TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA A
Case n. 6537/2018 of 11/06/2018

Case n. 6537/2018 of 11/06/2018
RG n. 13231/2015
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
SEZIONE A


in persona dei magistrati:
    • dott. Claudio MARANGONI  - presidente
    • dott.ssa Alessandra DAL MORO  - giudice
    • dott. Pierluigi PERROTTI  - giudice estensore
ha pronunciato la seguente

 


SENTENZA
 

nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con atto di citazione notificato il 27.2.2015

 

 

DA
 

KOREAN AIRLINES
rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Giordano e Caterina Mele, come da delega a mar- gine dell’atto di citazione del 26.2.2015, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Milano - via Ariberto, 22

 


-ATTORE-
 

 

CONTRO


SEA S.P.A.
rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Fumagalli, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in data 9.6.2015, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Milano - via San Vittore, 40

 


-CONVENUTO-


CONCLUSIONI DELLE PARTI
per Korean Airlines
    1) respingere le eccezioni di prescrizione e nullità sollevate da Seas.p.a.;
    2) respingere la domanda riconvenzionale di Sea s.p.a. e condannare la stessa al risarcimento per responsabilità aggravata exart. 96 c.p.c., come indicato in atti;
    3) accertare e dichiarare il diritto dell’attore ad avere applicata da Sea s.p.a., per la subconcessione degli spazi utilizzati per attività operativa, la tariffa di Euro 250/mq/anno, sino al 22.9.2012 e, a partire dal 23.9.2012, la tariffa indicata dal contratto di programma Enac/Sea s.p.a. del 2012, come da conteggi in atti;
    4) accertare e dichiarare che Sea s.p.a. ha applicato ed applica all’attore una tariffa per la subconcessione di spazi operativi, che viola gli obblighi ad essa imposti dall’art. 16, comma 3, direttiva n. 96/67/CE e dal d. lgs. n. 18/1999 di recepimento della direttiva;
    5) accertare e dichiarare che Sea s.p.a. ha applicato ed applica all’attore una tariffa per la subconcessione di spazi uso ufficio operativo abusiva e discriminatoria in violazione degli artt. 2597 c.c., 102 del TFUE e 9, legge n.192/1998;
    6) accertare la nullità della tariffa dalla Sea s.p.a. unilateralmente imposta all’attore per la subconcessione di uffici operativi, in violazione della direttiva n. 96/67/CE, del d. lgs. n. 18/1999, dell’art. 2597 c.c., dell’art. 102 del TFUE e dell’art. 9, legge n. 192/1998, per la parte eccedente la tariffa indicata da Enac di Euro 250/mq/anno, e, dal 23.9.2012, ec- cedente la tariffa indicata dal contratto di programma del 2012 Enac/Sea s.p.a., come da conteggi in atti;
    7) accertare la violazione da parte di Sea s.p.a. degli obblighi derivanti dalla integrazione, ai sensi degli artt. 1339 e 1374 c.c., del contratto in essere tra le parti per la messa a di- sposizione di uffici operativi in ambito aeroportuale, nonché di quelli di correttezza e buona fede sulla medesima Sea s.p.a. incombenti, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., in combinato disposto con l’art. 1374c.c.;
    8) condannare la Sea s.p.a., in conseguenza delle accertate violazioni, a restituire all’attore, a titolo di indebito oggettivo e/o di risarcimento del danno contrattuale e/o extracontrattuale e, in estremo subordine, di ingiustificato arricchimento, le somme di:A)Euro 30.416,92 per l’ufficio passeggeri dello scalo di Malpensa, nel periodo dal 1.1.2009 al
31.12.2014, come da conteggi in atti;B)Euro 177.412,91, per l’ufficio merci dello sca- lo di Malpensa, nel periodo dal 1.1.2001 al 31.12.2014, come da conteggi in atti, quale differenza tra la tariffa, anno per anno, applicata da Sea s.p.a. e la tariffa indicata da Enac di Euro 250/mq/anno, e, dal 23.9.2012, la tariffa indicata dal contratto di pro- gramma Enac/Sea s.p.a. del 2012, come da conteggi in atti e per i motivi esposti negli atti causa, maggiorate dette somme degli interessi legali come per legge, da conteggiarsi dalla data di ciascun pagamento, stante la mala fede del percipiente, con riserva di ri- chiedere in separato giudizio le somme maturate dopo il 31.12.2014;
    9) con vittoria di spese, competenze ed onorari.

per Sea s.p.a.
in via principale e nel merito
    1) rigettare tutte domande proposte nei confronti di Sea s.p.a. in quanto nulle, prescritte e comunque infondate in fatto e diritto;
in via riconvenzionale
    2) annullare ovvero dichiarare la risoluzione dei contratti stipulati da Sea s.p.a. e Korean Airlines nel 2010 e nel 2013 e aventi ad oggetto l’erogazione di incentivi economici di cui ai docc. 11-12 del fascicolo di Sea s.p.a. e, per l’effetto condannare Korean Airlines alla restituzione degli importi alla medesima versati da Sea s.p.a. in forza di quegli ac- cordi per il complessivo importo di Euro 800.023,26, oltre interessi e rivalutazione ov- vero la diversa somma che dovesse risultare in corso dicausa;
in via riconvenzionale subordinata
    3) accertare la violazione da parte di Korean Airlines degli obblighi di correttezza e buona fede sulla medesima incombenti ex artt. 1175 e 1375 c.c. in combinato disposto con l’art. 1374 c.c. e, conseguentemente, condannare Korean Airlines alla restituzione in fa- vore di Sea s.p.a., a titolo di indebito oggettivo e/o di risarcimento del danno contrattua- le e/o extracontrattuale e, in estremo subordine, di ingiustificato arricchimento, delle somme versate da Sea s.p.a. in forza dei contratti stipulati con Korean Airlines nel 2010 enel 2013 e aventi ad oggetto l’erogazione di incentivi economici di cui ai docc.11-12
del fascicolo di Sea s.p.a., per il complessivo importo di Euro 800.023,26, oltre interessi e rivalutazione ovvero la diversa somma che dovesse risultare in corso di causa ovvero determinata in via equitativa dal giudice;
in via istruttoria
    4) senza alcun inversione dell’onere della prova Sea s.p.a. insiste per l’ammissione dei capitoli di prova già indicati negli atti di causa;
    5) il giudice voglia disporre ex artt. 213 ovvero 210 c.p.c. l’acquisizione da Enac della documentazione da questi utilizzata nell’istruttoria sui corrispettivi applicati da Sea s.p.a., in particolare quella relativa al corrispettivo per gli spazi ad uso esclusivo (uffici) ogget- to della presente causa, e che ha condotto all’emanazione della nota Enac prot. n. 51310/DIRGEN/DG del 2.10.2007 e di quella prot. n. 42065/DIRGEN/CEC del 2.7.2008;
in ogni caso
    6) con vittoria di spese e competenze del giudizio.

 

 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

 

    1. Con atto di citazione notificato in data 27.2.2015 Korean Airlines (di seguito Korean) con- veniva in giudizio Sea s.p.a. ed esponeva di svolgere la supervisione delle attività di handling e di gestione in autoproduzione di servizi di assistenza a terra nei settori passeggeri e merci presso l’aeroporto di MilanoMalpensa.
Sea s.p.a. era il gestore degli spazi aeroportuali di Milano Malpensa e di Milano Linate. Korean aveva ricevuto in subconcessione dalla convenuta dei locali ad uso ufficio presso l’aeroporto di Malpensa, funzionali allo svolgimento esclusivo delle predette attività operative di assistenza. Sea aveva applicato tariffe abusive e discriminatorie, in violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, comma 3, direttiva n. 96/67/CE, e 10, d. lgs. n. 18/1999, di recepimento della stessa direttiva.
Tale condotta costituiva un abuso di posizione dominante nel mercato di riferimento nonché una pratica discriminatoria rispetto al trattamento tariffario riservato ad altri operatori aeroportuali. Sea era già stata sanzionata da parte dell’Agcm con il provvedimento A377 dell’8.1.2009, n. 19189, confermato in sede di sindacato amministrativo.
Richiamando l’efficacia probatoria di tale provvedimento, lamentava la nullità della tariffa applicata poiché superiore all’importo corretto di Euro 250 mq/anno per gli uffici in uso agli handlers presso l’aeroporto di Malpensa, così determinato dall’Enac con nota prot. n. 61310/dirgen/dg del 2.10.2007 (di seguito, per brevità, nota Enac).
In data 23.9.2011 Sea ed Enac avevano stipulato il contratto di programma, approvato e rece- pito con d.p.c.m. del 30.4.2012, pubblicato sulla g.u. n. 172 del 25.7.2012 ed efficace a far data dal 23.9.2012 (exart. 3, comma 2), nel quale era stata fissata per la medesima tipologia di spazi la tariffa di Euro 325 / 334 mq/anno. Anche dopo l’entrata in vigore del contratto di programma il canone di subconcessione applicato da Sea era rimasto ampiamente superiore ai predetti limiti.
Korean invocava la conseguente caducazione exart. 1419 c.c. della relativa clausola e la sostituzione automatica exart. 1339 c.c. del canone a tariffa corretta rispetto quello determinato in via pattizia.
Sotto il profilo contrattuale contestava anche la violazione da parte di Sea degli obblighi di buona fede e correttezza prescritti dagli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c..
Concludeva chiedendo l’accertamento delle violazioni sopra indicate, con la condanna di Sea alla restituzione dei maggiori importi percepiti per il periodo 1.1.2001 - 31.12.2014 a titolo di indebito oggettivo e/o di risarcimento del danno contrattuale e/o extracontrattuale, ovvero, in estremo subordine, di ingiustificato arricchimento, pari alla somma di Euro 207.829,83, oltre interessi.
Sea si costituiva con comparsa depositata in data 9.6.2015.
Evidenziava che Korean era un vettore aereo che non aveva mai svolto attività di assistenza a terra ed era quindi estranea all’ambito soggettivo di applicazione della normativa indicata. Non era un handler, come invece richiesto dal d. lgs. n. 18/1999, e non aveva quindi alcun titolo per invocare l’applicazione di tale particolare disciplina.
Contestava l’esistenza di qualsiasi condotta discriminatoria nonché di ogni ipotetico abuso di posizione dominante e/o di dipendenza economica. Negava inoltre l’applicabilità al caso di specie degli artt. 1339 e 1375 c.c..
Rilevava l’incompletezza della documentazione allegata da Korean a supporto delle proprie pretese, evidenziando la mancanza di numerose fatture. Korean aveva spesso effettuato i pagamenti in ritardo e non vi era prova della data in cui erano stati effettuati.
Eccepiva la prescrizione del credito risarcitorio azionato da Korean per tutte le somme versate prima del 27.2.2010, ovvero oltre il termine quinquennale exart. 2947 c.c., decorrente a ritro- so dalla data di proposizione della domanda giudiziale, introdotta con atto di citazione notifi- cato il 27.2.2015.
Sea e Korean avevano stipulato nel 2010 e nel 2013 due accordi che prevedevano l’erogazione da parte di Sea di importanti incentivi economici - c.ca 800.000 Euro - a fronte del mantenimento e dell’aumento da parte della compagnia coreana delle rotte sullo scalo di Malpensa. La corresponsione di queste somme era condizionata al puntuale pagamento dei canoni dovuti da Korean per la sub concessione degli uffici e con l’espresso riconoscimento - quanto meno nel contratto del 2013 - della correttezza dei criteri di determinazione del relati- vo sistema tariffario.
Nel caso di accoglimento delle domande dell’attore, tali contratti sarebbero stati viziati da er- rore essenziale e/o da un’evidente squilibrio poiché basati anche sull’espresso riconoscimento della legittimità delle tariffe praticate da Sea. Era comunque evidente la malafede contrattuale di Korean, con obbligo - in ogni caso - di integrale restituzione di tutte le somme ricevute a titolo di incentivo.
Concludeva chiedendo il rigetto di tutte le domande dell’attore e, in via riconvenzionale, l’annullamento o la risoluzione dei contratti Sea - Korean del 2010 e del 2013, o l’accertamento della violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, con la condanna dell’attore alla restituzione del complessivo importo di Euro 800.023,26, a titolo di indebito oggettivo, di risarcimento del danno e/o di ingiustificato arricchimento, oltre interessi.
Nel corso del processo venivano sentiti come testimoni Massimo Cusatis, Paolo Dallanoce, Hyun Ju Sung, Jung Hye Shin e Paolo Toselli.
Esaurita l’istruzione della causa, le parti precisavano le conclusioni all’udienza del 29.11.2017.
    2. Seguendo l’ordine logico delle questioni sottoposte all’esame del Collegio, occorre esami- nare, in primo luogo, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata da Sea per la prima volta negli scritti difensivi finali.
Parte convenuta richiama una recente pronuncia del giudice di legittimità che determinerebbe la necessaria devoluzione della controversia alla cognizione del giudice amministrativo (v. Cass. Sezioni Unite, ordinanza 31 maggio 2017, n. 13723).
La Suprema Corte ha ritenuto sottratte al giudice ordinario le controversie relative a corrispettivi determinati in base alle tariffe stabilite dalle società titolari della gestione di servizi, in relazione alla loro natura di organismi di diritto pubblico e alle finalità alle stesse connesse. Il giudice ordinario sarebbe pertanto privo di giurisdizione nella presente causa, in quanto avente ad oggetto i corrispettivi richiesti dal gestore aeroportuale agli operatori e la contestazione della violazione della normativa di settore (direttiva n. 96/96/CE, d. lgs. n. 18/1999, delibere Cipe e note Enac).
L’eccezione è infondata.
A differenza del precedente specifico nell’ambito del quale la Cassazione ha reso la sopra ri- cordata pronuncia, la presente controversia ha ad oggetto solo domande devolute alla cogni- zione del giudice ordinario.
Si possono in proposito richiamare i passaggi motivazionali di una recente pronuncia resa da questo stesso Tribunale (v. Tribunale di Milano 26.10.2017, Pres. est. Marangoni), secondo la quale, in particolare, le domande di risarcimento del danno cagionato dalla violazione della normativa antitrust dell’Unione Europea e di quella nazionale di cui all’art. 33, comma 2, leg- ge n. 287/90, sono assegnate alla cognizione delle Sezioni specializzate in materia di impresa (exart. 3, comma 1 lettere c) e d), d. lgs. n. 168/2003 e art. 33, comma 2, legge n. 287/1990). Quanto alle domande contrattuali, esse si basano sulla pretesa violazione di norme imperative, di obblighi di buona fede e di protezione dell’altro contraente. Tali richieste risarcitorie e re- stitutorie non implicano alcuna determinazione delle tariffe o del corrispettivo richiesto dal concessionario Sea per la subconcessione degli spazi ad uso ufficio.
Il sindacato sulla determinazione di tali tariffe è stato peraltro già esercitato dal giudice amministrativo, in seguito a specifici ricorsi di Sea aventi ad oggetto le decisioni adottate dall’Enac e dall’Agcm.
L’indagine sulle tariffe contestate in questa sede è del resto solo incidentale, venendo recepite le valutazioni già espresse in sede di public enforcement, con decisione definitiva e conferma- ta dai giudici amministrativi.

