo il 31.1. 2013.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando, così dispone:

-dispone l’estromissione dal presente giudizio del Banco Popolare soc. coop, ora Banco BPM spa, cui è succeduta Marte SPV srl,

-rigetta l’appello proposto da F.B. nei confronti di Banco BPM spa avverso la sentenza n. 7796/2016 del Tribunale di Milano,

-condanna l’appellante a rifondere all’appellata BPM le spese del presente grado, liquidate in e. 4.700,00, oltre agli accessori tariffari, fiscali e previdenziali spettanti per legge, e all’intervenuta Hoist Italia, nella sua dedotta qualità, le spese del presente grado, liquidate in e. 3.800,00, oltre agli accessori tariffari, fiscali e previdenziali spettanti per legge,

-dichiara la sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex comma 1 quater dell’art. 13 d.p.r. n.115/2002.

Così deciso nella camera di consiglio della SEZIONE SPECIALIZZATA IMPRESA della Corte d’Appello di Milano il 6 novembre 2018.


Il Consigliere est. Vinicia Calendino

Il Presidente Domenico Bonaretti

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IMPRESA
 

nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. Domenico Bonaretti  - Presidente
dr. Vinicia Serena Calendino  - Consigliere rel.
dr. MariaIoleFontanella Consigliere

ha pronunciato laseguente

 

 



SENTENZA

 

nella causa iscritta al n. r.g.3739/2016promossa in grado d’appello



DA

 

F.B., elettivamente
domiciliato in VIA OLMETTO, 3 20123 MILANO presso lo studio dell’avv. PATTARINI STEFANIA, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. RIBECHI VANNI MARCO (RBCVNM71A02F205K) VIA OLMETTO, 3 20123 MILANO; MAINETTI FRANCESCO (MNTFNC69L01H501Q) PIAZZA MAZZINI, 27 00195 ROMA;
 

APPELLANTE
 


CONTRO

 

BANCO POPOLARE SOCIETA’ COOPERATIVA(C.F. 03700430238),
elettivamente domiciliato in VIA GUASTALLA, 15 20122 MILANO presso lo studio dell’avv. BATTAGLIA MARIO, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. DANOVI REMO (DNVRME39B06F205T) VIA GUASTALLA, 15 20122 MILANO,



APPELLATA

 


HOIST ITALIA S.r.l.,mandataria di Securitisation Services spa, a sua volta mandataria di MARTE SPV S.r.l., con l’avvocato Andrea Fioretti, Milano, via Larga19,

 



INTERVENUTA


avente ad oggetto: antitrust sulle seguenti conclusioni:

PER F.B.
Piaccia all’Ill.ma Corte, disattesa ogni contraria istanza, in accoglimento del gravame proposto dall’esponente, riformare la sentenza impugnata e, per l’effetto:
nel merito,
    a) in via principale, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado, accertare e dichiarare il decreto ingiuntivo opposto n°37233 emesso dal Tribunale di Milano in data 11 ottobre 2013 con clausola di provvisoria esecuzione, notificato il 14 novembre 2013, nullo e di nessun effetto, attesa l’illegittimità del provvedimento stesso, e, comunque, l’infondatezza delle domande spiegate dalla Banco Popolare (oggi Banco BPM s.p.a.), fatte propriedall’intervenuta;

    b) in via subordinata, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado, accertare e dichiarare la nullità della fideiussione rilasciata il 27 febbraio 2008,e comunque per tutte le motivazioni, concorrenti e subordinate, esposte nella narrativa dell’atto di appello, rigettare la domanda di pagamento proposta dalla BANCO POPOLARE (oggi Banco BPM s.p.a.), fatta propria dall’intervenuta, nei confronti del signor F.B.;

    c) in via ulteriormente subordinata, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado dichiarare la Banca opposta (oggi Banco BPM s.p.a., cui è succeduta l’intervenuta), decaduta a norma dell’art. 1957 c.c. dai diritti derivanti dalla fideiussione rilasciata il 27 febbraio 2008, e rigettare la domanda di pagamento proposta dalla BANCO POPOLARE (oggi Banco BPMs.p.a.),fatta propria dall’intervenuta, nei confronti del signor F.B. per i motivi innanzi esposti, con ogni provvedimento consequenziale;

