TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA A
Sentenza n. 9759/2018 del 04/10/2018

Sentenza n. 9759/2018 del 04/10/2018
RG n. 9266/2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO0
TRIBUNALE di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D’IMPRESA
– A –

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Claudio Marangoni  - Presidente
dott.ssa Silvia Giani  - Giudice Relatore
dott. Perrotti Pierluigi  - Giudice

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa civile di I Grado iscritta al n.r.g. 9266/2018 promossa da:
CAVE MARMI VALLESTRONA SRL, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’ Avv. Pietro Ferrario, giusta procura in calce all’atto di citazione, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Sesto Calende (VA), Via Risorgimento 2

 

ATTRICE

contro


ICIVECO S.P.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Enrico Adriano Raffaelli, Elisabetta Teti ed Alessandro Raffaelli, giusta procura notarile allegata alla comparsa di risposta, elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori in Milano, Via Monte Napoleone, 18

 

 

 

CONVENUTA


OGGETTO: risarcimento del danno da illecito antitrust

 

 

 

 



CONCLUSIONI
 

Per l’attrice:



In via principale: accertare e dichiarare che Iveco spa ha violato la normativa interna e comunitaria che vieta alle imprese di stipulare accordi collusivi della concorrenza e per l’effetto, condannarla al pagamento in favore di Cave Marmi Vallestrona srl dell’importo di Euro 24.000,00 – pari al 20% dell’importo pagato - per l’acquisto del veicolo Iveco Magirus As 440/ST/EA tg. DN748EY a titolo di sovrapprezzo pagato dall’odierna attrice in presenza di accordo di cartello o di quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia anche da liquidarsi in via equitativa ex art 1226 c.c. oltre rivalutazione monetaria e interessi sino all’effettivo soddisfo;
In via istruttoria si insiste per la concessione dei termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 183 c.p.c..
Si chiede sin da ora di essere ammessi a prova contraria sulle circostanze di prova ex adverso formulate, eventualmente ammesse.
Con vittoria di spese e compensi professionali. Per il convenuto:
In via preliminare di merito:
    • dichiarare l’estinzione per avvenuta prescrizione dei diritti azionati dalla parte attrice, per le ragioni esposte in narrativa e, per l’effetto, rigettare tutte le domande formulate nei confronti di Iveco S.p.A.;
In via principale:
    • previa, ove occorra, sospensione del giudizio ai fini degli invocati rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea ex art. 267 TFUE e/o dell’invocato incidente di costituzionalità alla Corte Costituzionale, rigettare integralmente tutte le domande ed ulteriori istanze formulate dalla parte attrice nei confronti di Iveco S.p.A., in quanto infondate, in fatto e in diritto, per le ragioni esposte in narrativa.
In via istruttoria:
    • con la più ampia riserva di produrre e dedurre, anche istanze istruttorie, nei termini di cui all’art. 183, VI comma, nn. 1, 2, 3 c.p.c.;
In ogni caso:
    • con vittoria di spese, diritti e compensi professionali oltre IVA e CPA, come per legge.
***




MOTIVAZIONE
    1. Con atto notificato il 2 febbraio 2018, la società attrice CAVE MARMI VALLESTRONA SRL ha citato in giudizio IVECO SPA, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della violazione della normativa antitrust, deducendo che:
    • CAVE MARMI, società esercente attività di acquisto, concessione ed esercizio di cave di granito e marmo, aveva acquistato in data 14.10.2008 da Iveco spa il veicolo Iveco Magirus As 440/ST/EA, corrispondendo la somma di euro 120.000,00 comprensiva di iva.
    • La Commissione Europea, dopo aver svolto un’inchiesta su possibili accordi collusivi aventi ad oggetto i prezzi di autocarri, aveva adottato la decisione in data 19.07.2016, accertando la violazione della normativa antitrust e comminando pesanti sanzioni alle imprese costruttrici MAN, Volvo/Renault, Daimler, IVECO e DAF, per avere compiuto accordi collusivi in materia di prezzi degli autocarri dal 1997 al 2011. In particolare, aveva applicato ad IVECO, la quale aveva ammesso la partecipazione al cartello dal 26 giugno 2001 al 18 gennaio 2011, una sanzione pari alla somma di 494.606.000,00 euro, tenuto conto della riduzione del 10% della sanzione per la collaborazione con la Commissione .
    2. Le difese della convenuta.
Con comparsa depositata il 27.04.2018, la convenuta IVECO si costituiva, eccependo la prescrizione del diritto risarcitorio azionato e, nel merito, chiedendo il rigetto delle domande attoree. In particolare, deduceva che:
    • la decisione del 19.07.2016 era stata adottata all’esito di una procedura di settlement, disciplinata dall’art. 10 bis del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli artt. 81 e 82 del Trattato CE.
    • Non applicandosi retroattivamente le nuove norme contenute nella Direttiva 2014/104/UE e nel d.lgs. n. 3/2017 sulla prescrizione, il diritto risarcitorio di CAVE MARMI era prescritto, in quanto nel settembre 2010 l’Autorità garante della concorrenza del Regno Unito, l’Office of Fair Trading, aveva avviato un procedimento in merito ad una presunta condotta anticoncorrenziale delle imprese costruttrici di cui