    3. Passando al merito, la presente lite segue il provvedimento Agcm n. A377 dell’8.1.2009 che ha accertato, tra l’altro, che Sea - monopolista legale nella gestione delle infrastrutture aeroportuali negli scali di Malpensa e Linate - nel mercato che qui rileva ha tenuto comporta- menti abusivi exart. 102 TFUE per i quali è stata sanzionata. La decisione è stata confermata dal giudice amministrativo.
In particolare, in merito alle questioni che risultano oggetto della presente controversia, l’abuso di posizione dominante da parte di Sea è stato ritenuto contrario all’art. 82 del Trattato CE “consistente nella applicazione di corrispettivi non equi ed eccessivamente onerosi nel mercato della messa a disposizione di beni ad uso comune ed esclusivo per lo svolgimento delle attività di handling cargo”.
L’Agcm ha accertato tutti gli elementi costitutivi dell’illecito antitrust.
Sono qui di seguito riportati i passaggi più rilevanti del quadro delineato dall’Autorità, così come già ampiamente ripresi in precedenti pronunce di questo stesso Tribunale e dalla Corte d’Appello di Milano in analoghe cause di danni fondate sul medesimo provvedimento A377 (cfr. in particolare le sentenze Tribunale di Milano n. 3932/2015, Corte d’Appello di Milano n. 2561/2017 e Tribunale di Milano n. 15054/2014).
Quanto al mercato rilevante l’Agcm in particolare ha ritenuto che i beni a uso esclusivo facenti parte delle infrastrutture aeroportuali (cioè quei beni definiti a uso frazionabile e che attengono all’attività di handling in quanto comprendenti anche uffici indispensabili per l’esercizio di tali attività, cfr. punti n. 63 - 65 del provvedimento) sono intrinsecamente non sostituibili con altri beni dislocati in altre aree, esterne all’aeroporto. Essi individuano e distinguono uno specifico e distinto mercato merceologico. La dimensione geografica del mercato di tale prodotto coincide con gli spazi degli aeroporti stessi (punti da n. 65 a n. 69 del provvedimento A/377). In particolare l’aeroporto di Malpensa, che esaurisce in sé la dimensione geografica del mercato rilevante, costituisce parte sostanziale del mercato comune.
I soggetti coinvolti nelle condotte di Sea sono anche imprese di livello internazionale presenti su più mercati nazionali e le pratiche censurate sono idonee ad incidere sugli scambi commerciali tra i paesi dell’UE, ai sensi dell’art. 102 TFUE.
L’infrastruttura aeroportuale presenta elementi tali da potere essere configurata come mono- polio naturale (concorrendo a tale qualificazione la sussistenza di elevatissimi costi d’investimenti, la presenza di rilevanti economie di scala e di diversificazione che determina- no una funzione di costi sub-additiva). L’infrastruttura aeroportuale si compone di beni e infrastrutture strumentali alle operazioni di volo (piste, rampe di atterraggio, piazzole di sosta), di beni e infrastrutture strumentali alle operazioni di assistenza a passeggeri e aeromobili(loading bridge, sistemi di stoccaggio carburante, ecc.) e di spazi ulteriori definiti commerciali.
L’attività aeroportuale si distingue in attività aviation, relativa alle operazioni di volo e ai ser- vizi ad esse collegati (ad es. attività di handling) e attività non aviation, relative a servizi commerciali offerti ai passeggeri all’interno degli aeroporti.
Quanto alla posizione di dominanza, l’Agcm ha evidenziato che Sea è concessionaria esclusi- va sino al 2041 per la gestione unitaria degli aeroporti di Malpensa e di Linate e detiene dunque il monopolio legale delle infrastrutture aereoportuali di tali scali. Riveste posizione dominante su tutti i mercati di prodotto rilevanti indagati dall’Autorità e, per quel che qui rileva, il mercato della messa a disposizione di spazi d’uso comune per lo svolgimento dell’assistenza handling.
Quanto all’abuso della posizione dominante, l’Agcm ha chiarito che, sotto il profilo normativo, i corrispettivi per l’utilizzo di spazi e infrastrutture aeroportuali strumentali alla fornitura dei servizi di handling e alle attività volative, per quel che qui rileva, sono stati definiti sulla base dei criteri regolatori stabiliti dal d. lgs. n. 18/1999 e dalla successiva delibera CIPE n. 86 del 4.8.2000. Fino al 1999, le tariffe dei gestori per le attività di assistenza a terra erano invece approvate in via ministeriale. Solo successivamente alla direttiva n. 96/67/CE - recepita in Italia con il d. lgs. n. 18/1999 - è stato liberalizzato il mercato dei servizi di assistenza a terra, consentendo ai gestori di ottenere un corrispettivo da parte degli handlers o da parte dei vettori in autoassistenza per l’utilizzo di infrastrutture e dei beni aeroportuali. E ciò tenendo conto dei costi di gestione e sviluppo dell’aeroporto.
In particolare, le mansioni di handling appartengono alle attività c.d.aviation (ossia strettamente volativa) elencate nell’allegato A del d. lgs. n. 18/1999 e si articolano nelle seguenti categorie: a) assistenza amministrativa a terra e supervisione; b) assistenza merci e posta; c) assistenza passeggeri; d) assistenza bagagli; e) assistenza operazioni; f) assistenza pulizia e servizi di scalo; g) assistenza carburante e olio; h) assistenza manutenzione dell’aereo; i) assistenza operazioni aeree; j) gestione degli equipaggi; k) assistenza trasporto a terra; l) assistenza ristorazione catering.
Lo svolgimento di attività non aviation non comprese nell’elenco del menzionato allegato è esclusa dall’ambito di applicazione della normativa. Ai vettori è attribuita la facoltà di compierle in autoproduzione o in regime di auto-assistenza a terra -exart. 2 lettera f), d. lgs. n. 18/1999, nella misura in cui “un utente fornisce direttamente a se stesso una o più categorie di servizi di assistenza e non stipula alcun contratto con terzi, sotto qualsiasi denominazione, avente per oggetto la prestazione dei servizi stessi” - ovvero di servirsi di società terze che svolgano le suddette attività. In quest’ultimo caso, si parla di vettori o utenti non in autopro- duzione esclusi, questi ultimi, dall’ambito di applicazione della normativa.
La messa a disposizione degli spazi e infrastrutture preposte allo svolgimento di tali attività è soggetta al pagamento di tariffe che devono essere determinate in conformità ai principi cristallizzati nell’art. 16, comma 3, direttiva n. 96/67/CE, che stabilisce che “qualora l’accesso agli impianti aeroportuali comporti la riscossione di un corrispettivo economico, questo sarà determinato in base a criteri pertinenti obiettivi, trasparenti e non discriminatori”. Nello stesso senso, l’art. 19, d. lgs. n. 18/1999, precisa che “nel caso in cui i servizi aeroportuali di assistenza a terra vengano forniti da un unico prestatore, le relative tariffe sono approvate dal Ministero dei trasporti e della navigazione, su proposta dell’Enac, in conformità alle previsioni di cui all’art. 1, legge n. 316/1991”, tenendo conto, tra l’altro, dell’esigenza di recupero di produttività nei confronti della media dei vettori comunitari. I criteri per la concreta determinazione dei corrispettivi sono stati indicati dalla delibera CIPE n. 86/2000, nella quale si prevedeva che la determinazione delle tariffe era rimessa ad appositi contratti stipulati dal singolo gestore (Sea) con l’Enac. Il primo di essi è stato stipulato solo nel 2012 - approvato con d.p.c.m. del 30.4.2012 e pubblicato sulla g.u. n. 172 del 25.7.2012 - e ha stabilito un corrispettivo poco più alto di Euro 300 mq/anno per il subaffitto degli uffici presso l’aeroporto di Malpensa.
All’Enac è stato attribuito un compito di controllo ex post sulla conformità dell’attività degli enti gestori a quanto previsto dal decreto (cfr. art. 10, d. lgs. n. 18/1999), controllo che ha esercitato mediante l’apertura di un’attività di verifica.
L’indagine è culminata con la nota del 2.10.2007, nella quale sono stati stabiliti, in via transitoria e fino all’efficacia del contratto di programma, i correttivi sui corrispettivi aeroportuali applicati su alcune categorie di beni, tra i quali gli uffici e magazzini. Con tale nota e per quanto qui rileva, Enac ha adottato una tariffazione di Euro 250 mq/anno per la concessione dell’uso di uffici in Malpensa al Terminal 1.
A seguito di richieste di revisione delle tariffe da parte di Sea, dovuto alle variazioni di traffico presso l’aeroporto di Malpensa, l’Enac ha autorizzato Sea ad aumentare la tariffa sui bagagli trattati nell’impianto BHS con nota del 3.7.2008. Il Tar Lombardia ha annullato tale ultima determinazione (cfr. sentenza n. 2384/2008), precisando che le tariffe devono essere stabilite in contraddittorio con i Comitati Utenti, anche alla luce dei dati di consuntivo.
Nonostante i sopra indicati obblighi di regolamentazione dei corrispettivi, Sea ha proceduto in via unilaterale alla loro determinazione, non orientata ai costi e con l’applicazione per la subconcessione di locali ad uso ufficio necessari per lo svolgimenti di attività aviation di com- pensi superiori a quelli applicati agli handlers- o meglio, ad alcuni handlers- sulla base della ritenuta natura commerciale di tali attività.
L’Agcm ha anche in proposito escluso che l’ampio margine tra i valori individuati da Enac a seguito dell’attività di vigilanza su quanto fatturato da Sea negli anni 2002 e 2008 possa in qualche modo essere imputato all’andamento dei costi variabili, esogeni alla tipologia del be- ne richiesto. Sea è stata pertanto sanzionata.
A seguito del provvedimento A377 dell’Agcm, Korean ha instaurato la presente controversia al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa degli abusi posti in essere da Sea, ovvero ai fini della restituzione delle somme indebitamente corrisposte.
Le pretese sono quindi articolate sotto un duplice profilo, contrattuale ed extracontrattuale. L’unica condotta illecita del gestore aeroportuale avrebbe una connotazione plurioffensiva, determinando un cumulo concorrente di titoli di responsabilità, aquiliana e negoziale.
    4. L’iniziativa dell’attore può essere definita c.d. quasi follow on, non avendo Korean partecipato direttamente al procedimento innanzi all’Agcm. L’attore ritiene comunque di poter beneficiare degli effetti probatori degli accertamenti ivi compiuti.
La tesi è corretta, poiché il provvedimento riguarda tutti gli operatori che, sotto il profilo sog- gettivo, rientrano tra quelli che posseggono i requisiti di cui all’art. 2, d. lgs. n. 18/1999.

Sea nega che la controparte sia dotata della qualifica soggettiva prescritta ai fini dell’applicazione dei corrispettivi regolamentati di cui al d. lgs. n. 18/1999, che non trova applicazione a qualsiasi soggetto ma solo ai prestatori di assistenza a terra (c.d.handlers) e ai vettori “in autoproduzione”, ovvero solo al soggetto che “fornisce direttamente a se stesso una o più categorie di servizi di assistenza e non stipula alcun contratto con i terzi, sotto qualsiasi denominazione avente ad oggetto la prestazione dei servizi stessi(cfr. art. 2, d. lgs. n. 18/1999).
Tali censure sono infondate.
Nel caso in esame l’istruttoria ha consentito di accertare che l’attore svolge la gestione diretta di servizi di assistenza a terra e di supervisione delle attività svolte da altri handlers sia nel settore passeggeri sia nel settore merci.
Dai documenti riversati in atti e dal tenore complessivo delle deposizioni rese dai testimoni risulta provato che nel periodo 2001 - 2014 il personale di terra alle dipendenze di Korean e presente negli uffici oggetto di causa abbia svolto attività di assistenza ai passeggeri e alle merci, in arrivo e in partenza, di gestione della documentazione del volo e di complessiva supervisione ai servizi di assistenza forniti da altre imprese specializzate.
In tale periodo hanno prestato attività:
    • nel settore passeggeri 1 responsabile ufficio, 2 addetti alle attività di check-in, 1 addetto al gate di imbarco, 1 addetto alla gestione rampa passeggeri e bagagli;
    • nel settore cargo (sino al 19.9.2006, Terminal 2) 1 capo scalo, 1 responsabile ufficio cargo e traffico, 1 responsabile della rampa cargo, 2 addetti alla gestione documentale e alla supervisione delle attività di gestione fisica della merce nei magazzini;
    • nel settore cargo (dal 20.9.2006, Terminal 1) 1 capo scalo , 1 responsabile ufficio cargo e traffico, 1 responsabile della rampa cargo, 3 addetti alla gestione documentale e alla supervisione delle attività di gestione fisica della merce nei magazzini.
Tutti i predetti dipendenti risultano avere la loro stabile postazione di lavoro negli uffici og- getto di causa, ove svolgono i compiti gestionali e operativi inerenti le attività sopra indicate. Sebbene Korean abbia delegato buona parte di tali attività a società terze, ne svolge comunque una parte apprezzabile in autoproduzione e comunque supervisiona tutte le attività delegate a terzi.
Korean ha inoltre scorporato dalle proprie richieste la porzione di spazi aeroportuali dedicata ad attività diverse, in particolare alla prenotazione di spazi merci sugli aeromobili.
Sea sottolinea che altri vettori aerei non svolgono alcuna attività, neppure di supervisione, all’interno di Malpensa, avendo scelto di ubicare i propri uffici al di fuori dell’aeroporto.
Parte convenuta sostiene che tali circostanze dimostrerebbero la non necessità - ma solo la maggior comodità - della disponibilità degli spazi oggetto di sub concessione, poiché sussiste- rebbero alternative disponibili del tutto alla portata degli operatori, che dunque avrebbero ef- fettuato la scelta degli spazi sulla base di valutazioni di carattere strettamente commerciale.
Il Collegio non condivide tale eccezione e ribadisce sul punto che tali argomentazioni non hanno effettivo rilievo nella fattispecie in esame.
La questione della sostituibilità di un bene o di un servizio in effetti assume rilievo solo nell’identificazione e determinazione del mercato rilevante ai fini della valutazione della posi- zione di effettiva dominanza da parte di un’impresa.
Nel caso di specie la dominanza di Sea deriva direttamente dalla sua posizione di esclusiva quanto alla gestione delle infrastrutture aeroportuali in esame - costituente dunque un mono- polio naturale - e in particolare rispetto alle attività aviation, dal 1999 aperte al libero accesso quanto alla prestazione dei servizi di assistenza a terra con l’ausilio delle infrastrutture messe a disposizione dal gestore aeroportuale.
Come già rilevato, è stato individuato in particolare lo specifico mercato relativo alla messa a disposizione di beni e spazi di uso comune e/o esclusivo necessari per lo svolgimento del ser- vizio di handling, delimitato geograficamente all’ambito degli aeroporti di Malpensa e di Li- nate ma la cui attività assume rilievo tale da incidere sugli scambi commerciali tra i paesi dell’UE.
Rispetto all’obbligo normativo di adeguare la commisurazione dei corrispettivi per l’utilizzazione di dette strutture ai costi sostenuti dal gestore, la condotta di Sea è stata ritenuta
inosservante di tale esigenza tanto da determinare come conseguenza l’applicazione di prezzi non equi ed eccessivamente onerosi da parte di un’impresa in posizione dominante.
In tale contesto la circostanza che singoli operatori abbiano rinunciato ad acquisire diretta- mente spazi operativi all’interno delle aree aeroportuali (i) non modifica in alcun modo il fon- damento della contestata condotta contraria agli obblighi comunitari addebitata al monopoli- sta legale (art. 102 TFUE), (ii) non giustifica il mancato rispetto da parte del medesimo - con- dotta rilevante anche sul piano strettamente contrattuale - delle indicazioni di legge quanto al- la congrua determinazione di detti corrispettivi né (iii) pare poter escludere la natura illecita del comportamento di Sea, che - secondo quanto attestato dall’Agcm - non ha provveduto a conformare i corrispettivi da essa imposti agli operatori aeroportuali ai propri costi, così ac- collando a essi canoni eccessivamente onerosi.
La determinazione unilaterale dei corrispettivi in esame - secondo schemi di condotta tipici del monopolista - non è stata evidentemente in alcun modo influenzata dal fatto che tali sog- getti potessero avvalersi di uffici esterni al sedime aeroportuale e dai prezzi relativi a detti spazi. Non è pertanto individuabile in ogni caso alcun effettivo rapporto di sostituibilità tra dette tipologie di uffici, né può ritenersi che le scelte organizzative della società attrice di svolgere direttamente dette attività (necessariamente) all’interno delle aree aeroportuali pos- sano essere sindacate in questa sede.
La posizione di monopolista di Sea e, in particolare, gli obblighi su di essa gravanti in tema di accesso ai beni e ai servizi forniti alla generalità degli utenti non attribuiscono alla stessa con- venuta la possibilità di discriminare la concessione o la misura dei corrispettivi ad autonome valutazioni circa l’effettiva necessità per un soggetto che svolge attività di assistenza a terra di svolgerla direttamente o di supervisionare le attività operative funzionali all’attività volativa, ancorchè la gestione di essi o di parte di essi sia stata in ipotesi affidata a soggetti terzi.
In conclusione l’attore risulta svolgere attività di assistenza a terra, nei termini sopra chiariti, ed è pertanto dotato della qualifica soggettiva per ottenere in sublocazione gli spazi necessari e funzionali a tali attività dietro un corrispettivo conforme ai principi stabiliti dalla direttivan.96/67/CE. Korean può quindi legittimamente invocare gli esiti degli accertamenti compiuti nel provvedimento A377 e giovarsi dell’efficacia probatoria privilegiata dello stesso.
    5. Per ragioni di economia processuale, atteso che le pretese di natura contrattuale e quelle di natura extracontrattuale sono state formulate in via alternativa, vengono qui indagate le prime, che si estendono a tutte le condotte sindacate da Korean e il cui accoglimento è idoneo ad as- sorbire tutte le altre domande dell’attore.
Come accennato, Korean sostiene che il carattere plurioffensivo dell’illecito antitrust avrebbe cagionato la contemporanea violazione delle sue posizioni soggettive non solo sul versante aquiliano ma anche quello negoziale.
L’analisi del Tribunale segue pertanto l’articolazione delle specifiche censure contrattuali, sia sotto il profilo della causa petendi (essendo lamentata la nullità per contrarietà a norme imperative delle tariffe applicate nonché la violazione dell’obbligo di buona fede e correttezza che incombe sui contraenti) sia sotto il profilo del petitum (essendo invocati sia il risarcimento del danno contrattuale sia la ripetizione dell’indebito).