    d) nel merito in via ulteriormente subordinata, in accoglimento della opposizione proposta in primo grado, accertare e dichiarare che la Banca opposta (oggi Banco BPM s.p.a.) e l’intervenuta non possono richiedere all’opponente la quota di accrescimento del debito addebitabile alla Jec per i motivi indicati nell’atto di appello, con ogni provvedimento consequenziale. In ogni caso con vittoria di spese e compensi, oltre rimborso forfettario ed ulteriori accessori di legge, per entrambi i gradi del giudizio.

L’esponente presta assenso all’estromissione dal processo dell’originaria parte appellata ex art. 111, comma 3,c.p.c.
Roma- Milano, lì 3 luglio 2018

Per  BANCO  POPOLARE  SOCIETA’  COOPERATIVA
CONCLUSIONI PER L’APPELLATA BANCO BPM S.p.a. (già BANCO POPOLARE Soc. Coop.)
Voglia la Corte d’Appello Ecc.ma,
ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le più opportune declaratorie,
    • dato atto del subentro della società MARTESPVS.r.l. al BANCO BPM
S.p.a. nella titolarità del credito in forza di cessione pro soluto ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della Legge n. 130 del 30 aprile 1999 (“Legge 130/1999”) e dell’articolo 58 del Decreto Legislativo n. 385 del 1° settembre 1993 (il “Testo Unico Bancario”), comunicata al sig. BARTOLOMEI in data 20/1/2017, e previa estromissione del BANCOBPM
S.p.a. dal presente giudizio,
    • previa occorrendo, e sussistendone i presupposti, declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bisc.p.c.,
    • dichiarare inammissibile, improponibile e improcedibile e comunque rigettare l’appello proposto da F.B., e così ogni domanda e istanza dal medesimo proposta in quanto inammissibile, illegittima e infondata per le ragioni precisate in atti, pronunciando ogni connessa e conseguente declaratoria e statuizione;

    • per l’effetto, e comunque, confermare integralmente la sentenza di primo grado impugnata.
Con il favore delle spese e compensi anche del presente grado d’appello. Fatto salvo ogni altro diritto.

PER HOIST Italia srl, nella sua qualità,
CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sez. Specializzata in materia di impresa – R.G. n. 3739/2016
G.R. Dott.ssa Vinicia Serena Calendino – ud. 03.04.2018
Conclusioni definitive
Per laHOIST ITALIA S.r.l.,nell’interesse diMARTE SPV S.r.l.,con l’avvocato Andrea Fioretti,
    • cessionaria intervenuta-
Nel giudizio d’appello promosso da
Il signor F.B., con gli avvocati Stefania Pattarini, Vanni Marco Ribechi e Francesco Mainetti,
– appellante –
Contro
il BANCO POPOLARE Soc. Coop., ora Banco BPM S.p.A.
    • appellato -
***
L’avvocato Andrea Fioretti così precisa per Hoist Italia S.r.l., quale mandataria di Marte SPV S.r.l., le conclusioni definitive nell’intestata causa, dichiarando di non accettare il contraddittorio su domande, istanze ed eccezioni nuove o modificate:
“Voglia la Corte d’Appello Ecc.ma,
ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le più opportune declaratorie,
    • previa occorrendo, e sussistendone i presupposti, declaratoria diinammissibilità dell’appello ex art. 348 bisc.p.c.,

    • dichiarare inammissibile, improponibile e improcedibile e comunque rigettare l’appello proposto da F.B., e così ogni domanda e istanza dal medesimo proposta in quanto inammissibile, illegittima e infondata per le ragioni precisate in narrativa, pronunciando ogni connessa e conseguente declaratoria estatuizione;
    • per l’effetto, e comunque, confermare integralmente la sentenza di primo grado impugnata.
Con il favore delle spese e compensi anche del presente grado d’appello>.

MOTIVI DELLA DECISIONE.
Per comodità espositiva, si premette quanto segue.

-Il 27.2.2008 F.B. si è costituito fideiussore omnibus della debitrice principale G. Agency Roma srl, poi fallita, in favore del Banco Popolare, ora Banco BPM (d’ora in avanti, o ).
-La banca ha chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di Bartolomei.
-Bartolomei si è opposto deducendo, in primo luogo, la nullità dell’intera fideiussione per contrarietà all’art. 2 l. 287/1990, poiché le clausole 2, 6, 8 riproducevano le condizioni contrattuali di uno schema ABI già ritenuto dalla Banca d’Italia -su parere dell’AGCM- in contrasto con l’art. 2 l. 287/1990 nel maggio 2005.
Ha svolto, altresì, altre domande in via subordinata.

-La Banca ha chiesto la reiezione dell’opposizione.

Con la sentenza n. 7796/2016 il Tribunale di Milano -sez. specializzata impresa- ha rigettato l’opposizione proposta da Bartolomei, ritenendo che questi, sul quale gravava il relativo onere probatorio, non aveva provato che la fideiussione oggetto di causa fosse applicazione di un’intesa concorrenziale fra banche effettivamente esistente e rilevante, per estensione e pervasività sul piano antitrust, ai sensi dell’art. 2 l.287/1990.
--
Avverso tale sentenza Bartolomei ha proposto appello, esponendo i motivi che seguono.


1)
(Nullità della fideiussione per contrarietà all’art. 2 l. 287/1990)

Bartolomei deduce quanto segue.
-La fideiussione omnibus di cui è causa, da lui concessa il 28.2.2008 in favore della banca, agli artt. 2, 6 e 8 ricalcava lo schema del contratto di fideiussione omnibus precedentemente predisposto dall’ABI (alla quale la banca eraassociata);

-tale schema di contratto era stato oggetto di istruttoria da parte della Banca d’Italia a partire dal 2003 per accertare se esso poteva costituire un’intesa restrittiva della concorrenza;

-nel corso dell’istruttoria la Banca d’Italia aveva chiesto un parer eall’AGCM;

-nell’aprile 2005 l’AGCM si era espressa nel senso che il regolamento contrattuale definito dall’ABI appariva idoneo ad aggravare la posizione del fideiussore rispetto a quella del debitore principale;

-con provvedimento del maggio 2005 la Banca d’Italiaaveva affermato che le condizioni generali di contratto dell’ABI, relative alle fideiussioni, in quanto deliberazioni di una associazione di imprese, rientravano nell’ambito dell’art. 2 l. 287/1990; che le verifiche compiute avevano mostrato la sostanziale uniformità di applicazione del detto schema fra le banche associate; che,in particolare, gli articoli 2,6,8, dello schema contrattuale di fideiussione omnibus, nella misura in cui erano applicati in modo uniforme, erano in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a) della l. 297/1990.

Sul presupposto (pacifico,NDE) che le clausole 2, 6, 8, dell’allora schema ABI erano state poi inserite nella fideiussione da lui stipulata con la banca (associata all’ABI), Bartolomei ha quindi chiesto di dichiarare, ai sensi dell’art.  1419/1  cc,  la  nullità  dell’intero  contratto  di  fideiussione:    a suo giudizio, infatti,dalla rilevata nullità dell’intesa anticoncorrenziale “a monte” non poteva che derivare la nullità del contratto “a valle”.

Quanto all’onere della prova, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Milano, egli aveva già fornito, producendo il provvedimento del maggio 2005 della Banca d’Italia (ivi incluso il parere Antitrust), seri indizi sulla persistenza di un’intesa interbancaria anticoncorrenziale.

In ogni caso, ove il Tribunale non avesse ritenuto sufficienti i detti indizi, avrebbe dovuto dare avvio ai suoi poteri officiosi al fine di ovviare all’evidente asinmetria informativa fra esso Bartolomei quale consumatore e la pluralità delle banche, disponendo, ad es., una CTU.

Bartolomei ha asserito altresì che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, la sentenza del SC n. 11564/2015 era in linea proprio con quanto da lui sostenuto, e cioè del suo diritto -in presenza di una asinmetria informativa e dei seri indizi da lui forniti- ad ottenere dal giudice i provvedimenti officiosi necessari per accertare la persistenza della detta intesa anticoncorrenziale e dei suoi effetti distorsivi sul mercato, cui egli, quale semplice consumatore, non poteva accedere.