        5.1. Il Collegio osserva in via generale che in questo caso la violazione della normativa anti- trust si è inserita nel quadro di un rapporto obbligatorio tra l’autore dell’illecito (Sea) e il danneggiato (Korean). In questa ipotesi, il soggetto che ha subito una tariffazione abusiva in virtù dell’illecito antitrust ha senz’altro a disposizione ulteriori mezzi di tutela di natura contrattuale, oltre che quelli aquiliani.
Tale cumulo di tutele è omogeneo ad un’interpretazione della normativa antitrust costituzionalmente orientata, che mira cioè ad allargare gli strumenti di tutela al fine di assicurare una sua più efficace ed efficiente applicazione.
E ciò anche alla luce della natura della normativa antitrust, che svolge un ruolo essenziale nella fissazione dei limiti della libertà d’iniziativa economica, in conformità alle previsioni generali dell’art. 41 Costituzione, fissando il perimetro di tale libertà in modo da elidere i rischi che si pongono in contrasto con l’utilità sociale, anche alla luce dei vincoli che nascono dall’appartenenza all’Unione Europea. La salvaguardia del corretto funzionamento del sistema concorrenziale costituisce uno degli strumenti essenziali per la realizzazione in concreto degli obiettivi solidaristici delineati nei Trattati Europei e nella Carta fondamentale.
Nel caso di specie si lamenta la violazione di norme imperative exartt. 1418 e 1419 c.c., in via cumulativa rispetto alla tutela extracontrattuale. Negare alla parte danneggiata dalla con- dotta antitrust la tutela (anche) negoziale si rivelerebbe una soluzione interpretativa in contrasto con l’art. 3 Costituzione. Ciò comporterebbe infatti una ingiustificata disparità di tratta- mento tra la (minore) tutela concessa alle parti di un negozio nullo exart. 1418 c.c. per contrarietà alla normativa antitrust e la (più ampia) protezione accordata dall’ordinamento a tutti i soggetti contraenti un negozio parimenti nullo ma a causa della violazione di norme imperative diverse da quelle antitrust. Solo in questa seconda ipotesi troverebbe infatti applicazione il più favorevole regime giuridico previsto per la responsabilità contrattuale, in particolare sui temi della prescrizione e della distribuzione degli oneri probatori.
La tutela negoziale è stata correttamente azionata poiché, come già rilevato sopra, l’abuso della posizione dominante da parte del gestore aeroportuale si è concretamente esplicato negativamente sulla sfera soggettiva dell’attore nella fase genetica del contratto, cagionando un as- setto degli interessi contrattuali contrari alle disposizioni imperative che reggono il sistema normativo sopra descritto.
        5.2. Quanto alla sussistenza della violazione, nelle cause civili per danni successive agli accertamenti dell’Autorità (c.d.follow on), sotto il profilo probatorio la giurisprudenza di legittimità ha attribuito efficacia di prova “privilegiata” al provvedimento sanzionatorio emesso all’esito della tutela del public enforcement (v., da ultimo, Cass. 9 maggio 2012, n. 7039), con riguardo all’autorevolezza dell’organo da cui promanano e agli strumenti e alle modalità di indagine poste in atto dalla medesimaAutorità.
Tale peculiare efficacia probatoria (ora vincolante a seguito del recepimento della direttiva n. 2014/104/UE) è limitata ad alcuni aspetti della fattispecie sottoposta al sindacato dell’autorità giudiziaria ovvero, in particolare, all’accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata nonché alla sua posizione di dominanza, alla sussistenza del comportamento abusivo e alla lesione del mercato. Tale valenza non si estende invece alla sussistenza dei danni, al nesso di causalità e alla quantificazione del risarcimento.
Qui dunque le valutazioni contenute nel provvedimento A377 dell’Agcm rispetto alla dominanza del gestore nel settore di riferimento e all’abuso per violazione della normativa antitrust vanno integralmente recepite, non essendo state superate dalla difesa di Sea, la quale ha per lo più ripetuto le tesi sostenute nel procedimento sanzionatorio e nei successivi giudizi svolti dinanzi al giudice amministrativo, senza aggiungere elementi effettivamente nuovi e rilevanti.

        5.3. Quanto alla natura delle disposizioni violate, si tratta di precetti di legge aventi forza imperativa, che obbligavano l’impresa in posizione di dominanza a praticare prezzi equi e non discriminatori. L’imperatività della normativa antitrust è posta a presidio dei principi di rango costituzionale di cui ai già citati artt. 2 e 41 Costituzione e cagiona, in caso di sua violazione, la nullità delle clausole contrattuali illecite exartt. 1418 o 1419c.c..
Tale grave conseguenza giuridica è ineludibile e non può essere fatta dipendere dai diversi effetti che si riverberano sul contratto, a seconda che lo stesso venga integralmente travolto ovvero se, in virtù del meccanismo di cui agli artt. 1339 c.c. e 1419, comma 2, c.c., sia conservato. Ove cioè la conservazione del contratto non possa essere assicurata, da ciò non se ne potrebbe derivare la conservazione integrale del contratto e il rigetto della domanda di nullità.
Nel caso in esame, la clausola nulla è senz’altro essenziale per l’assetto negoziale, stabilendo il corrispettivo a favore del gestore aeroportuale verso la concessione in affitto degli spazi dentro l’aeroporto, ed è dunque astrattamente idonea a fare cadere l’intero contratto.
Quanto all’invocata applicazione degli artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c., deve essere indagata l’ammissibilità della sostituzione delle clausole legali a quelle convenzionali nulle, con con- seguente possibile conservazione del contratto exart. 1419, comma 2, c.c.., in termini coerenti con il principio generale di conservazione del contratto e con la regola secondo la quale l’inefficacia della clausola abusiva non può andare a danno del soggetto che subisce l’abuso. Nel caso di specie sussiste il primo presupposto per l’accesso al rimedio di cui all’art. 1419, comma 2, c.c., ovvero la scindibilità della clausola nulla, qui contenente la pattuizione del corrispettivo spettante a Sea. Tale clausola è del pari essenziale in quanto inserita in un con- tratto a prestazioni corrispettive.
Può poi trovare applicazione il meccanismo sostitutivo previsto dall’art. 1339 c.c., che con- sente la conservazione del contratto e, al contempo, il suo riequilibrio a favore del contraente pregiudicato. Nel particolare settore oggetto di causa è peraltro propria questa la ratio delle norme di legge, così come ricostruita nell’accertamento compiuto dall’Agcm.
Il Tribunale è consapevole dell’orientamento talvolta espresso in alcuni (limitati) precedenti dalla Corte d’Appello di Milano, secondo il quale il criterio correttivo della sostituzione automatica sarebbe qui precluso, poiché tale rimedio può essere attivato solo in presenza di una riserva di legge che preveda le tariffe da sostituire alle disposizioni pattizie contrarie (cfr. sentenze n. 3539/2017 e n. 2041/2017, ma v., in senso opposto, sentenza n. 1964/2017).
Nonostante ciò, il Collegio ribadisce in proposito le valutazioni già espresse in casi analoghi in senso favorevole all’applicazione dell’art. 1339 c.c..
Si aderisce pienamente alla premessa del ragionamento giuridico della Corte d’Appello, a sua volta rispettoso delle indicazioni di principio fornite sul punto dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 30 luglio 2009, n. 17746): l’inserzione automatica di clausole prevista dall’art. 1339 c.c costituisce una restrizione significativa del diritto di libertà economica consacrato dall’art. 41 Cost. di cui è espressione l’autonomia privata, e deve quindi trovare il suo fondamento in una legge formale o in un altro atto avente valore di legge in senso sostanziale o da esso richiamato tra- mite rinvio integrativo.
Non si condivide invece l’ulteriore sviluppo argomentativo svolto nelle citate sentenze del giudice del gravame, secondo il quale le tariffe stabilite dalla nota dell’Enac non assurgerebbero a tale rango normativo.
Il Collegio osserva infatti che è proprio la richiamata interpretazione offerta dai giudici di legittimità (cfr. ancora Cass. 30 luglio 2009, n. 17746) a consentire in questo caso di applicare il rimedio conservativo previsto dall’art. 1339 c.c., trattandosi di tariffe previste da un atto ri- chiamato tramite rinvio integrativo dalle norme di legge (imperative) contenute nel d. lgs. n. 18/1999.

Anche l’interpretazione dottrinale è conforme a tale impostazione, ritenendo che il termine “legge” nell’art. 1339 c.c. comprende anche i regolamenti e i provvedimenti degli organi am- ministrativi ai quali la legge attribuisce il potere di statuire in materia di tariffe, fissando i re- lativi criteri di determinazione.
Sul punto si evidenzia innanzitutto che è una disposizione di legge di fonte primaria (d. lgs. n. 18/1999) che in concreto delega l’Enac alla determinazione delle tariffe oggetto di causa. L’art. 19 prevede in particolare che “nel caso in cui i servizi aeroportuali di assistenza a terra vengano forniti da un unico prestatore, le relative tariffe sono approvate dal Ministero dei trasporti e della navigazione, su proposta dell’Enac, in conformità alle previsioni di cui all’art. 1, legge n. 316/1991”. Inoltre, la disposizione testé citata recepisce a sua volta i principi della direttiva n. 96/67/CE che fissa i criteri per la determinazione del canone di locazione. L’art. 16, comma 3, prevede in particolare che “qualora l’accesso agli impianti aeroportuali comporti la riscossione di un corrispettivo economico, questo sarà determinato in base a criteri pertinenti obiettivi, trasparenti e non discriminatori”.
Pertanto la nota Enac del 2.10.2007 e l’accordo di programma Sea / Enac - recepito con
d.p.c.m. 30.4.2012 - intervengono in funzione di integrazione del dato normativo di livello primario che li richiama e sono a loro volta dotati della stessa efficacia della fonte primaria che contribuiscono a completare in termini di dettaglio.
In piena coerenza con i rilievi sin qui svolti, è possibile dare seguito alla sostituzione automa- tica delle clausole nulle art. 1339 c.c. con l’applicazione delle tariffe individuate nella nota Enac e nell’accordo di programma, con piena osservanza del principio di conservazione del contratto e della regola generale secondo la quale l’inefficacia della clausola abusiva non può andare a danno del soggetto che subisce l’abuso.
        5.4. L’inserimento del canone di legge nei rapporti contrattuali tra le parti determina l’obbligo a carico di Sea di restituzione delle somme riscosse indebitamente in eccesso in virtù della ci- tata clausola negoziale nulla.
    6. Sea ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da violazione antitrust, dei crediti di natura contrattuale e del diritto alla ripetizione dell’indebito.
La censura è parzialmente fondata.
        6.1. È nota la problematica questione della prescrizione in questa materia e, in particolare, quella dell’individuazione del momento in cui l’inerzia del titolare del diritto acquista signifi- cato rilevante, poiché di regola gli illeciti antitrust si realizzano attraverso condotte c.d. lungo- latenti, rispetto alle quali si verifica uno scollamento temporale tra il momento in cui l’illecito viene posto in essere e quello in cui la parte danneggiata ne viene a conoscenza.
Ciò accade non solo nelle ipotesi di intese ma anche nei casi di abuso di posizione dominante, dove l’illiceità della condotta dipende da molteplici circostanze, non tutte immediatamente note e intellegibili per il danneggiato (quali, ad esempio, i costi interni dell’impresa dominan- te e rispetto ai quali vanno valutate scelte di prezzi eventualmente non orientate ai costi).
Come noto, la disciplina della prescrizione non deve ledere il principio di effettività.
La Corte di Giustizia ha espressamente sottolineato che nel caso di infrazioni continuate e ripetute, come di norma accade nei casi di cartello tra imprese, se il computo del termine di prescrizione avesse inizio dal giorno in cui l’intesa o la pratica concordata è stata posta in essere si potrebbe determinare il rischio che il termine decorra per intero addirittura prima che sia cessata l’infrazione, con la conseguente estinzione dei diritti azionati (cfr. Corte di Giustizia UE, 13.7.2006, cause riunite da C-295/04 a C-298/04, Manfredi).
Ratione temporis il caso in esame non è regolato dalla recente direttiva n. 2014/104/UE in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust né dal d. lgs.
n. 3/2017 che ne assicurato il formale recepimento nell’ordinamento nazionale. Tali norme stabiliscono che il termine di prescrizione quinquennale non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e prima che l’attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza di tutti gli elementi necessari per eser- citare il diritto al risarcimento del danno: e dunque anche della natura illecita della condotta, del danno subito a causa dell’illecito e dell’identità del responsabile (cfr. artt. 8, d. lgs. n. 3/2007, e 10, direttiva n. 2014/104/UE).
Prima dell’entrata in vigore di tale testo normativo è noto che in sede interpretativa nazionale, anche di legittimità, si è ritenuto che per le intese, nelle cause c.d.follow on, l’inizio del com- puto della prescrizione per la generalità degli utenti e dei consumatori coincide con la data di pubblicazione del provvedimento sanzionatorio (cfr. Cass. 2 febbraio 2007, n. 2305). La Su- prema Corte, richiamato il quadro normativo di cui agli artt. 2934 e 2935 c.c., ha stabilito che la mera percezione della condotta anticompetitiva non è sufficiente per ritenere valutabile l’inerzia del danneggiato che non eserciti il diritto al risarcimento, quando manchi la consapevolezza anche dell’ingiustizia della perdita economica, quale conseguenza dell’illecito anti- concorrenziale.
Nell’ipotesi di abuso di posizione dominante e con riguardo ad imprese che operano nel medesimo settore di mercato, si è ritenuto che l’inizio del computo della prescrizione debba esse- re anticipato all’inizio dell’istruttoria innanzi all’Autorità, qualora si tratti di operatori che abbiano partecipato al procedimento (cfr. Tribunale di Milano sentenza n. 12043/2014).
In particolare, in altre cause di risarcimento del danno fondate sul provvedimento A377 contro Sea, il Tribunale ha fatto risalire il dies a quo al momento in cui l’abuso ha assunto rilevanza pubblica, ovvero in concomitanza all’avvio del procedimento davanti all’Autorità di vigilanza (v. Corte d’appello Milano, sentenza del n. 2041/2017).
Occorre in ogni caso considerare che, nelle ipotesi d’infrazione continuativa o ripetuta, il termine di prescrizione può iniziare a decorrere solo dopo che l’infrazione è cessata, poiché vi potrebbe altrimenti essere l’effetto paradossale dell’integrale decorso del termine di prescrizione ancora prima che l’illecito sia, appunto, cessato.

Nel caso in esame le domande dell’attore hanno ad oggetto somme indebitamente corrisposte nel periodo dal 1.1.2001 al 31.12.2014.
Il primo atto interruttivo della prescrizione coincide con la notifica dell’atto di citazione, intervenuta in data 27.2.2015.
Sea eccepisce la parziale prescrizione del credito, invocando l’applicazione del termine quinquennale previsto per i crediti risarcitori, con conseguente estinzione di tutti i relativi diritti sorti in epoca antecedente al 27.2.2010, anche nella ipotesi in cui si volesse applicare il criterio più favorevole per l’attore - che ha contribuito all’avvio del procedimento dinanzi all’Agcm - tenendo cioè conto della data di pubblicazione del provvedimento, avvenuta l’8.1.2009.
Il Collegio osserva che al momento della notifica dell’atto della citazione il termine di prescrizione risultava già maturato per le condotte anteriori al 27.2.2010. Il provvedimento sanzionatorio n. A377 dell’Agcm è stato infatti pubblicato in data 8.1.2009, momento in cui an- che i soggetti che non hanno partecipato al procedimento hanno avuto conoscenza legale di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito. La prescrizione per tali crediti risarcitori extracontrattuali è pertanto maturata in data 8.1.2014, tredici mesi prima della notifica dell’atto di citazione.
Ove si volesse invece attribuire rilevo alla data di avvio del procedimento (14.12.2006) o, addirittura, alla data di presentazione della segnalazione da parte di Korean (4.10.2006) la prescrizione sarebbe anticipata, rispettivamente, al 14.12.2011 o al 4.10.2011.
Per le condotte successive al 28.2.2010 invece tale fatto estintivo del credito non è si è perfezionato, poiché le relative condotte illecite sono state poste in essere entro il quinquennio anteriore all’azione e, dunque, per esse l’inerzia del titolare non si è protratta per il tempo necessario ai fini prescrizionali.
        6.2. Sea ha altresì eccepito la prescrizione dei crediti di natura contrattuale e il diritto alla ri- petizione dell’indebito, anteriori al12.3.2004.
L’eccezione è infondata
In forza dei principi sopra richiamati, si deve ritenere che la prescrizione decennale abbia iniziato a decorrere dalla data del provvedimento sanzionatorio - 8.1.2009 - ed è quindi evidente che non fosse ancora maturata al momento della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
Si giunge ad analoga conclusione anche adottando il criterio più favorevole a Sea, ovvero individuando il dies a quo nelle già ricordate date di avvio del procedimento innanzi all’Agcm o di presentazione della segnalazione all’Agcm da parte di Korean.
L’applicabilità della prescrizione decennale in questa tipologia di azioni si ricava del resto, come precisato nella recente pronuncia dell’Ufficio (Tribunale di Milano 26.10.2017, cit.):
    • dall’unico precedente di legittimità in tema, che ha ritenuto prospettabile una responsabilità precontrattuale in quanto concernente comportamenti strettamente correlati alle contrattazioni e agli assetti di interessi che caratterizzano la materia contrattuale, e che ha confermato il termine di prescrizione decennale nell’ipotesi d’illecito antitrust che abbia determinato a valle clausole negoziali abusive lamentate dal consumatore (cfr. Cass. 3 aprile 2013, n.8110);
    • dall’orientamento di legittimità secondo il quale alla responsabilità precontrattuale va applicato il termine di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c., trattandosi di responsabilità negoziale da “contatto sociale” (cfr. Cass. 12 luglio 2016, n.14188).