2)
(Nullità della clausola n. 6 e decadenza di BPM dalla fideiussione ex art. 1957cc)
In subordine, Bartolomei ha chiesto di dichiarare la nullità della clausola n. 6 (derogativa dei diritti del fideiussore ex art. 1957 cc) e quindi, dato che la banca non aveva coltivato diligentemente (id est, entro i 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione della debitrice principale) i suoi diritti verso la detta debitrice principale, di dichiarare decaduta BPM dalla fideiussione.

3)
(Illegittimità dell’operato accrescimento della sua quota).
In ulteriore subordine, Bartolomei ha chiesto di dichiarare l’illegittimità dell’accrescimento della quota di esso Bartolomei, accrescimento operato da BPM in misura proporzionale alla quota di altro fideiussore fallito (Jec), non essendo stata riportata la parola “solidarietà” nella lettera fideiussoria da lui rilasciata alla banca.
--
Come già anticipato, la Banca ha chiesto la reiezione dell’appello.

In corso di causa (1.2.2018) è intervenuta Hoist Italia, nell’interesse di Marte SPV srl, cui BPM aveva, nelle more, ceduto il credito verso il Bartolomei.
L’intervenuta ha chiesto la conferma dell’appellata sentenza.
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Trattata la causa, tutte le parti hanno concordato per l’estromissione di BPM, essendo intervenuta in suo luogo Marte SPV srl (e per essa Hoist Italia), cui BPM aveva ceduto il proprio credito.
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Le considerazioni della Corte.

Premesso che, dato l’accordo di tutte le parti, va dichiarata l’estromissione di BPM spa, essendo ad essa succeduta la cessionaria Marte SPVin espressasostituzione di BPM, in merito si osserva quanto segue.

1)
Sulla domanda principale di nullità della fideiussione per violazione dell’art. 2 l. 287/1990, il Tribunale ha così motivato:

Nel caso di specie appare agevole rilevare che parte opponente si è limitata a produrre in atti detti provvedimenti e ad argomentare sulla base del loro contenuto,senza nemmeno dedurre alcun elemento di fatto che– sia pure nei più ampi limiti individuati dalla giurisprudenza di legittimità sulla base della constatazione dell’esistenza in materia antitrust di asimmetrie informative che ostacolano il raggiungimento di una piena prova (v. in tal senso Cass. 11564/15) –possa ritenersi idoneo a dare conto sia pure in via indiziaria della sussistenza di una intesa tra soggetti operanti nel medesimo settore a fini anticoncorrenziali.

Invero gli stessi provvedimenti dedotti dall’opponente, che avevano riconosciuto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2 L. 287/90 nello schema negoziale uniforme di fideiussione predisposto dall’ABI, esplicitamente riconoscevano che le clausole oggetto nel loro complesso di contestazione risultavano in se stesse ed anche nella loro combinazione del tutto lecite in quanto relative a norme derogabili e che l’effetto anticoncorrenziale era determinato dal fatto che esse risultavano inserite in una schema negoziale predisposto dall’associazione bancaria e che dunque il loro effetto anticoncorrenziale derivava dalla possibilità della loro applicazione in maniera uniforme.

In particolare, poi, il provvedimento della Banca d’Italia che aveva recepito e dichiarato la contrarietà alla normativa antitrust di tale schema negoziale in quanto destinato ad applicazione uniforme da parte delle banche aderenti all’ABI aveva imposto a quest’ultima l’eliminazione delle clausole menzionate.
In tale contesto appare dunque evidente che il solo fatto che una banca – nel caso dispecie il BANCO POPOLARE soc. coop. che riveste il ruolo di parte opposta nella presente causa – abbia proposto alla clientela un contratto contenente dette clausole non può ritenersi di per se stesso elemento sufficiente a dare effettivo conto, sia pure in termini indiziari, della sussistenza di un’intesa rilevante nella sua estensione e pervasività sul piano antitrust.
In effetti parte opponente non ha nemmeno tentato di provare che detto schema negoziale era di fatto adottato da un numero significativo di istituti di credito – in maniera tale cioè da dare conto quantomeno del fondamento di base della suacontestazione, e cioè quello dell’uniformità di proposta al pubblico di tale schema negoziale –mentre, al contrario, le prescrizioni impartite dalla Banca d’Italia all’ABIcon il provvedimento richiamato dovrebbero costituire un presunzione del tutto contraria alle affermazioni di parte opponente.