    7. È infondata la censura relativa alla pretesa irretroattività della tariffa indicata dall’Enac. Secondo la più autorevole dottrina le norme imperative destinate a sostituire le clausole difformi comportano la sostituzione anche se successive alla formazione del contratto.
In ogni caso, vanno richiamati gli ampi passaggi motivazionali di alcuni precedenti, anche recentissimi, di questo Tribunale e della Corte d’Appello di Milano (cfr. Corte d’Appello di Milano sentenza n. 4041/2017, Tribunale di Milano 26.10.2017), nei quali è stata respinta la tesi di Sea secondo la quale Enac non avrebbe considerato l’entità dei costi sostenuti dal gestore prima del 2005.
In particolare il Tribunale nel precedente più recente (cfr. sentenza del 26.10.2017, cit.) ha os- servato quanto segue.
“Non può sostenersi che l’applicazione della misura del canone stabilita dall’Enac con la circolare 2.10.2007 per i periodi anteriori darebbe luogo ad una pretesa retroattività di tali canoni, posto che la lettura integrata del provvedimento sanzionatorio A377 dell’Agcm insieme alle prescrizioni di detta circolare Enac consente di rilevare che Sea ha indebitamente applicato tariffe significativamente maggiorate per tutto il periodo 2002 - 2008 (v. punto 262 provvedimento Agcm) in violazione degli obblighi di legge su di essa incombenti di mantene- re il livello di detti canoni alle condizioni stabilite dalla legge, nonché dei generali doveri di correttezza su di essa incombenti ai sensi dell’art. 1175 c.c. La misura di Euro 250 mq/anno - accertata come congrua da Enac nel 2007 sulla base delle analisi svolte sulla gestione degli anni precedenti e confermata nel 2008 dallo stesso ente - appare quale attendibile parametro per la commisurazione del canone congruo anche per le annualità anteriori al 2007 pertinenti alle domande svolte dall’attrice nella presente causa.
La convenuta Sea ha contestato l’attendibilità di tale parametro ai fini della determinazione dell’entità del risarcimento del danno affermando che Enac (e l’Agcm) in realtà non avrebbe- ro considerato l’entità effettiva dei costi sostenuti dall’ente gestore per gli anni antecedenti al 2005 e dunque le variabili connesse agli investimenti registrati in tali annualità avrebbero portato a diminuire o azzerare tale preteso maggior costo addossato agli utenti per la con- cessione degli uffici.
Tali affermazioni contrastano in maniera stridente con il contenuto del provvedimento A377 dell’Agcm, nel quale vi è ampia esposizione delle acquisizioni documentali svolte nel corso della procedura ivi svolta nel contraddittorio tra le parti nonché della verifica dei presupposti delle determinazioni adottate da Enac con la menzionata nota del 2007 (v. in generale tut- to il capitolo V.III del provvedimento in questione). In questa sede appare del tutto sufficiente rilevare come l’autorità procedente abbia proceduto eseguendo un confronto a partire dall’1.1.2002 e per ciascun anno successivo tra i ricavi effettivamente realizzati da Sea mediante la messa a disposizione degli spazi e delle infrastrutture aeroportuali, nelle quantità oggettivamente richieste dagli utilizzatori e valorizzate sulla base dei corrispettivi richiesti, e i costi oggettivamente pertinenti l’esercizio delle medesime attività. Tale confronto ha avuto particolare importanza per ciò che attiene all’anno 2005, per la disponibilità di dati di bilancio validati da Enac sulla base della contabilità analitica di Sea certificata da società di revisione. Le valutazioni dell’Autorità al fine di accertare la mancata corrispondenza ai costi delle tariffe applicate da Seasi sono fondate sostanzialmente sull’analisi dei dati di contabilità analitica prodotti dall’odierna convenuta nell’ambito dell’istruttoria per il contratto di pro- gramma, dai valori individuati in quest’ultimo documento nonché dei risultati a cui è pervenuto Enac, ente regolatore del settore, a seguito delle istruttorie svolte nel corso del 2007, nell’ambito della propria attività di vigilanza ai sensi dell’articolo 10, d. lgs n. 18/1999.
In base a tali analisi l’Agcm ha confermato che il comportamento tenuto da Sea - che aveva applicato ai (soli) vettori cargo in autoproduzione canoni di subconcessione pari a circa il doppio rispetto a quelli applicati agli handler cargo, assunti quale benchmark del valore economico riferibile al servizio in questione - ha configurato una fattispecie di applicazione di prezzi non equi ed eccessivamente onerosi da parte di un’impresa in posizione dominante, in violazione dell’articolo 102 TFUE. Inoltre, anche rispetto a questo valore, Enac aveva individuato la necessità di una riduzione media per tutti gli spazi di circa il 20% per garantire un orientamento ai costi.
Ha quindi ritenuto la stessa Autorità garante, in conclusione, che “l’ampio margine tra il valore individuato da Enac, a seguito dell’attività di vigilanza svolta sulla base dei dati certificati 2005, e quanto fatturato da Sea anche per gli anni dal 2002 al 2008, non può essere imputato all’andamento di variabili, quali i costi e il traffico, in quanto totalmente esogene rispetto alla tipologia di bene richiesto (spazi ad uso ufficio)” (v. punto 250 provvedimento A377). Sulla base del complesso di tali valutazioni ritiene il giudicante che il corrispettivo di Euro 250 mq/anno per Malpensa e di Euro 256 mq/anno per Linate possa dunque ritenersi valore di riferimento utile anche al fine di determinare per gli anni precedenti al 2007 il limi- te del canone oggettivamente congruo rispetto ai costi sostenuti da Sea e comprensivo di un’adeguata remunerazione, anche in via equitativa sulla base degli elementi innanzi evidenziati.
In effetti l’analisi dei dati contenuti e menzionati nel provvedimento dell’Agcm fornisce un quadro di sostanziale uniformità di detti elementi di costo che non risultano registrare impennate o comunque significative modificazioni che possano ritenersi incidenti sul valore dei canoni relativi all’uso dei locali in questione per tutto il periodo compreso dalle domande risarcitorie svolte dalle parti. Peraltro non può non rilevarsi come la convenuta Sea, pur contestando che anche per gli anni precedenti alle analisi svolte da Enac sussisterebbe uno squilibrio tra costi e corrispettivi pari a quello che avrebbe determinato Enac nel 2007 alla determinazione del corrispettivo per gli uffici nella misura di Euro 250 mq/anno per Malpensa e di Euro 256 mq/anno per Linate, tuttavia ha omesso di fornire il benché minimo fondamento sia argomentativo che documentale a tale tesi, omettendo di produrre e indicare elementi di bilancio specifici (valori degli investimenti eseguiti nei vari anni, relazione specifica di essi con gli elementi determinanti il corrispettivo per la concessione in uso di uffici, ecc.) e di chiarire mediante quale procedimento valutativo detti corrispettivi erano stati invece determinati dal gestore in via autonoma. Appare evidente che in tale contesto nemmeno praticabile sarebbe l’ipotesi di dare corso in questa sede ad una consulenza contabile d’ufficio - peraltro nemmeno richiesta dalla convenuta - attesa la totale carenza di elementi sulla base dei quali procedere ad eventuali verifiche”(cfr. punto 9 della sentenza esaminata).
Tali osservazioni, applicabili anche al caso di specie, consentono dunque di superare la censura d’illegittima applicazione retroattiva delle tariffe litigiose.
    8. Sea sostiene che l’applicazione del corrispettivo indicato dall’Enac - Euro 250 mq/anno - debba essere limitata alla dimensione di 20 mq, che rappresenterebbe uno standard medio per l’uso di uffici di supporto ad attività aviation, mentre per gli spazi eccedenti a tale superficie sarebbero applicabile un prezzo libero di mercato. Parte convenuta aggiunge che era onere dell’attore attivarsi chiedendo che il corrispettivo “calmierato” venisse applicato a moduli più ampi di quello standard, ove ritenuto insufficiente per le proprie esigenze.
Tale censura è infondata alla luce della diversa valutazione espressa dall’Agcm, che ha ritenuto la condotta di Sea abusiva per tutti gli spazi operativi e non solo per una porzione degli stessi, valutazione che è stata confermata sia da questo Tribunale sia dal Giudice del gravame nei precedenti già citati.
Tale orientamento si fonda, in particolare, sulle chiare indicazioni fornite dall’Enac sul punto. L’ente di vigilanza non ha mai condiviso e supportato l’impostazione di Sea. Ed anzi, alla lu- ce delle proteste degli operatori, ha espressamente sollecitato Sea a considerare il criterio dei 20 mq solo quale parametro di riferimento medio, da rapportare in concreto alle esigenze effettive di ciascun utente e che derivano principalmente dal volume di traffico.
Come già rilevato sopra, nel caso in esame Korean ha fornito prova documentale e testimoniale della pianta organica e del numero di dipendenti effettivamente in servizio nel periodo oggetto di causa, nonché del fatto che le attività svolte rientravano nelle tipologie elencate dall’Allegato A del d. lgs n. 18/1999.
Non vi sono invece evidenze di sorta sulla circostanza che gli spazi ottenuti in affitto fossero eccessivi o sovradimensionati sotto il profilo funzionale rispetto alle attività sopra indicate. Come già sottolineato in casi analoghi, non appare neppure corretto che lo stesso gestore pos- sa in via autoritativa limitare l’estensione di tali spazi, facoltà che “avrebbe anche effetti indi- retti di aggiramento delle regole sui prezzi regolati” (cfr. sentenza n. 1964/2017).
In particolare, per quanto qui rileva, va rammentato che Korean occupava in virtù della subconcessione lo spazio complessivo di 160 mq, di cui 53 mq nel settore passeggeri, 77 mq nel settore cargo e ulteriori 30 mq per altre attività non operative. Tale ultima porzione di 30 mq non è stata conteggiata da Korean ai fini del calcolo del rimborso chiesto in questa sede, pro- prio in virtù della sua destinazione ad attività diverse da quelle di assistenza a terra.
A tali uffici risultano assegnati, rispettivamente, cinque e sei dipendenti. Nel settore cargo si è appurato che il capo scalo occupa un ufficio di 20 mq, consono alla sua funzione direttiva, mentre tutto il rimanente personale occupa uno spazio di c.ca 10 mq pro capite, come tale strettamente funzionale alle attività di assistenza e supervisione ivi svolte.
    9. Korean ha quantificato le somme ritenute indebitamente corrisposte al gestore, depositando un apposito conteggio. L’attore lamenta il pagamento indebito di Euro 207.829,83 per il periodo 1.1.2001 - 31.12.2014 e ha allegato tutte le fatture emesse da Sea, regolarmente pagate. Non vi sono contestazioni di Sea sul tema specifico dei conteggi. Ne consegue che il credito vantato da Korean deve essere integralmente riconosciuto.
Trattandosi di somme maturate a titolo d’indebito pagamento, sulle stesse decorrono gli interessi legali dalla corresponsione dei singoli ratei di canone sino alla restituzione effettiva.
    10. I rilievi sin qui illustrati sono del tutto assorbenti. Il meccanismo di cui agli artt. 1419 e 1339 c.c. consente di accordare all’attore integrale tutela delle proprie posizioni.
In ogni caso, come già osservato in altri precedenti dell’Ufficio in controversie analoghe contro Sea ugualmente fondate sul provvedimento n. A377 dell’Agcm, l’abuso di posizione dominante da parte del gestore aeroportuale si è concretamente esplicato negativamente sulla sfera soggettiva dell’attore, cagionando sin dalla fase delle trattative un assetto degli interessi contrattuali contrari alle disposizioni imperative che reggono il sistema normativo descritto.
La scelta di Sea di non orientare i canoni ai costi sopportati nella gestione e nello sviluppo delle infrastrutture aeroportuali - così come imposto dalla legislazione nazionale e comunitaria di natura imperativa - ha comportato una responsabilità precontrattuale del gestore.
L’art. 1337 c.c. deve essere infatti interpretato quale clausola generale che impone ai con- traenti di comportarsi in buona fede anche nella fase di formazione del contratto: la violazione di tale precetto è fonte di responsabilità, non solo nell’ipotesi di trattative interrotte ma, anche, quando il negozio sia stato concluso, ma con un assetto degli interessi in concreto pregiudizievoli per il contraente leale.
Sea ha invero omesso di tenere nella fase genetica del contratto una condotta imposta dai precetti di legge imperativi al fine di stabilire in misura congrua l’entità dei corrispettivi contrattuali e il cui rispetto avrebbe senz’altro condotto a cristallizzare le clausole negoziali censurate con un contenuto diverso.
Si deve in proposito richiamare l’orientamento di legittimità che, sulla scorta di consolidate posizioni dottrinali, dà rilevanza alla condotta scorretta nella fase delle trattative anche quando alle stesse segua la stipulazione di un contratto valido ma “pregiudizievole” per la parte vittima del comportamento scorretto (cfr. Cass. 29 settembre 2005, n. 19024).
E proprio nella materia antitrust, pur senza accedere in definitiva ad un’interpretazione univo- ca della natura delle anomalie riscontrate in contratti stipulati dall’impresa che abusa della sua posizione dominante, la Suprema Corte ha avuto modo di osservare che si tratta in tale ipotesi di illecito “presumibilmente assimilabile ad una fattispecie di responsabilità precontrattuale” (cfr. Cass. 3 aprile 2013, n. 8110/2013) i cui effetti negativi si riverberano sul contratto, viziandolo.
Per altro verso appare fondata la doglianza di violazione degli obblighi di protezione e conservazione della sfera giuridica altrui, governato dall’“imperativo della buona fede” che impone di osservare specifici comportamenti, in primis l’obbligo di proteggere la sfera giuridica altrui.
La violazione di tali precetti consentirebbe dunque anche per altra via alla parte danneggiata di ottenere il riequilibrio patrimoniale attraverso il rimedio risarcitorio, qui in concreto non concesso poiché viene accolta la domanda restitutoria svolta in via alternativa.
    11. Tutte le pretese dell’attore trovano integrale accoglimento nell’ambito della tutela negoziale per nullità parziale della clausola sulle tariffe.
Rimane pertanto integralmente assorbita ogni possibile valutazione in tema di abuso di dipendenza economica, disciplinato dall’art. 9, legge n. 192/1998, poiché non residuano pregiudizi ulteriori rispetto a quelli ristorati attraverso l’applicazione degli artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c..
    12. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, deve essere accolta la domanda contrattuale di Korean di dichiarazione della nullità parziale per contrarietà a norme imperative delle clausole negoziali contenute nei contratti stipulati con Sea, nella parte in cui tali clausole han- no stabilito corrispettivi di subconcessione superiori all’importo di Euro 250 mq/anno fissato nella nota Enac e di Euro325/334mq fissato nel contratto di programma recepito con d.p.c.m. 30.4.2012.
In forza dell’effetto automatico di sostituzione delle predette clausole con l’importo indicato nelle tariffe stabilite nella nota Enac e nel contratto di programma, la convenuta deve essere condannata alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte da Korean, pari a Euro 207.829,83 per il periodo 1.1.2001 - 31.12.2014.
Su tali importi decorrono gli interessi legali dal pagamento dei singoli ratei sino al saldo effettivo.
Restano assorbite tutte le altre domande svolte in via alternativa dall’attore.
    13. Rimangono da esaminare le domande svolte in via riconvenzionale da Sea, che risultano destituite di fondamento.
Sul punto è sufficiente rilevare che nel contratto del 2010 le parti si sono limitate a subordina- re la corresponsione degli incentivi alla regolarità del pagamento dei canoni di locazione dovuti da Korean per gli spazi in subconcessione.
Nel successivo accordo del 2013 Korean ha soltanto dichiarato di accettare e ritenere equilibrato (“balanced”) il nuovo schema tariffario definito nel contratto di programma del 2012, di cui peraltro chiede in questa sede la corretta applicazione.
Non vi è pertanto stata alcuna acquiescenza, validazione o rinuncia da parte di Korean, né per il periodo antecedente al 23.3.2012 né tantomeno per il periodo successivo all’entrata in vigo- re dell’accordo di programma. Vi è invece stata la scelta unilaterale di Sea di invocare -senza fondamento giuridico - un’interpretazione restrittiva del contratto di programma, sotto il pro- filo già ricordato della applicazione di una misura media fissa per gli uffici, pari a 20 mq.
    14. Le spese sono liquidate secondo il criterio della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
PQM
Il Tribunale di Milano, pronunciando in via definitiva nella causa fra le parti di cui in epigrafe, disattesa ogni altra domanda ed eccezione:
    • accerta e dichiara il diritto di Korean Airlines di avere applicata da Sea s.p.a. la tariffa di Euro 250.00 mq/anno per il periodo dall’1.1.2001 al 22.9.2012 e di Euro 325 / 334 mq/anno per il periodo dal 23.9.2012 al 31.12.2014 per la subconcessione di uffici nello spazio aeroportuale di Malpensa;
    • accerta e dichiara la nullità per contrarietà a norme imperative - ossia degli obblighi imposti dagli artt. 16, comma 3, direttiva n. 96/677/CE e 10, d. lgs. n. 18/1999 - delle tariffe negozialmente pattuite tra Korean Airlines e Sea s.p.a. oggetto di lite;
    • dà atto della sostituzione automatica exartt. 1419, comma 2, e 1339 c.c. delle tariffe convenzionali nulle con quelle sopra indicate ratione temporis di Euro 250,00 mq/anno e di Euro 325 / 334 mq/anno e per l’effetto
    • condanna Sea s.p.a. alla restituzione in favore di Korean Airlines delle somme indebitamente percepite e quantificate nell’importo complessivo di Euro 207.829,83, oltre interessi legali dal pagamento dei singoli ratei sino alla restituzione effettiva;
    • respinge le domande riconvenzionali svolte da Sea s.p.a. nei confronti di Korean Airlines;
    • condanna Sea s.p.a. al rimborso in favore di Korean Airlines delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 24.518,00, di cui Euro 1.518,00 per spese, Euro 20.000,00 per compenso delle prestazioni professionali forensi ed Euro 3.000,00 per rimborso forfettario delle spese generali, oltre Iva e Cp se e per quanto dovute e spese di registrazione.
Così deciso in Milano l’1 marzo 2018.

Il presidente  - dott. Claudio Marangoni

Il giudice estensore  - dott. Pierluigi Perrotti




 

 

 

 
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
SEZIONE A


in persona dei magistrati:
    • dott. Claudio MARANGONI  - presidente
    • dott.ssa Alessandra DAL MORO  - giudice
    • dott. Pierluigi PERROTTI  - giudice estensore
ha pronunciato la seguente

 


SENTENZA
 

nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con atto di citazione notificato il 27.2.2015

 

 

DA
 

KOREAN AIRLINES
rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Giordano e Caterina Mele, come da delega a mar- gine dell’atto di citazione del 26.2.2015, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Milano - via Ariberto, 22

 


-ATTORE-
 

 

CONTRO


SEA S.P.A.
rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Fumagalli, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta depositata in data 9.6.2015, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Milano - via San Vittore, 40

 


-CONVENUTO-


CONCLUSIONI DELLE PARTI
per Korean Airlines
    1) respingere le eccezioni di prescrizione e nullità sollevate da Seas.p.a.;
    2) respingere la domanda riconvenzionale di Sea s.p.a. e condannare la stessa al risarcimento per responsabilità aggravata exart. 96 c.p.c., come indicato in atti;
    3) accertare e dichiarare il diritto dell’attore ad avere applicata da Sea s.p.a., per la subconcessione degli spazi utilizzati per attività operativa, la tariffa di Euro 250/mq/anno, sino al 22.9.2012 e, a partire dal 23.9.2012, la tariffa indicata dal contratto di programma Enac/Sea s.p.a. del 2012, come da conteggi in atti;
    4) accertare e dichiarare che Sea s.p.a. ha applicato ed applica all’attore una tariffa per la subconcessione di spazi operativi, che viola gli obblighi ad essa imposti dall’art. 16, comma 3, direttiva n. 96/67/CE e dal d. lgs. n. 18/1999 di recepimento della direttiva;
    5) accertare e dichiarare che Sea s.p.a. ha applicato ed applica all’attore una tariffa per la subconcessione di spazi uso ufficio operativo abusiva e discriminatoria in violazione degli artt. 2597 c.c., 102 del TFUE e 9, legge n.192/1998;
    6) accertare la nullità della tariffa dalla Sea s.p.a. unilateralmente imposta all’attore per la subconcessione di uffici operativi, in violazione della direttiva n. 96/67/CE, del d. lgs. n. 18/1999, dell’art. 2597 c.c., dell’art. 102 del TFUE e dell’art. 9, legge n. 192/1998, per la parte eccedente la tariffa indicata da Enac di Euro 250/mq/anno, e, dal 23.9.2012, ec- cedente la tariffa indicata dal contratto di programma del 2012 Enac/Sea s.p.a., come da conteggi in atti;
    7) accertare la violazione da parte di Sea s.p.a. degli obblighi derivanti dalla integrazione, ai sensi degli artt. 1339 e 1374 c.c., del contratto in essere tra le parti per la messa a di- sposizione di uffici operativi in ambito aeroportuale, nonché di quelli di correttezza e buona fede sulla medesima Sea s.p.a. incombenti, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., in combinato disposto con l’art. 1374c.c.;
    8) condannare la Sea s.p.a., in conseguenza delle accertate violazioni, a restituire all’attore, a titolo di indebito oggettivo e/o di risarcimento del danno contrattuale e/o extracontrattuale e, in estremo subordine, di ingiustificato arricchimento, le somme di:A)Euro 30.416,92 per l’ufficio passeggeri dello scalo di Malpensa, nel periodo dal 1.1.2009 al
31.12.2014, come da conteggi in atti;B)Euro 177.412,91, per l’ufficio merci dello sca- lo di Malpensa, nel periodo dal 1.1.2001 al 31.12.2014, come da conteggi in atti, quale differenza tra la tariffa, anno per anno, applicata da Sea s.p.a. e la tariffa indicata da Enac di Euro 250/mq/anno, e, dal 23.9.2012, la tariffa indicata dal contratto di pro- gramma Enac/Sea s.p.a. del 2012, come da conteggi in atti e per i motivi esposti negli atti causa, maggiorate dette somme degli interessi legali come per legge, da conteggiarsi dalla data di ciascun pagamento, stante la mala fede del percipiente, con riserva di ri- chiedere in separato giudizio le somme maturate dopo il 31.12.2014;
    9) con vittoria di spese, competenze ed onorari.

per Sea s.p.a.
in via principale e nel merito
    1) rigettare tutte domande proposte nei confronti di Sea s.p.a. in quanto nulle, prescritte e comunque infondate in fatto e diritto;
in via riconvenzionale
    2) annullare ovvero dichiarare la risoluzione dei contratti stipulati da Sea s.p.a. e Korean Airlines nel 2010 e nel 2013 e aventi ad oggetto l’erogazione di incentivi economici di cui ai docc. 11-12 del fascicolo di Sea s.p.a. e, per l’effetto condannare Korean Airlines alla restituzione degli importi alla medesima versati da Sea s.p.a. in forza di quegli ac- cordi per il complessivo importo di Euro 800.023,26, oltre interessi e rivalutazione ov- vero la diversa somma che dovesse risultare in corso dicausa;
in via riconvenzionale subordinata
    3) accertare la violazione da parte di Korean Airlines degli obblighi di correttezza e buona fede sulla medesima incombenti ex artt. 1175 e 1375 c.c. in combinato disposto con l’art. 1374 c.c. e, conseguentemente, condannare Korean Airlines alla restituzione in fa- vore di Sea s.p.a., a titolo di indebito oggettivo e/o di risarcimento del danno contrattua- le e/o extracontrattuale e, in estremo subordine, di ingiustificato arricchimento, delle somme versate da Sea s.p.a. in forza dei contratti stipulati con Korean Airlines nel 2010 enel 2013 e aventi ad oggetto l’erogazione di incentivi economici di cui ai docc.11-12
del fascicolo di Sea s.p.a., per il complessivo importo di Euro 800.023,26, oltre interessi e rivalutazione ovvero la diversa somma che dovesse risultare in corso di causa ovvero determinata in via equitativa dal giudice;
in via istruttoria
    4) senza alcun inversione dell’onere della prova Sea s.p.a. insiste per l’ammissione dei capitoli di prova già indicati negli atti di causa;
    5) il giudice voglia disporre ex artt. 213 ovvero 210 c.p.c. l’acquisizione da Enac della documentazione da questi utilizzata nell’istruttoria sui corrispettivi applicati da Sea s.p.a., in particolare quella relativa al corrispettivo per gli spazi ad uso esclusivo (uffici) ogget- to della presente causa, e che ha condotto all’emanazione della nota Enac prot. n. 51310/DIRGEN/DG del 2.10.2007 e di quella prot. n. 42065/DIRGEN/CEC del 2.7.2008;
in ogni caso
    6) con vittoria di spese e competenze del giudizio.

 

 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

 

    1. Con atto di citazione notificato in data 27.2.2015 Korean Airlines (di seguito Korean) con- veniva in giudizio Sea s.p.a. ed esponeva di svolgere la supervisione delle attività di handling e di gestione in autoproduzione di servizi di assistenza a terra nei settori passeggeri e merci presso l’aeroporto di MilanoMalpensa.
Sea s.p.a. era il gestore degli spazi aeroportuali di Milano Malpensa e di Milano Linate. Korean aveva ricevuto in subconcessione dalla convenuta dei locali ad uso ufficio presso l’aeroporto di Malpensa, funzionali allo svolgimento esclusivo delle predette attività operative di assistenza. Sea aveva applicato tariffe abusive e discriminatorie, in violazione degli obblighi imposti dagli artt. 16, comma 3, direttiva n. 96/67/CE, e 10, d. lgs. n. 18/1999, di recepimento della stessa direttiva.
Tale condotta costituiva un abuso di posizione dominante nel mercato di riferimento nonché una pratica discriminatoria rispetto al trattamento tariffario riservato ad altri operatori aeroportuali. Sea era già stata sanzionata da parte dell’Agcm con il provvedimento A377 dell’8.1.2009, n. 19189, confermato in sede di sindacato amministrativo.
Richiamando l’efficacia probatoria di tale provvedimento, lamentava la nullità della tariffa applicata poiché superiore all’importo corretto di Euro 250 mq/anno per gli uffici in uso agli handlers presso l’aeroporto di Malpensa, così determinato dall’Enac con nota prot. n. 61310/dirgen/dg del 2.10.2007 (di seguito, per brevità, nota Enac).
In data 23.9.2011 Sea ed Enac avevano stipulato il contratto di programma, approvato e rece- pito con d.p.c.m. del 30.4.2012, pubblicato sulla g.u. n. 172 del 25.7.2012 ed efficace a far data dal 23.9.2012 (exart. 3, comma 2), nel quale era stata fissata per la medesima tipologia di spazi la tariffa di Euro 325 / 334 mq/anno. Anche dopo l’entrata in vigore del contratto di programma il canone di subconcessione applicato da Sea era rimasto ampiamente superiore ai predetti limiti.
Korean invocava la conseguente caducazione exart. 1419 c.c. della relativa clausola e la sostituzione automatica exart. 1339 c.c. del canone a tariffa corretta rispetto quello determinato in via pattizia.
Sotto il profilo contrattuale contestava anche la violazione da parte di Sea degli obblighi di buona fede e correttezza prescritti dagli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c..
Concludeva chiedendo l’accertamento delle violazioni sopra indicate, con la condanna di Sea alla restituzione dei maggiori importi percepiti per il periodo 1.1.2001 - 31.12.2014 a titolo di indebito oggettivo e/o di risarcimento del danno contrattuale e/o extracontrattuale, ovvero, in estremo subordine, di ingiustificato arricchimento, pari alla somma di Euro 207.829,83, oltre interessi.
Sea si costituiva con comparsa depositata in data 9.6.2015.
Evidenziava che Korean era un vettore aereo che non aveva mai svolto attività di assistenza a terra ed era quindi estranea all’ambito soggettivo di applicazione della normativa indicata. Non era un handler, come invece richiesto dal d. lgs. n. 18/1999, e non aveva quindi alcun titolo per invocare l’applicazione di tale particolare disciplina.
Contestava l’esistenza di qualsiasi condotta discriminatoria nonché di ogni ipotetico abuso di posizione dominante e/o di dipendenza economica. Negava inoltre l’applicabilità al caso di specie degli artt. 1339 e 1375 c.c..
Rilevava l’incompletezza della documentazione allegata da Korean a supporto delle proprie pretese, evidenziando la mancanza di numerose fatture. Korean aveva spesso effettuato i pagamenti in ritardo e non vi era prova della data in cui erano stati effettuati.
Eccepiva la prescrizione del credito risarcitorio azionato da Korean per tutte le somme versate prima del 27.2.2010, ovvero oltre il termine quinquennale exart. 2947 c.c., decorrente a ritro- so dalla data di proposizione della domanda giudiziale, introdotta con atto di citazione notifi- cato il 27.2.2015.
Sea e Korean avevano stipulato nel 2010 e nel 2013 due accordi che prevedevano l’erogazione da parte di Sea di importanti incentivi economici - c.ca 800.000 Euro - a fronte del mantenimento e dell’aumento da parte della compagnia coreana delle rotte sullo scalo di Malpensa. La corresponsione di queste somme era condizionata al puntuale pagamento dei canoni dovuti da Korean per la sub concessione degli uffici e con l’espresso riconoscimento - quanto meno nel contratto del 2013 - della correttezza dei criteri di determinazione del relati- vo sistema tariffario.
Nel caso di accoglimento delle domande dell’attore, tali contratti sarebbero stati viziati da er- rore essenziale e/o da un’evidente squilibrio poiché basati anche sull’espresso riconoscimento della legittimità delle tariffe praticate da Sea. Era comunque evidente la malafede contrattuale di Korean, con obbligo - in ogni caso - di integrale restituzione di tutte le somme ricevute a titolo di incentivo.
Concludeva chiedendo il rigetto di tutte le domande dell’attore e, in via riconvenzionale, l’annullamento o la risoluzione dei contratti Sea - Korean del 2010 e del 2013, o l’accertamento della violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, con la condanna dell’attore alla restituzione del complessivo importo di Euro 800.023,26, a titolo di indebito oggettivo, di risarcimento del danno e/o di ingiustificato arricchimento, oltre interessi.
Nel corso del processo venivano sentiti come testimoni Massimo Cusatis, Paolo Dallanoce, Hyun Ju Sung, Jung Hye Shin e Paolo Toselli.
Esaurita l’istruzione della causa, le parti precisavano le conclusioni all’udienza del 29.11.2017.
    2. Seguendo l’ordine logico delle questioni sottoposte all’esame del Collegio, occorre esami- nare, in primo luogo, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata da Sea per la prima volta negli scritti difensivi finali.
Parte convenuta richiama una recente pronuncia del giudice di legittimità che determinerebbe la necessaria devoluzione della controversia alla cognizione del giudice amministrativo (v. Cass. Sezioni Unite, ordinanza 31 maggio 2017, n. 13723).
La Suprema Corte ha ritenuto sottratte al giudice ordinario le controversie relative a corrispettivi determinati in base alle tariffe stabilite dalle società titolari della gestione di servizi, in relazione alla loro natura di organismi di diritto pubblico e alle finalità alle stesse connesse. Il giudice ordinario sarebbe pertanto privo di giurisdizione nella presente causa, in quanto avente ad oggetto i corrispettivi richiesti dal gestore aeroportuale agli operatori e la contestazione della violazione della normativa di settore (direttiva n. 96/96/CE, d. lgs. n. 18/1999, delibere Cipe e note Enac).
L’eccezione è infondata.
A differenza del precedente specifico nell’ambito del quale la Cassazione ha reso la sopra ri- cordata pronuncia, la presente controversia ha ad oggetto solo domande devolute alla cogni- zione del giudice ordinario.
Si possono in proposito richiamare i passaggi motivazionali di una recente pronuncia resa da questo stesso Tribunale (v. Tribunale di Milano 26.10.2017, Pres. est. Marangoni), secondo la quale, in particolare, le domande di risarcimento del danno cagionato dalla violazione della normativa antitrust dell’Unione Europea e di quella nazionale di cui all’art. 33, comma 2, leg- ge n. 287/90, sono assegnate alla cognizione delle Sezioni specializzate in materia di impresa (exart. 3, comma 1 lettere c) e d), d. lgs. n. 168/2003 e art. 33, comma 2, legge n. 287/1990). Quanto alle domande contrattuali, esse si basano sulla pretesa violazione di norme imperative, di obblighi di buona fede e di protezione dell’altro contraente. Tali richieste risarcitorie e re- stitutorie non implicano alcuna determinazione delle tariffe o del corrispettivo richiesto dal concessionario Sea per la subconcessione degli spazi ad uso ufficio.
Il sindacato sulla determinazione di tali tariffe è stato peraltro già esercitato dal giudice amministrativo, in seguito a specifici ricorsi di Sea aventi ad oggetto le decisioni adottate dall’Enac e dall’Agcm.
L’indagine sulle tariffe contestate in questa sede è del resto solo incidentale, venendo recepite le valutazioni già espresse in sede di public enforcement, con decisione definitiva e conferma- ta dai giudici amministrativi.