Tali rilevanti temi probatori sono stati del tutto omessi da parte opponente e dunque lacontestazione relativa alla contrarietà alla normativa antitrust delle clausole negozialiin questione non può essere accolta né in relazione alla pretesa nullità dell’interocontratto di fideiussione che rispetto alle singole clausole, in se stesse prive di profili di nullità in quanto legittimamente derogatorie di norme codicistiche>.

Tanto riportato, questa Corte ritiene pienamente condivisibile la motivazione del Tribunale: l’onere della prova circa l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale, costituente l’indefettibile presupposto della richiesta di nullità della fideiussione ex artt. 2 l. 287/1990 e 1419/1 cc, grava sull’attore opponente Bartolomei, ma questi non ha fornito alcun serio elemento in tal senso.

Ed invero, a fronte della fideiussione da lui stipulata il 27.2.2008 (doc. 5 Banco BPM), l’appellante Bartolomei si è infatti limitato ad allegare:

        1) l’esistenza di un parere reso dall’AGCM nell’aprile 2005,con il quale la detta Autorità aveva ritenuto che il regolamento contrattuale definito dall’ABI appariva idoneo ad aggravare la posizione del fideiussore rispetto a quella del debitore principale,
        2) l’esistenza di un provvedimento del maggio 2005con il quale la Banca d’Italia aveva riconosciuto che a) che le condizioni generali di contratto dell’ABI relative alle fideiussioni, in quanto deliberazioni di una associazione di imprese, rientravano nell’ambito dell’art. 2l.287/1990;
b) le verifiche compiute avevano mostrato la sostanziale uniformità di applicazione del detto schema fra le banche associate: c) gli articoli 2, 6, 8, dello schema contrattuale ABI di fideiussione omnibus, ove applicati in modo uniforme, erano in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a) della l. 297/1990, con conseguente ordine all’ABI di emendare in tal senso lo schema fideiussorio da esso predisposto, e quindi (il Bartolomei si è limitato ad allegare, NDE)due atti entrambi risalenti a quasi tre anni prima (2005) rispetto al momento (2008) in cui egli ha stipulato la fideiussione di cui si discute.

Nessun elemento è stato indicato dal Bartolomei a sostegno della tesi che quell’intesa anticoncorrenziale, sanzionata dalla Banca d’Italia nel 2005, fosse ancora esistente nel 2008.

Nè alcun serio indizio in tal senso può essere tratto dalsolo fatto che nella -singola- fideiussione di cui è causa, predisposta dal -singolo- Banco nel 2008 siano state inserite le medesime tre clausole già sanzionate sin dal 2005, tanto più considerando che le dette clausole non erano contrari e a norme imperative, bensì legittimamente derogatorie di norme codicistiche (il denunciato profilo di nullità riposava -in tesi- solo e soltanto nell’asserita violazione dell’art. 2 l. 297/1990) .

Né vale eccepire un’errata lettura, da parte del Tribunale, della citata  sentenza della Corte di legittimità(n.11564/2015) in punto distribuzione dell’onere probatorio.
Se è pur vero che con quella sentenza(emessa in un caso “stand alone” come quello in esame, e sulla distribuzione dell’onere della prova, come nel caso in esame, sia pure riferito, in quella sentenza, al caso di abuso dominante di cui all’art. 3 della l. 287/1990)la Corte di legittimità ha evidenziato, in casi di asinmetria informativa,il dovere del giudice di valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenzache le norme processuali già prevedono (..) al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d’indagine (..) utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata,è però vero che la Corte di legittimità ha ulteriormente precisatoe sottolineato che tale dovere del giudice sussiste solo laddove l’attore abbia previamente indicatoin modo sufficientemente plausibile seri indizidimostrativi della fattispecie denunciatacome idonea ad alterare la libertàdi concorrenza.