    3. Passando al merito, la presente lite segue il provvedimento Agcm n. A377 dell’8.1.2009 che ha accertato, tra l’altro, che Sea - monopolista legale nella gestione delle infrastrutture aeroportuali negli scali di Malpensa e Linate - nel mercato che qui rileva ha tenuto comporta- menti abusivi exart. 102 TFUE per i quali è stata sanzionata. La decisione è stata confermata dal giudice amministrativo.
In particolare, in merito alle questioni che risultano oggetto della presente controversia, l’abuso di posizione dominante da parte di Sea è stato ritenuto contrario all’art. 82 del Trattato CE “consistente nella applicazione di corrispettivi non equi ed eccessivamente onerosi nel mercato della messa a disposizione di beni ad uso comune ed esclusivo per lo svolgimento delle attività di handling cargo”.
L’Agcm ha accertato tutti gli elementi costitutivi dell’illecito antitrust.
Sono qui di seguito riportati i passaggi più rilevanti del quadro delineato dall’Autorità, così come già ampiamente ripresi in precedenti pronunce di questo stesso Tribunale e dalla Corte d’Appello di Milano in analoghe cause di danni fondate sul medesimo provvedimento A377 (cfr. in particolare le sentenze Tribunale di Milano n. 3932/2015, Corte d’Appello di Milano n. 2561/2017 e Tribunale di Milano n. 15054/2014).
Quanto al mercato rilevante l’Agcm in particolare ha ritenuto che i beni a uso esclusivo facenti parte delle infrastrutture aeroportuali (cioè quei beni definiti a uso frazionabile e che attengono all’attività di handling in quanto comprendenti anche uffici indispensabili per l’esercizio di tali attività, cfr. punti n. 63 - 65 del provvedimento) sono intrinsecamente non sostituibili con altri beni dislocati in altre aree, esterne all’aeroporto. Essi individuano e distinguono uno specifico e distinto mercato merceologico. La dimensione geografica del mercato di tale prodotto coincide con gli spazi degli aeroporti stessi (punti da n. 65 a n. 69 del provvedimento A/377). In particolare l’aeroporto di Malpensa, che esaurisce in sé la dimensione geografica del mercato rilevante, costituisce parte sostanziale del mercato comune.
I soggetti coinvolti nelle condotte di Sea sono anche imprese di livello internazionale presenti su più mercati nazionali e le pratiche censurate sono idonee ad incidere sugli scambi commerciali tra i paesi dell’UE, ai sensi dell’art. 102 TFUE.
L’infrastruttura aeroportuale presenta elementi tali da potere essere configurata come mono- polio naturale (concorrendo a tale qualificazione la sussistenza di elevatissimi costi d’investimenti, la presenza di rilevanti economie di scala e di diversificazione che determina- no una funzione di costi sub-additiva). L’infrastruttura aeroportuale si compone di beni e infrastrutture strumentali alle operazioni di volo (piste, rampe di atterraggio, piazzole di sosta), di beni e infrastrutture strumentali alle operazioni di assistenza a passeggeri e aeromobili(loading bridge, sistemi di stoccaggio carburante, ecc.) e di spazi ulteriori definiti commerciali.
L’attività aeroportuale si distingue in attività aviation, relativa alle operazioni di volo e ai ser- vizi ad esse collegati (ad es. attività di handling) e attività non aviation, relative a servizi commerciali offerti ai passeggeri all’interno degli aeroporti.
Quanto alla posizione di dominanza, l’Agcm ha evidenziato che Sea è concessionaria esclusi- va sino al 2041 per la gestione unitaria degli aeroporti di Malpensa e di Linate e detiene dunque il monopolio legale delle infrastrutture aereoportuali di tali scali. Riveste posizione dominante su tutti i mercati di prodotto rilevanti indagati dall’Autorità e, per quel che qui rileva, il mercato della messa a disposizione di spazi d’uso comune per lo svolgimento dell’assistenza handling.
Quanto all’abuso della posizione dominante, l’Agcm ha chiarito che, sotto il profilo normativo, i corrispettivi per l’utilizzo di spazi e infrastrutture aeroportuali strumentali alla fornitura dei servizi di handling e alle attività volative, per quel che qui rileva, sono stati definiti sulla base dei criteri regolatori stabiliti dal d. lgs. n. 18/1999 e dalla successiva delibera CIPE n. 86 del 4.8.2000. Fino al 1999, le tariffe dei gestori per le attività di assistenza a terra erano invece approvate in via ministeriale. Solo successivamente alla direttiva n. 96/67/CE - recepita in Italia con il d. lgs. n. 18/1999 - è stato liberalizzato il mercato dei servizi di assistenza a terra, consentendo ai gestori di ottenere un corrispettivo da parte degli handlers o da parte dei vettori in autoassistenza per l’utilizzo di infrastrutture e dei beni aeroportuali. E ciò tenendo conto dei costi di gestione e sviluppo dell’aeroporto.
In particolare, le mansioni di handling appartengono alle attività c.d.aviation (ossia strettamente volativa) elencate nell’allegato A del d. lgs. n. 18/1999 e si articolano nelle seguenti categorie: a) assistenza amministrativa a terra e supervisione; b) assistenza merci e posta; c) assistenza passeggeri; d) assistenza bagagli; e) assistenza operazioni; f) assistenza pulizia e servizi di scalo; g) assistenza carburante e olio; h) assistenza manutenzione dell’aereo; i) assistenza operazioni aeree; j) gestione degli equipaggi; k) assistenza trasporto a terra; l) assistenza ristorazione catering.
Lo svolgimento di attività non aviation non comprese nell’elenco del menzionato allegato è esclusa dall’ambito di applicazione della normativa. Ai vettori è attribuita la facoltà di compierle in autoproduzione o in regime di auto-assistenza a terra -exart. 2 lettera f), d. lgs. n. 18/1999, nella misura in cui “un utente fornisce direttamente a se stesso una o più categorie di servizi di assistenza e non stipula alcun contratto con terzi, sotto qualsiasi denominazione, avente per oggetto la prestazione dei servizi stessi” - ovvero di servirsi di società terze che svolgano le suddette attività. In quest’ultimo caso, si parla di vettori o utenti non in autopro- duzione esclusi, questi ultimi, dall’ambito di applicazione della normativa.
La messa a disposizione degli spazi e infrastrutture preposte allo svolgimento di tali attività è soggetta al pagamento di tariffe che devono essere determinate in conformità ai principi cristallizzati nell’art. 16, comma 3, direttiva n. 96/67/CE, che stabilisce che “qualora l’accesso agli impianti aeroportuali comporti la riscossione di un corrispettivo economico, questo sarà determinato in base a criteri pertinenti obiettivi, trasparenti e non discriminatori”. Nello stesso senso, l’art. 19, d. lgs. n. 18/1999, precisa che “nel caso in cui i servizi aeroportuali di assistenza a terra vengano forniti da un unico prestatore, le relative tariffe sono approvate dal Ministero dei trasporti e della navigazione, su proposta dell’Enac, in conformità alle previsioni di cui all’art. 1, legge n. 316/1991”, tenendo conto, tra l’altro, dell’esigenza di recupero di produttività nei confronti della media dei vettori comunitari. I criteri per la concreta determinazione dei corrispettivi sono stati indicati dalla delibera CIPE n. 86/2000, nella quale si prevedeva che la determinazione delle tariffe era rimessa ad appositi contratti stipulati dal singolo gestore (Sea) con l’Enac. Il primo di essi è stato stipulato solo nel 2012 - approvato con d.p.c.m. del 30.4.2012 e pubblicato sulla g.u. n. 172 del 25.7.2012 - e ha stabilito un corrispettivo poco più alto di Euro 300 mq/anno per il subaffitto degli uffici presso l’aeroporto di Malpensa.
All’Enac è stato attribuito un compito di controllo ex post sulla conformità dell’attività degli enti gestori a quanto previsto dal decreto (cfr. art. 10, d. lgs. n. 18/1999), controllo che ha esercitato mediante l’apertura di un’attività di verifica.
L’indagine è culminata con la nota del 2.10.2007, nella quale sono stati stabiliti, in via transitoria e fino all’efficacia del contratto di programma, i correttivi sui corrispettivi aeroportuali applicati su alcune categorie di beni, tra i quali gli uffici e magazzini. Con tale nota e per quanto qui rileva, Enac ha adottato una tariffazione di Euro 250 mq/anno per la concessione dell’uso di uffici in Malpensa al Terminal 1.
A seguito di richieste di revisione delle tariffe da parte di Sea, dovuto alle variazioni di traffico presso l’aeroporto di Malpensa, l’Enac ha autorizzato Sea ad aumentare la tariffa sui bagagli trattati nell’impianto BHS con nota del 3.7.2008. Il Tar Lombardia ha annullato tale ultima determinazione (cfr. sentenza n. 2384/2008), precisando che le tariffe devono essere stabilite in contraddittorio con i Comitati Utenti, anche alla luce dei dati di consuntivo.
Nonostante i sopra indicati obblighi di regolamentazione dei corrispettivi, Sea ha proceduto in via unilaterale alla loro determinazione, non orientata ai costi e con l’applicazione per la subconcessione di locali ad uso ufficio necessari per lo svolgimenti di attività aviation di com- pensi superiori a quelli applicati agli handlers- o meglio, ad alcuni handlers- sulla base della ritenuta natura commerciale di tali attività.
L’Agcm ha anche in proposito escluso che l’ampio margine tra i valori individuati da Enac a seguito dell’attività di vigilanza su quanto fatturato da Sea negli anni 2002 e 2008 possa in qualche modo essere imputato all’andamento dei costi variabili, esogeni alla tipologia del be- ne richiesto. Sea è stata pertanto sanzionata.
A seguito del provvedimento A377 dell’Agcm, Korean ha instaurato la presente controversia al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa degli abusi posti in essere da Sea, ovvero ai fini della restituzione delle somme indebitamente corrisposte.
Le pretese sono quindi articolate sotto un duplice profilo, contrattuale ed extracontrattuale. L’unica condotta illecita del gestore aeroportuale avrebbe una connotazione plurioffensiva, determinando un cumulo concorrente di titoli di responsabilità, aquiliana e negoziale.
    4. L’iniziativa dell’attore può essere definita c.d. quasi follow on, non avendo Korean partecipato direttamente al procedimento innanzi all’Agcm. L’attore ritiene comunque di poter beneficiare degli effetti probatori degli accertamenti ivi compiuti.
La tesi è corretta, poiché il provvedimento riguarda tutti gli operatori che, sotto il profilo sog- gettivo, rientrano tra quelli che posseggono i requisiti di cui all’art. 2, d. lgs. n. 18/1999.

Sea nega che la controparte sia dotata della qualifica soggettiva prescritta ai fini dell’applicazione dei corrispettivi regolamentati di cui al d. lgs. n. 18/1999, che non trova applicazione a qualsiasi soggetto ma solo ai prestatori di assistenza a terra (c.d.handlers) e ai vettori “in autoproduzione”, ovvero solo al soggetto che “fornisce direttamente a se stesso una o più categorie di servizi di assistenza e non stipula alcun contratto con i terzi, sotto qualsiasi denominazione avente ad oggetto la prestazione dei servizi stessi(cfr. art. 2, d. lgs. n. 18/1999).
Tali censure sono infondate.
Nel caso in esame l’istruttoria ha consentito di accertare che l’attore svolge la gestione diretta di servizi di assistenza a terra e di supervisione delle attività svolte da altri handlers sia nel settore passeggeri sia nel settore merci.
Dai documenti riversati in atti e dal tenore complessivo delle deposizioni rese dai testimoni risulta provato che nel periodo 2001 - 2014 il personale di terra alle dipendenze di Korean e presente negli uffici oggetto di causa abbia svolto attività di assistenza ai passeggeri e alle merci, in arrivo e in partenza, di gestione della documentazione del volo e di complessiva supervisione ai servizi di assistenza forniti da altre imprese specializzate.
In tale periodo hanno prestato attività:
    • nel settore passeggeri 1 responsabile ufficio, 2 addetti alle attività di check-in, 1 addetto al gate di imbarco, 1 addetto alla gestione rampa passeggeri e bagagli;
    • nel settore cargo (sino al 19.9.2006, Terminal 2) 1 capo scalo, 1 responsabile ufficio cargo e traffico, 1 responsabile della rampa cargo, 2 addetti alla gestione documentale e alla supervisione delle attività di gestione fisica della merce nei magazzini;
    • nel settore cargo (dal 20.9.2006, Terminal 1) 1 capo scalo , 1 responsabile ufficio cargo e traffico, 1 responsabile della rampa cargo, 3 addetti alla gestione documentale e alla supervisione delle attività di gestione fisica della merce nei magazzini.
Tutti i predetti dipendenti risultano avere la loro stabile postazione di lavoro negli uffici og- getto di causa, ove svolgono i compiti gestionali e operativi inerenti le attività sopra indicate. Sebbene Korean abbia delegato buona parte di tali attività a società terze, ne svolge comunque una parte apprezzabile in autoproduzione e comunque supervisiona tutte le attività delegate a terzi.
Korean ha inoltre scorporato dalle proprie richieste la porzione di spazi aeroportuali dedicata ad attività diverse, in particolare alla prenotazione di spazi merci sugli aeromobili.
Sea sottolinea che altri vettori aerei non svolgono alcuna attività, neppure di supervisione, all’interno di Malpensa, avendo scelto di ubicare i propri uffici al di fuori dell’aeroporto.
Parte convenuta sostiene che tali circostanze dimostrerebbero la non necessità - ma solo la maggior comodità - della disponibilità degli spazi oggetto di sub concessione, poiché sussiste- rebbero alternative disponibili del tutto alla portata degli operatori, che dunque avrebbero ef- fettuato la scelta degli spazi sulla base di valutazioni di carattere strettamente commerciale.
Il Collegio non condivide tale eccezione e ribadisce sul punto che tali argomentazioni non hanno effettivo rilievo nella fattispecie in esame.
La questione della sostituibilità di un bene o di un servizio in effetti assume rilievo solo nell’identificazione e determinazione del mercato rilevante ai fini della valutazione della posi- zione di effettiva dominanza da parte di un’impresa.
Nel caso di specie la dominanza di Sea deriva direttamente dalla sua posizione di esclusiva quanto alla gestione delle infrastrutture aeroportuali in esame - costituente dunque un mono- polio naturale - e in particolare rispetto alle attività aviation, dal 1999 aperte al libero accesso quanto alla prestazione dei servizi di assistenza a terra con l’ausilio delle infrastrutture messe a disposizione dal gestore aeroportuale.
Come già rilevato, è stato individuato in particolare lo specifico mercato relativo alla messa a disposizione di beni e spazi di uso comune e/o esclusivo necessari per lo svolgimento del ser- vizio di handling, delimitato geograficamente all’ambito degli aeroporti di Malpensa e di Li- nate ma la cui attività assume rilievo tale da incidere sugli scambi commerciali tra i paesi dell’UE.
Rispetto all’obbligo normativo di adeguare la commisurazione dei corrispettivi per l’utilizzazione di dette strutture ai costi sostenuti dal gestore, la condotta di Sea è stata ritenuta
inosservante di tale esigenza tanto da determinare come conseguenza l’applicazione di prezzi non equi ed eccessivamente onerosi da parte di un’impresa in posizione dominante.
In tale contesto la circostanza che singoli operatori abbiano rinunciato ad acquisire diretta- mente spazi operativi all’interno delle aree aeroportuali (i) non modifica in alcun modo il fon- damento della contestata condotta contraria agli obblighi comunitari addebitata al monopoli- sta legale (art. 102 TFUE), (ii) non giustifica il mancato rispetto da parte del medesimo - con- dotta rilevante anche sul piano strettamente contrattuale - delle indicazioni di legge quanto al- la congrua determinazione di detti corrispettivi né (iii) pare poter escludere la natura illecita del comportamento di Sea, che - secondo quanto attestato dall’Agcm - non ha provveduto a conformare i corrispettivi da essa imposti agli operatori aeroportuali ai propri costi, così ac- collando a essi canoni eccessivamente onerosi.
La determinazione unilaterale dei corrispettivi in esame - secondo schemi di condotta tipici del monopolista - non è stata evidentemente in alcun modo influenzata dal fatto che tali sog- getti potessero avvalersi di uffici esterni al sedime aeroportuale e dai prezzi relativi a detti spazi. Non è pertanto individuabile in ogni caso alcun effettivo rapporto di sostituibilità tra dette tipologie di uffici, né può ritenersi che le scelte organizzative della società attrice di svolgere direttamente dette attività (necessariamente) all’interno delle aree aeroportuali pos- sano essere sindacate in questa sede.
La posizione di monopolista di Sea e, in particolare, gli obblighi su di essa gravanti in tema di accesso ai beni e ai servizi forniti alla generalità degli utenti non attribuiscono alla stessa con- venuta la possibilità di discriminare la concessione o la misura dei corrispettivi ad autonome valutazioni circa l’effettiva necessità per un soggetto che svolge attività di assistenza a terra di svolgerla direttamente o di supervisionare le attività operative funzionali all’attività volativa, ancorchè la gestione di essi o di parte di essi sia stata in ipotesi affidata a soggetti terzi.
In conclusione l’attore risulta svolgere attività di assistenza a terra, nei termini sopra chiariti, ed è pertanto dotato della qualifica soggettiva per ottenere in sublocazione gli spazi necessari e funzionali a tali attività dietro un corrispettivo conforme ai principi stabiliti dalla direttivan.96/67/CE. Korean può quindi legittimamente invocare gli esiti degli accertamenti compiuti nel provvedimento A377 e giovarsi dell’efficacia probatoria privilegiata dello stesso.
    5. Per ragioni di economia processuale, atteso che le pretese di natura contrattuale e quelle di natura extracontrattuale sono state formulate in via alternativa, vengono qui indagate le prime, che si estendono a tutte le condotte sindacate da Korean e il cui accoglimento è idoneo ad as- sorbire tutte le altre domande dell’attore.
Come accennato, Korean sostiene che il carattere plurioffensivo dell’illecito antitrust avrebbe cagionato la contemporanea violazione delle sue posizioni soggettive non solo sul versante aquiliano ma anche quello negoziale.
L’analisi del Tribunale segue pertanto l’articolazione delle specifiche censure contrattuali, sia sotto il profilo della causa petendi (essendo lamentata la nullità per contrarietà a norme imperative delle tariffe applicate nonché la violazione dell’obbligo di buona fede e correttezza che incombe sui contraenti) sia sotto il profilo del petitum (essendo invocati sia il risarcimento del danno contrattuale sia la ripetizione dell’indebito).

        5.1. Il Collegio osserva in via generale che in questo caso la violazione della normativa anti- trust si è inserita nel quadro di un rapporto obbligatorio tra l’autore dell’illecito (Sea) e il danneggiato (Korean). In questa ipotesi, il soggetto che ha subito una tariffazione abusiva in virtù dell’illecito antitrust ha senz’altro a disposizione ulteriori mezzi di tutela di natura contrattuale, oltre che quelli aquiliani.
Tale cumulo di tutele è omogeneo ad un’interpretazione della normativa antitrust costituzionalmente orientata, che mira cioè ad allargare gli strumenti di tutela al fine di assicurare una sua più efficace ed efficiente applicazione.
E ciò anche alla luce della natura della normativa antitrust, che svolge un ruolo essenziale nella fissazione dei limiti della libertà d’iniziativa economica, in conformità alle previsioni generali dell’art. 41 Costituzione, fissando il perimetro di tale libertà in modo da elidere i rischi che si pongono in contrasto con l’utilità sociale, anche alla luce dei vincoli che nascono dall’appartenenza all’Unione Europea. La salvaguardia del corretto funzionamento del sistema concorrenziale costituisce uno degli strumenti essenziali per la realizzazione in concreto degli obiettivi solidaristici delineati nei Trattati Europei e nella Carta fondamentale.
Nel caso di specie si lamenta la violazione di norme imperative exartt. 1418 e 1419 c.c., in via cumulativa rispetto alla tutela extracontrattuale. Negare alla parte danneggiata dalla con- dotta antitrust la tutela (anche) negoziale si rivelerebbe una soluzione interpretativa in contrasto con l’art. 3 Costituzione. Ciò comporterebbe infatti una ingiustificata disparità di tratta- mento tra la (minore) tutela concessa alle parti di un negozio nullo exart. 1418 c.c. per contrarietà alla normativa antitrust e la (più ampia) protezione accordata dall’ordinamento a tutti i soggetti contraenti un negozio parimenti nullo ma a causa della violazione di norme imperative diverse da quelle antitrust. Solo in questa seconda ipotesi troverebbe infatti applicazione il più favorevole regime giuridico previsto per la responsabilità contrattuale, in particolare sui temi della prescrizione e della distribuzione degli oneri probatori.
La tutela negoziale è stata correttamente azionata poiché, come già rilevato sopra, l’abuso della posizione dominante da parte del gestore aeroportuale si è concretamente esplicato negativamente sulla sfera soggettiva dell’attore nella fase genetica del contratto, cagionando un as- setto degli interessi contrattuali contrari alle disposizioni imperative che reggono il sistema normativo sopra descritto.
        5.2. Quanto alla sussistenza della violazione, nelle cause civili per danni successive agli accertamenti dell’Autorità (c.d.follow on), sotto il profilo probatorio la giurisprudenza di legittimità ha attribuito efficacia di prova “privilegiata” al provvedimento sanzionatorio emesso all’esito della tutela del public enforcement (v., da ultimo, Cass. 9 maggio 2012, n. 7039), con riguardo all’autorevolezza dell’organo da cui promanano e agli strumenti e alle modalità di indagine poste in atto dalla medesimaAutorità.
Tale peculiare efficacia probatoria (ora vincolante a seguito del recepimento della direttiva n. 2014/104/UE) è limitata ad alcuni aspetti della fattispecie sottoposta al sindacato dell’autorità giudiziaria ovvero, in particolare, all’accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata nonché alla sua posizione di dominanza, alla sussistenza del comportamento abusivo e alla lesione del mercato. Tale valenza non si estende invece alla sussistenza dei danni, al nesso di causalità e alla quantificazione del risarcimento.
Qui dunque le valutazioni contenute nel provvedimento A377 dell’Agcm rispetto alla dominanza del gestore nel settore di riferimento e all’abuso per violazione della normativa antitrust vanno integralmente recepite, non essendo state superate dalla difesa di Sea, la quale ha per lo più ripetuto le tesi sostenute nel procedimento sanzionatorio e nei successivi giudizi svolti dinanzi al giudice amministrativo, senza aggiungere elementi effettivamente nuovi e rilevanti.

        5.3. Quanto alla natura delle disposizioni violate, si tratta di precetti di legge aventi forza imperativa, che obbligavano l’impresa in posizione di dominanza a praticare prezzi equi e non discriminatori. L’imperatività della normativa antitrust è posta a presidio dei principi di rango costituzionale di cui ai già citati artt. 2 e 41 Costituzione e cagiona, in caso di sua violazione, la nullità delle clausole contrattuali illecite exartt. 1418 o 1419c.c..
Tale grave conseguenza giuridica è ineludibile e non può essere fatta dipendere dai diversi effetti che si riverberano sul contratto, a seconda che lo stesso venga integralmente travolto ovvero se, in virtù del meccanismo di cui agli artt. 1339 c.c. e 1419, comma 2, c.c., sia conservato. Ove cioè la conservazione del contratto non possa essere assicurata, da ciò non se ne potrebbe derivare la conservazione integrale del contratto e il rigetto della domanda di nullità.
Nel caso in esame, la clausola nulla è senz’altro essenziale per l’assetto negoziale, stabilendo il corrispettivo a favore del gestore aeroportuale verso la concessione in affitto degli spazi dentro l’aeroporto, ed è dunque astrattamente idonea a fare cadere l’intero contratto.
Quanto all’invocata applicazione degli artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c., deve essere indagata l’ammissibilità della sostituzione delle clausole legali a quelle convenzionali nulle, con con- seguente possibile conservazione del contratto exart. 1419, comma 2, c.c.., in termini coerenti con il principio generale di conservazione del contratto e con la regola secondo la quale l’inefficacia della clausola abusiva non può andare a danno del soggetto che subisce l’abuso. Nel caso di specie sussiste il primo presupposto per l’accesso al rimedio di cui all’art. 1419, comma 2, c.c., ovvero la scindibilità della clausola nulla, qui contenente la pattuizione del corrispettivo spettante a Sea. Tale clausola è del pari essenziale in quanto inserita in un con- tratto a prestazioni corrispettive.
Può poi trovare applicazione il meccanismo sostitutivo previsto dall’art. 1339 c.c., che con- sente la conservazione del contratto e, al contempo, il suo riequilibrio a favore del contraente pregiudicato. Nel particolare settore oggetto di causa è peraltro propria questa la ratio delle norme di legge, così come ricostruita nell’accertamento compiuto dall’Agcm.
Il Tribunale è consapevole dell’orientamento talvolta espresso in alcuni (limitati) precedenti dalla Corte d’Appello di Milano, secondo il quale il criterio correttivo della sostituzione automatica sarebbe qui precluso, poiché tale rimedio può essere attivato solo in presenza di una riserva di legge che preveda le tariffe da sostituire alle disposizioni pattizie contrarie (cfr. sentenze n. 3539/2017 e n. 2041/2017, ma v., in senso opposto, sentenza n. 1964/2017).
Nonostante ciò, il Collegio ribadisce in proposito le valutazioni già espresse in casi analoghi in senso favorevole all’applicazione dell’art. 1339 c.c..
Si aderisce pienamente alla premessa del ragionamento giuridico della Corte d’Appello, a sua volta rispettoso delle indicazioni di principio fornite sul punto dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 30 luglio 2009, n. 17746): l’inserzione automatica di clausole prevista dall’art. 1339 c.c costituisce una restrizione significativa del diritto di libertà economica consacrato dall’art. 41 Cost. di cui è espressione l’autonomia privata, e deve quindi trovare il suo fondamento in una legge formale o in un altro atto avente valore di legge in senso sostanziale o da esso richiamato tra- mite rinvio integrativo.
Non si condivide invece l’ulteriore sviluppo argomentativo svolto nelle citate sentenze del giudice del gravame, secondo il quale le tariffe stabilite dalla nota dell’Enac non assurgerebbero a tale rango normativo.
Il Collegio osserva infatti che è proprio la richiamata interpretazione offerta dai giudici di legittimità (cfr. ancora Cass. 30 luglio 2009, n. 17746) a consentire in questo caso di applicare il rimedio conservativo previsto dall’art. 1339 c.c., trattandosi di tariffe previste da un atto ri- chiamato tramite rinvio integrativo dalle norme di legge (imperative) contenute nel d. lgs. n. 18/1999.

Anche l’interpretazione dottrinale è conforme a tale impostazione, ritenendo che il termine “legge” nell’art. 1339 c.c. comprende anche i regolamenti e i provvedimenti degli organi am- ministrativi ai quali la legge attribuisce il potere di statuire in materia di tariffe, fissando i re- lativi criteri di determinazione.
Sul punto si evidenzia innanzitutto che è una disposizione di legge di fonte primaria (d. lgs. n. 18/1999) che in concreto delega l’Enac alla determinazione delle tariffe oggetto di causa. L’art. 19 prevede in particolare che “nel caso in cui i servizi aeroportuali di assistenza a terra vengano forniti da un unico prestatore, le relative tariffe sono approvate dal Ministero dei trasporti e della navigazione, su proposta dell’Enac, in conformità alle previsioni di cui all’art. 1, legge n. 316/1991”. Inoltre, la disposizione testé citata recepisce a sua volta i principi della direttiva n. 96/67/CE che fissa i criteri per la determinazione del canone di locazione. L’art. 16, comma 3, prevede in particolare che “qualora l’accesso agli impianti aeroportuali comporti la riscossione di un corrispettivo economico, questo sarà determinato in base a criteri pertinenti obiettivi, trasparenti e non discriminatori”.
Pertanto la nota Enac del 2.10.2007 e l’accordo di programma Sea / Enac - recepito con
d.p.c.m. 30.4.2012 - intervengono in funzione di integrazione del dato normativo di livello primario che li richiama e sono a loro volta dotati della stessa efficacia della fonte primaria che contribuiscono a completare in termini di dettaglio.
In piena coerenza con i rilievi sin qui svolti, è possibile dare seguito alla sostituzione automa- tica delle clausole nulle art. 1339 c.c. con l’applicazione delle tariffe individuate nella nota Enac e nell’accordo di programma, con piena osservanza del principio di conservazione del contratto e della regola generale secondo la quale l’inefficacia della clausola abusiva non può andare a danno del soggetto che subisce l’abuso.
        5.4. L’inserimento del canone di legge nei rapporti contrattuali tra le parti determina l’obbligo a carico di Sea di restituzione delle somme riscosse indebitamente in eccesso in virtù della ci- tata clausola negoziale nulla.
    6. Sea ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da violazione antitrust, dei crediti di natura contrattuale e del diritto alla ripetizione dell’indebito.
La censura è parzialmente fondata.
        6.1. È nota la problematica questione della prescrizione in questa materia e, in particolare, quella dell’individuazione del momento in cui l’inerzia del titolare del diritto acquista signifi- cato rilevante, poiché di regola gli illeciti antitrust si realizzano attraverso condotte c.d. lungo- latenti, rispetto alle quali si verifica uno scollamento temporale tra il momento in cui l’illecito viene posto in essere e quello in cui la parte danneggiata ne viene a conoscenza.
Ciò accade non solo nelle ipotesi di intese ma anche nei casi di abuso di posizione dominante, dove l’illiceità della condotta dipende da molteplici circostanze, non tutte immediatamente note e intellegibili per il danneggiato (quali, ad esempio, i costi interni dell’impresa dominan- te e rispetto ai quali vanno valutate scelte di prezzi eventualmente non orientate ai costi).
Come noto, la disciplina della prescrizione non deve ledere il principio di effettività.
La Corte di Giustizia ha espressamente sottolineato che nel caso di infrazioni continuate e ripetute, come di norma accade nei casi di cartello tra imprese, se il computo del termine di prescrizione avesse inizio dal giorno in cui l’intesa o la pratica concordata è stata posta in essere si potrebbe determinare il rischio che il termine decorra per intero addirittura prima che sia cessata l’infrazione, con la conseguente estinzione dei diritti azionati (cfr. Corte di Giustizia UE, 13.7.2006, cause riunite da C-295/04 a C-298/04, Manfredi).
Ratione temporis il caso in esame non è regolato dalla recente direttiva n. 2014/104/UE in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust né dal d. lgs.
n. 3/2017 che ne assicurato il formale recepimento nell’ordinamento nazionale. Tali norme stabiliscono che il termine di prescrizione quinquennale non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e prima che l’attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza di tutti gli elementi necessari per eser- citare il diritto al risarcimento del danno: e dunque anche della natura illecita della condotta, del danno subito a causa dell’illecito e dell’identità del responsabile (cfr. artt. 8, d. lgs. n. 3/2007, e 10, direttiva n. 2014/104/UE).
Prima dell’entrata in vigore di tale testo normativo è noto che in sede interpretativa nazionale, anche di legittimità, si è ritenuto che per le intese, nelle cause c.d.follow on, l’inizio del com- puto della prescrizione per la generalità degli utenti e dei consumatori coincide con la data di pubblicazione del provvedimento sanzionatorio (cfr. Cass. 2 febbraio 2007, n. 2305). La Su- prema Corte, richiamato il quadro normativo di cui agli artt. 2934 e 2935 c.c., ha stabilito che la mera percezione della condotta anticompetitiva non è sufficiente per ritenere valutabile l’inerzia del danneggiato che non eserciti il diritto al risarcimento, quando manchi la consapevolezza anche dell’ingiustizia della perdita economica, quale conseguenza dell’illecito anti- concorrenziale.
Nell’ipotesi di abuso di posizione dominante e con riguardo ad imprese che operano nel medesimo settore di mercato, si è ritenuto che l’inizio del computo della prescrizione debba esse- re anticipato all’inizio dell’istruttoria innanzi all’Autorità, qualora si tratti di operatori che abbiano partecipato al procedimento (cfr. Tribunale di Milano sentenza n. 12043/2014).
In particolare, in altre cause di risarcimento del danno fondate sul provvedimento A377 contro Sea, il Tribunale ha fatto risalire il dies a quo al momento in cui l’abuso ha assunto rilevanza pubblica, ovvero in concomitanza all’avvio del procedimento davanti all’Autorità di vigilanza (v. Corte d’appello Milano, sentenza del n. 2041/2017).
Occorre in ogni caso considerare che, nelle ipotesi d’infrazione continuativa o ripetuta, il termine di prescrizione può iniziare a decorrere solo dopo che l’infrazione è cessata, poiché vi potrebbe altrimenti essere l’effetto paradossale dell’integrale decorso del termine di prescrizione ancora prima che l’illecito sia, appunto, cessato.

Nel caso in esame le domande dell’attore hanno ad oggetto somme indebitamente corrisposte nel periodo dal 1.1.2001 al 31.12.2014.
Il primo atto interruttivo della prescrizione coincide con la notifica dell’atto di citazione, intervenuta in data 27.2.2015.
Sea eccepisce la parziale prescrizione del credito, invocando l’applicazione del termine quinquennale previsto per i crediti risarcitori, con conseguente estinzione di tutti i relativi diritti sorti in epoca antecedente al 27.2.2010, anche nella ipotesi in cui si volesse applicare il criterio più favorevole per l’attore - che ha contribuito all’avvio del procedimento dinanzi all’Agcm - tenendo cioè conto della data di pubblicazione del provvedimento, avvenuta l’8.1.2009.
Il Collegio osserva che al momento della notifica dell’atto della citazione il termine di prescrizione risultava già maturato per le condotte anteriori al 27.2.2010. Il provvedimento sanzionatorio n. A377 dell’Agcm è stato infatti pubblicato in data 8.1.2009, momento in cui an- che i soggetti che non hanno partecipato al procedimento hanno avuto conoscenza legale di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito. La prescrizione per tali crediti risarcitori extracontrattuali è pertanto maturata in data 8.1.2014, tredici mesi prima della notifica dell’atto di citazione.
Ove si volesse invece attribuire rilevo alla data di avvio del procedimento (14.12.2006) o, addirittura, alla data di presentazione della segnalazione da parte di Korean (4.10.2006) la prescrizione sarebbe anticipata, rispettivamente, al 14.12.2011 o al 4.10.2011.
Per le condotte successive al 28.2.2010 invece tale fatto estintivo del credito non è si è perfezionato, poiché le relative condotte illecite sono state poste in essere entro il quinquennio anteriore all’azione e, dunque, per esse l’inerzia del titolare non si è protratta per il tempo necessario ai fini prescrizionali.
        6.2. Sea ha altresì eccepito la prescrizione dei crediti di natura contrattuale e il diritto alla ri- petizione dell’indebito, anteriori al12.3.2004.
L’eccezione è infondata
In forza dei principi sopra richiamati, si deve ritenere che la prescrizione decennale abbia iniziato a decorrere dalla data del provvedimento sanzionatorio - 8.1.2009 - ed è quindi evidente che non fosse ancora maturata al momento della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
Si giunge ad analoga conclusione anche adottando il criterio più favorevole a Sea, ovvero individuando il dies a quo nelle già ricordate date di avvio del procedimento innanzi all’Agcm o di presentazione della segnalazione all’Agcm da parte di Korean.
L’applicabilità della prescrizione decennale in questa tipologia di azioni si ricava del resto, come precisato nella recente pronuncia dell’Ufficio (Tribunale di Milano 26.10.2017, cit.):
    • dall’unico precedente di legittimità in tema, che ha ritenuto prospettabile una responsabilità precontrattuale in quanto concernente comportamenti strettamente correlati alle contrattazioni e agli assetti di interessi che caratterizzano la materia contrattuale, e che ha confermato il termine di prescrizione decennale nell’ipotesi d’illecito antitrust che abbia determinato a valle clausole negoziali abusive lamentate dal consumatore (cfr. Cass. 3 aprile 2013, n.8110);
    • dall’orientamento di legittimità secondo il quale alla responsabilità precontrattuale va applicato il termine di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c., trattandosi di responsabilità negoziale da “contatto sociale” (cfr. Cass. 12 luglio 2016, n.14188).