Orbene, con riferimento al caso in specie, non si può considerare, da parte di Bartolomei, quale indicazione sufficientemente plausibile di seri indizi dell’esistenza attuale della denunciata intesa anticoncorrenziale il solo fatto che un singolo istituto di credito abbia applicato, nel 2008, alcune delle clausole (di natura derogabile) contenute in uno schema ABI che già sin dal maggio 2005 la Banca d’Italia aveva imposto all’ABI di emendare.

Tanto basta per ritenere corretta e condivisibile la lettura, da parte del Tribunale, della sentenza n. 11564/2015, che solo alla presenza di quei seri indizi (che qui non si rinvengono, NDE) ha ricondotto il dovere del giudice di valorizzare i propri poteri officiosi.

Né appare rilevante, infine, il richiamo -effettuato dall’appellante in comparsa conclusionale- a Cass.ord.n. 29810/2017 (secondo la qualel’accertamento dell’ l'illecito anticoncorrenziale a monte ..non può che travolgere il negozio concluso«avalle» in caso di violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia a cominciare dall’art. 2 della legge antitrust), poiché la detta decisione concerne il diverso caso di un contratto stipulato anteriormente al successivo accertamento-da parte dell’autorità indipendente- di una intesa illecita, già materialmente in atto da tempo; e non il caso di un contratto stipulato tre anni dopo l’accertamento di una risalente intesa anticoncorrenziale (peraltro già illo tempore oggetto di emenda da parte dell’autorità indipendente), come nel caso in esame.

In conclusione, in assenza di una indicazione -da parte dell’attore/appellante Bartolomei-sufficientemente plausibile di seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza, la domanda di nullità della fideiussione omnibus ex art. 1419/1 cc (e/o delle clausole, come già detto, di natura derogabile) non poteva essere accolta, come già ritenuto dal Tribunale.
Il relativo motivo di appello non appare quindi fondato.

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2)
Non appare fondato neppure il motivo di appello, proposto in via subordinata dal fideiussore Bartolomei, relativo alla domanda di avvenuta decadenza, ex art. 1957 cc, della Banca appellata per non avere quest’ultima escusso nei termini previsti da tale norma la debitrice principale G. Agency.

La Corte osserva.
L’art. 6 della fideiussione oggetto di causada un latonon è affetto da nullità ex art. 2 l. 287/1990 per i motivi innanzi esposti edall’altroesso prevede che laBanca non è tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore o qualsiasi altroobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 cc, che si intendederogato: e tale deroga è da ritenere del tutto legittima, non ricoprendo l’art. 1957 cc valenza di norma imperativa.

La natura derogabile della norma in questione e, quindi, la legittimità della clausola di cui si discute consente dunque di escludere in radice la denunciata decadenza.
--

3)
Non appare fondato, infine, neppure l’ultimo motivo d’appello, proposto in via ulteriormente subordinata, con il quale è stata denunciata l’illegittimità del disposto accrescimento della quota di pertinenza del fideiussore Bartolomei, in relazione al fallimento della Jec srl, che rivestiva analogo ruolo di fideiussore insieme agli altri garanti.

L’appellante deduce che la clausola n. 17 del contratto di fideiussione, in virtù della quale i garanti pro-quota erano obbligati a rispondere verso la Banca per l’intero ammontare delle quote dei fideiussori inadempienti o non più obbligati, suddividendo fra loro il detto ammontare proporzionalmente alle rispettive quote, non è a lui opponibile: la clausola sarebbe stata applicabile, come previsto dallo stesso art.17,<…solo nel caso difideiussioni pro quota “solidali” e dunque quando la stessa sia riportata nella lettera di rilascio della fideiussione>, fatto -questo- non avvenuto nella fideiussione pro- quota da lui firmata.

La Corte osserva.
La lettera di fideiussione firmata da Bartolomei in data 27.2.2008 (doc. 5 appellata), cui egli fa espresso riferimento a p. 23 dell’atto di appello, lungi dal NON riportare il detto termine, prevede invece espressamente la
del fideiussore pro-quota per ben due volte:

-nel testo dell’art. 17 per come riportato a pag. 2, sottoscritto anche dal Bartolomei, laddove si legge “fideiussioni pro quota: solidarietà”,

-nella parte di approvazione specifica delle singole clausole, sottoscritta anch’essa dal Bartolomei, laddove si legge “art. 17-solidarietà nel caso d iinsolvenza di uno o piu firmatari nelle fideiussioni pro quota”.

Deve dunque ritenersi che la solidarietà era stata prevista e approvata specificamente e come tale più volte menzionata nella lettera di fideiussione, con conseguente infondatezza del motivo; non potendosi peraltro non evidenziare, in aggiunta a quanto sin ora esposto, che la motivazione resa dal Tribunale con richiamo al disposto dello stesso art. 1947 cc non è stata oggetto di specifica censura da parte dell’appellante.
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In conclusione, disposta -come richiesto concordemente da tutte le parti- l’estromissione di BPM -alla quale in corso di causa è succeduta a titolo particolare Marte SPV srl, intervenuta ex art. 111 cpc in data 1 febbraio 2018in sostituzione di altra parte processuale(v. p. 4 atto di intervento), l’appello va rigettato, con conferma dell’appellata sentenza.
--
Per quanto concerne la liquidazione delle spese processuali del presente grado, osserva la Corte che esse vanno poste a carico dell’appellante soccombente:

    • sia in favore di BPM, sino al momento in cui l’appellante Bartolomei ha prestato il suo assenso all’estromissione di esso (cioè sino al 3 luglio 2018, v. foglio di PCBartolomei),

    • sia in favore dell’intervenuta, sia pure limitatamente allo studio della controversia e alla redazione degli scritti conclusionali, essendosi nel suo  atto di intervento Hoist integralmente riportata alle difese precedentemente svolte da BPM ed essendo essa intervenuta, come già detto, inespressa sostituzione di BPM (tanto da dichiarare che, per tale motivo, essa Hoist non era tenuta a versare alcunchè a titolo di contributo unificato).

E’ peraltro appena il caso di ricordare che a) nella sua nota spese Hoist ha correttamente indicato in e. 138.796,68 il valore della causa, b) ha dichiarato di riportarsi al delle singole fasi per come attinte dallo scaglione di riferimento (da e. 52.001,00 a e. 260.000,00): ciò detto, osserva la Corte che, per la fase decisionale, tale valore minimo è pari ad e. 2.430,00.
.
In ragione e nei limiti di quanto esposto, gravano sull’appellante soccombente in favore dell’appellata e dell’intervenuta le spese del presente grado, liquidate -a titolo di compenso professionale secondo i criteri del DM n.55/2014,comemod.dalDM37/18, valore della causae.138.796,68- come da dispositivo, oltre agli accessori tariffari, fiscali e previdenziali dovuti per legge.

Sussistono i presupposti per il pagamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex comma 1 quater dell’art. 13 d.p.r. n. 115/2002, trattandosi di procedimento iniziato in appello dopo il 31.1. 2013.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando, così dispone:

-dispone l’estromissione dal presente giudizio del Banco Popolare soc. coop, ora Banco BPM spa, cui è succeduta Marte SPV srl,

-rigetta l’appello proposto da F.B. nei confronti di Banco BPM spa avverso la sentenza n. 7796/2016 del Tribunale di Milano,

-condanna l’appellante a rifondere all’appellata BPM le spese del presente grado, liquidate in e. 4.700,00, oltre agli accessori tariffari, fiscali e previdenziali spettanti per legge, e all’intervenuta Hoist Italia, nella sua dedotta qualità, le spese del presente grado, liquidate in e. 3.800,00, oltre agli accessori tariffari, fiscali e previdenziali spettanti per legge,

-dichiara la sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex comma 1 quater dell’art. 13 d.p.r. n.115/2002.

Così deciso nella camera di consiglio della SEZIONE SPECIALIZZATA IMPRESA della Corte d’Appello di Milano il 6 novembre 2018.


Il Consigliere est. Vinicia Calendino

Il Presidente Domenico Bonaretti