    7. È infondata la censura relativa alla pretesa irretroattività della tariffa indicata dall’Enac. Secondo la più autorevole dottrina le norme imperative destinate a sostituire le clausole difformi comportano la sostituzione anche se successive alla formazione del contratto.
In ogni caso, vanno richiamati gli ampi passaggi motivazionali di alcuni precedenti, anche recentissimi, di questo Tribunale e della Corte d’Appello di Milano (cfr. Corte d’Appello di Milano sentenza n. 4041/2017, Tribunale di Milano 26.10.2017), nei quali è stata respinta la tesi di Sea secondo la quale Enac non avrebbe considerato l’entità dei costi sostenuti dal gestore prima del 2005.
In particolare il Tribunale nel precedente più recente (cfr. sentenza del 26.10.2017, cit.) ha os- servato quanto segue.
“Non può sostenersi che l’applicazione della misura del canone stabilita dall’Enac con la circolare 2.10.2007 per i periodi anteriori darebbe luogo ad una pretesa retroattività di tali canoni, posto che la lettura integrata del provvedimento sanzionatorio A377 dell’Agcm insieme alle prescrizioni di detta circolare Enac consente di rilevare che Sea ha indebitamente applicato tariffe significativamente maggiorate per tutto il periodo 2002 - 2008 (v. punto 262 provvedimento Agcm) in violazione degli obblighi di legge su di essa incombenti di mantene- re il livello di detti canoni alle condizioni stabilite dalla legge, nonché dei generali doveri di correttezza su di essa incombenti ai sensi dell’art. 1175 c.c. La misura di Euro 250 mq/anno - accertata come congrua da Enac nel 2007 sulla base delle analisi svolte sulla gestione degli anni precedenti e confermata nel 2008 dallo stesso ente - appare quale attendibile parametro per la commisurazione del canone congruo anche per le annualità anteriori al 2007 pertinenti alle domande svolte dall’attrice nella presente causa.
La convenuta Sea ha contestato l’attendibilità di tale parametro ai fini della determinazione dell’entità del risarcimento del danno affermando che Enac (e l’Agcm) in realtà non avrebbe- ro considerato l’entità effettiva dei costi sostenuti dall’ente gestore per gli anni antecedenti al 2005 e dunque le variabili connesse agli investimenti registrati in tali annualità avrebbero portato a diminuire o azzerare tale preteso maggior costo addossato agli utenti per la con- cessione degli uffici.
Tali affermazioni contrastano in maniera stridente con il contenuto del provvedimento A377 dell’Agcm, nel quale vi è ampia esposizione delle acquisizioni documentali svolte nel corso della procedura ivi svolta nel contraddittorio tra le parti nonché della verifica dei presupposti delle determinazioni adottate da Enac con la menzionata nota del 2007 (v. in generale tut- to il capitolo V.III del provvedimento in questione). In questa sede appare del tutto sufficiente rilevare come l’autorità procedente abbia proceduto eseguendo un confronto a partire dall’1.1.2002 e per ciascun anno successivo tra i ricavi effettivamente realizzati da Sea mediante la messa a disposizione degli spazi e delle infrastrutture aeroportuali, nelle quantità oggettivamente richieste dagli utilizzatori e valorizzate sulla base dei corrispettivi richiesti, e i costi oggettivamente pertinenti l’esercizio delle medesime attività. Tale confronto ha avuto particolare importanza per ciò che attiene all’anno 2005, per la disponibilità di dati di bilancio validati da Enac sulla base della contabilità analitica di Sea certificata da società di revisione. Le valutazioni dell’Autorità al fine di accertare la mancata corrispondenza ai costi delle tariffe applicate da Seasi sono fondate sostanzialmente sull’analisi dei dati di contabilità analitica prodotti dall’odierna convenuta nell’ambito dell’istruttoria per il contratto di pro- gramma, dai valori individuati in quest’ultimo documento nonché dei risultati a cui è pervenuto Enac, ente regolatore del settore, a seguito delle istruttorie svolte nel corso del 2007, nell’ambito della propria attività di vigilanza ai sensi dell’articolo 10, d. lgs n. 18/1999.
In base a tali analisi l’Agcm ha confermato che il comportamento tenuto da Sea - che aveva applicato ai (soli) vettori cargo in autoproduzione canoni di subconcessione pari a circa il doppio rispetto a quelli applicati agli handler cargo, assunti quale benchmark del valore economico riferibile al servizio in questione - ha configurato una fattispecie di applicazione di prezzi non equi ed eccessivamente onerosi da parte di un’impresa in posizione dominante, in violazione dell’articolo 102 TFUE. Inoltre, anche rispetto a questo valore, Enac aveva individuato la necessità di una riduzione media per tutti gli spazi di circa il 20% per garantire un orientamento ai costi.
Ha quindi ritenuto la stessa Autorità garante, in conclusione, che “l’ampio margine tra il valore individuato da Enac, a seguito dell’attività di vigilanza svolta sulla base dei dati certificati 2005, e quanto fatturato da Sea anche per gli anni dal 2002 al 2008, non può essere imputato all’andamento di variabili, quali i costi e il traffico, in quanto totalmente esogene rispetto alla tipologia di bene richiesto (spazi ad uso ufficio)” (v. punto 250 provvedimento A377). Sulla base del complesso di tali valutazioni ritiene il giudicante che il corrispettivo di Euro 250 mq/anno per Malpensa e di Euro 256 mq/anno per Linate possa dunque ritenersi valore di riferimento utile anche al fine di determinare per gli anni precedenti al 2007 il limi- te del canone oggettivamente congruo rispetto ai costi sostenuti da Sea e comprensivo di un’adeguata remunerazione, anche in via equitativa sulla base degli elementi innanzi evidenziati.
In effetti l’analisi dei dati contenuti e menzionati nel provvedimento dell’Agcm fornisce un quadro di sostanziale uniformità di detti elementi di costo che non risultano registrare impennate o comunque significative modificazioni che possano ritenersi incidenti sul valore dei canoni relativi all’uso dei locali in questione per tutto il periodo compreso dalle domande risarcitorie svolte dalle parti. Peraltro non può non rilevarsi come la convenuta Sea, pur contestando che anche per gli anni precedenti alle analisi svolte da Enac sussisterebbe uno squilibrio tra costi e corrispettivi pari a quello che avrebbe determinato Enac nel 2007 alla determinazione del corrispettivo per gli uffici nella misura di Euro 250 mq/anno per Malpensa e di Euro 256 mq/anno per Linate, tuttavia ha omesso di fornire il benché minimo fondamento sia argomentativo che documentale a tale tesi, omettendo di produrre e indicare elementi di bilancio specifici (valori degli investimenti eseguiti nei vari anni, relazione specifica di essi con gli elementi determinanti il corrispettivo per la concessione in uso di uffici, ecc.) e di chiarire mediante quale procedimento valutativo detti corrispettivi erano stati invece determinati dal gestore in via autonoma. Appare evidente che in tale contesto nemmeno praticabile sarebbe l’ipotesi di dare corso in questa sede ad una consulenza contabile d’ufficio - peraltro nemmeno richiesta dalla convenuta - attesa la totale carenza di elementi sulla base dei quali procedere ad eventuali verifiche”(cfr. punto 9 della sentenza esaminata).
Tali osservazioni, applicabili anche al caso di specie, consentono dunque di superare la censura d’illegittima applicazione retroattiva delle tariffe litigiose.
    8. Sea sostiene che l’applicazione del corrispettivo indicato dall’Enac - Euro 250 mq/anno - debba essere limitata alla dimensione di 20 mq, che rappresenterebbe uno standard medio per l’uso di uffici di supporto ad attività aviation, mentre per gli spazi eccedenti a tale superficie sarebbero applicabile un prezzo libero di mercato. Parte convenuta aggiunge che era onere dell’attore attivarsi chiedendo che il corrispettivo “calmierato” venisse applicato a moduli più ampi di quello standard, ove ritenuto insufficiente per le proprie esigenze.
Tale censura è infondata alla luce della diversa valutazione espressa dall’Agcm, che ha ritenuto la condotta di Sea abusiva per tutti gli spazi operativi e non solo per una porzione degli stessi, valutazione che è stata confermata sia da questo Tribunale sia dal Giudice del gravame nei precedenti già citati.
Tale orientamento si fonda, in particolare, sulle chiare indicazioni fornite dall’Enac sul punto. L’ente di vigilanza non ha mai condiviso e supportato l’impostazione di Sea. Ed anzi, alla lu- ce delle proteste degli operatori, ha espressamente sollecitato Sea a considerare il criterio dei 20 mq solo quale parametro di riferimento medio, da rapportare in concreto alle esigenze effettive di ciascun utente e che derivano principalmente dal volume di traffico.
Come già rilevato sopra, nel caso in esame Korean ha fornito prova documentale e testimoniale della pianta organica e del numero di dipendenti effettivamente in servizio nel periodo oggetto di causa, nonché del fatto che le attività svolte rientravano nelle tipologie elencate dall’Allegato A del d. lgs n. 18/1999.
Non vi sono invece evidenze di sorta sulla circostanza che gli spazi ottenuti in affitto fossero eccessivi o sovradimensionati sotto il profilo funzionale rispetto alle attività sopra indicate. Come già sottolineato in casi analoghi, non appare neppure corretto che lo stesso gestore pos- sa in via autoritativa limitare l’estensione di tali spazi, facoltà che “avrebbe anche effetti indi- retti di aggiramento delle regole sui prezzi regolati” (cfr. sentenza n. 1964/2017).
In particolare, per quanto qui rileva, va rammentato che Korean occupava in virtù della subconcessione lo spazio complessivo di 160 mq, di cui 53 mq nel settore passeggeri, 77 mq nel settore cargo e ulteriori 30 mq per altre attività non operative. Tale ultima porzione di 30 mq non è stata conteggiata da Korean ai fini del calcolo del rimborso chiesto in questa sede, pro- prio in virtù della sua destinazione ad attività diverse da quelle di assistenza a terra.
A tali uffici risultano assegnati, rispettivamente, cinque e sei dipendenti. Nel settore cargo si è appurato che il capo scalo occupa un ufficio di 20 mq, consono alla sua funzione direttiva, mentre tutto il rimanente personale occupa uno spazio di c.ca 10 mq pro capite, come tale strettamente funzionale alle attività di assistenza e supervisione ivi svolte.
    9. Korean ha quantificato le somme ritenute indebitamente corrisposte al gestore, depositando un apposito conteggio. L’attore lamenta il pagamento indebito di Euro 207.829,83 per il periodo 1.1.2001 - 31.12.2014 e ha allegato tutte le fatture emesse da Sea, regolarmente pagate. Non vi sono contestazioni di Sea sul tema specifico dei conteggi. Ne consegue che il credito vantato da Korean deve essere integralmente riconosciuto.
Trattandosi di somme maturate a titolo d’indebito pagamento, sulle stesse decorrono gli interessi legali dalla corresponsione dei singoli ratei di canone sino alla restituzione effettiva.
    10. I rilievi sin qui illustrati sono del tutto assorbenti. Il meccanismo di cui agli artt. 1419 e 1339 c.c. consente di accordare all’attore integrale tutela delle proprie posizioni.
In ogni caso, come già osservato in altri precedenti dell’Ufficio in controversie analoghe contro Sea ugualmente fondate sul provvedimento n. A377 dell’Agcm, l’abuso di posizione dominante da parte del gestore aeroportuale si è concretamente esplicato negativamente sulla sfera soggettiva dell’attore, cagionando sin dalla fase delle trattative un assetto degli interessi contrattuali contrari alle disposizioni imperative che reggono il sistema normativo descritto.
La scelta di Sea di non orientare i canoni ai costi sopportati nella gestione e nello sviluppo delle infrastrutture aeroportuali - così come imposto dalla legislazione nazionale e comunitaria di natura imperativa - ha comportato una responsabilità precontrattuale del gestore.
L’art. 1337 c.c. deve essere infatti interpretato quale clausola generale che impone ai con- traenti di comportarsi in buona fede anche nella fase di formazione del contratto: la violazione di tale precetto è fonte di responsabilità, non solo nell’ipotesi di trattative interrotte ma, anche, quando il negozio sia stato concluso, ma con un assetto degli interessi in concreto pregiudizievoli per il contraente leale.
Sea ha invero omesso di tenere nella fase genetica del contratto una condotta imposta dai precetti di legge imperativi al fine di stabilire in misura congrua l’entità dei corrispettivi contrattuali e il cui rispetto avrebbe senz’altro condotto a cristallizzare le clausole negoziali censurate con un contenuto diverso.
Si deve in proposito richiamare l’orientamento di legittimità che, sulla scorta di consolidate posizioni dottrinali, dà rilevanza alla condotta scorretta nella fase delle trattative anche quando alle stesse segua la stipulazione di un contratto valido ma “pregiudizievole” per la parte vittima del comportamento scorretto (cfr. Cass. 29 settembre 2005, n. 19024).
E proprio nella materia antitrust, pur senza accedere in definitiva ad un’interpretazione univo- ca della natura delle anomalie riscontrate in contratti stipulati dall’impresa che abusa della sua posizione dominante, la Suprema Corte ha avuto modo di osservare che si tratta in tale ipotesi di illecito “presumibilmente assimilabile ad una fattispecie di responsabilità precontrattuale” (cfr. Cass. 3 aprile 2013, n. 8110/2013) i cui effetti negativi si riverberano sul contratto, viziandolo.
Per altro verso appare fondata la doglianza di violazione degli obblighi di protezione e conservazione della sfera giuridica altrui, governato dall’“imperativo della buona fede” che impone di osservare specifici comportamenti, in primis l’obbligo di proteggere la sfera giuridica altrui.
La violazione di tali precetti consentirebbe dunque anche per altra via alla parte danneggiata di ottenere il riequilibrio patrimoniale attraverso il rimedio risarcitorio, qui in concreto non concesso poiché viene accolta la domanda restitutoria svolta in via alternativa.
    11. Tutte le pretese dell’attore trovano integrale accoglimento nell’ambito della tutela negoziale per nullità parziale della clausola sulle tariffe.
Rimane pertanto integralmente assorbita ogni possibile valutazione in tema di abuso di dipendenza economica, disciplinato dall’art. 9, legge n. 192/1998, poiché non residuano pregiudizi ulteriori rispetto a quelli ristorati attraverso l’applicazione degli artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c..
    12. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, deve essere accolta la domanda contrattuale di Korean di dichiarazione della nullità parziale per contrarietà a norme imperative delle clausole negoziali contenute nei contratti stipulati con Sea, nella parte in cui tali clausole han- no stabilito corrispettivi di subconcessione superiori all’importo di Euro 250 mq/anno fissato nella nota Enac e di Euro325/334mq fissato nel contratto di programma recepito con d.p.c.m. 30.4.2012.
In forza dell’effetto automatico di sostituzione delle predette clausole con l’importo indicato nelle tariffe stabilite nella nota Enac e nel contratto di programma, la convenuta deve essere condannata alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte da Korean, pari a Euro 207.829,83 per il periodo 1.1.2001 - 31.12.2014.
Su tali importi decorrono gli interessi legali dal pagamento dei singoli ratei sino al saldo effettivo.
Restano assorbite tutte le altre domande svolte in via alternativa dall’attore.
    13. Rimangono da esaminare le domande svolte in via riconvenzionale da Sea, che risultano destituite di fondamento.
Sul punto è sufficiente rilevare che nel contratto del 2010 le parti si sono limitate a subordina- re la corresponsione degli incentivi alla regolarità del pagamento dei canoni di locazione dovuti da Korean per gli spazi in subconcessione.
Nel successivo accordo del 2013 Korean ha soltanto dichiarato di accettare e ritenere equilibrato (“balanced”) il nuovo schema tariffario definito nel contratto di programma del 2012, di cui peraltro chiede in questa sede la corretta applicazione.
Non vi è pertanto stata alcuna acquiescenza, validazione o rinuncia da parte di Korean, né per il periodo antecedente al 23.3.2012 né tantomeno per il periodo successivo all’entrata in vigo- re dell’accordo di programma. Vi è invece stata la scelta unilaterale di Sea di invocare -senza fondamento giuridico - un’interpretazione restrittiva del contratto di programma, sotto il pro- filo già ricordato della applicazione di una misura media fissa per gli uffici, pari a 20 mq.
    14. Le spese sono liquidate secondo il criterio della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
PQM
Il Tribunale di Milano, pronunciando in via definitiva nella causa fra le parti di cui in epigrafe, disattesa ogni altra domanda ed eccezione:
    • accerta e dichiara il diritto di Korean Airlines di avere applicata da Sea s.p.a. la tariffa di Euro 250.00 mq/anno per il periodo dall’1.1.2001 al 22.9.2012 e di Euro 325 / 334 mq/anno per il periodo dal 23.9.2012 al 31.12.2014 per la subconcessione di uffici nello spazio aeroportuale di Malpensa;
    • accerta e dichiara la nullità per contrarietà a norme imperative - ossia degli obblighi imposti dagli artt. 16, comma 3, direttiva n. 96/677/CE e 10, d. lgs. n. 18/1999 - delle tariffe negozialmente pattuite tra Korean Airlines e Sea s.p.a. oggetto di lite;
    • dà atto della sostituzione automatica exartt. 1419, comma 2, e 1339 c.c. delle tariffe convenzionali nulle con quelle sopra indicate ratione temporis di Euro 250,00 mq/anno e di Euro 325 / 334 mq/anno e per l’effetto
    • condanna Sea s.p.a. alla restituzione in favore di Korean Airlines delle somme indebitamente percepite e quantificate nell’importo complessivo di Euro 207.829,83, oltre interessi legali dal pagamento dei singoli ratei sino alla restituzione effettiva;
    • respinge le domande riconvenzionali svolte da Sea s.p.a. nei confronti di Korean Airlines;
    • condanna Sea s.p.a. al rimborso in favore di Korean Airlines delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 24.518,00, di cui Euro 1.518,00 per spese, Euro 20.000,00 per compenso delle prestazioni professionali forensi ed Euro 3.000,00 per rimborso forfettario delle spese generali, oltre Iva e Cp se e per quanto dovute e spese di registrazione.
Così deciso in Milano l’1 marzo 2018.

Il presidente  - dott. Claudio Marangoni

Il giudice estensore  - dott. Pierluigi Perrotti