era stata data notizia su diversi siti internet; inoltre era prescritto anche in conseguenza dell’avvio del procedimento da parte della Commissione nel mese di gennaio 2011, la cui notizia era stata diffusa a mezzo stampa.
    • Le decisioni adottate dalla Commissione Europea all’esito di una procedura di settlement non erano vincolanti per il giudice del risarcimento, pena la violazione dei diritti di difesa tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali, in particolare gli artt. 47 e 48 par. 2.
Ciò dedotto, la convenuta chiedeva di sospendere il giudizio ed esperire un rinvio alla Corte di giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE sui seguenti quesiti:
    1) se l’art. 16 del Regolamento n. 1/2003 debba essere interpretato nel senso che esso si applica anche alle decisioni della Commissione adottate nell’ambito di una procedura di transazione ai sensi dell’art. 10-bis del regolamento n. 773/2004, nonostante il carattere meno dettagliato delle stesse e la rinuncia da parte dell’impresa a taluni diritti di difesa.
    2) In caso di risposta affermativa, se l’art. 16 del Regolamento n. 1/2003, così interpretato, si pone in contrasto con gli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali, con la conseguenza che il giudice nazionale, in virtù dell’efficacia diretta e sovraordinata di tali norme, sia legittimato a procedere ad un’autonoma e piena valutazione dei fatti oggetto del giudizio, anche disattendendo la decisione della Commissione.
    3) In caso di risposta negativa al secondo quesito, se l’art. 16 del Regolamento n. 1/2003 comporti l’impossibilità per il giudice del risarcimento di procedere ad un’autonoma e piena valutazione dei fatti, della natura e del grado di responsabilità di un’impresa oggetto di una decisione della Commissione di condanna emessa nell’ambito di una procedura di transazione, anche quando tale impossibilità si ponga in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale italiano.

    3. Nella prima udienza del 30 maggio 2018, su richiesta della convenuta, il giudice fissava udienza per la precisazione delle conclusioni del 19 giugno 2018, ritenendo la necessità di sottoporre al Collegio la questione dell’efficacia delle decisioni della Commissione, trattandosi di una questione pregiudiziale di merito da cui dipendeva la determinazione dell’ambito dell’istruttoria. Pertanto, all’udienza del 19 giugno 2019, fatte precisare le conclusioni, il Giudice concedeva il termine di 20 giorni per il deposito


delle sole comparse conclusionali, avendo le parti rinunciato al termine della replica, e assegnava la causa in decisione al collegio.
    4. Sull’ eccezione di prescrizione.
        4.1. Le difese delle parti.
La convenuta ha eccepito la prescrizione dei diritti azionati dall’attrice sul presupposto, da un lato, della non applicabilità della disciplina contenuta nella direttiva 104/2014, all’art. 10 e nel DLgs n 3/2017, all’art.8 e, dall’altro, della decorrenza del termine quinquennale dal settembre 2010, data in cui sarebbero state avviate le indagini dall’autorità della concorrenza inglese o, in subordine, dal gennaio 2011, data in cui sarebbe stato avviato il procedimento a livello dell’Unione Europea.
L’attrice, invece, ha contestato l’eccezione, sostenendo che il termine prescrizionale decorra, non dalla data di apertura del procedimento da parte dell’autorità garante della concorrenza del Regno Unito, ma dal 2016, data in cui è stata emessa la decisione da parte della Commissione Europea, poiché solo da tale momento l’attrice sarebbe venuta a conoscenza della violazione del diritto antitrust e dell’accordo di cartello a cui avrebbe partecipato la convenuta Iveco s.p.a.; ha inoltre aggiunto, quanto all’apertura dell’indagine da parte della Commissione europea iniziata nel 2011, che il comunicato è stato pubblicato solo nel 2016.
        4.2. Sulle disposizioni previste in tema di prescrizione dalla direttiva 104/2014 e dal DLgs n 3/2017.
Al fine di decidere la questione preliminare dell’eccezione di prescrizione, deve anzitutto valutarsi quale sia la natura delle nuove disposizioni in tema di prescrizione delle azioni per il risarcimento del danno previste dalla direttiva 2014/104 e dal d.lgs n 3/2017.
Esse hanno profondamente inciso sul tema in oggetto, in quanto non hanno solo espressamente previsto qual è il termine prescrizionale (cinque anni) e il dies a quo (conoscenza o ragionevole presunzione di conoscenza della violazione antitrust da cui discenda un danno e dell’identità dell’autore della violazione), limitandosi a recepire il pregresso e consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass 2305/2007, Cass 26188/2011),   ma   hanno   anche  previsto   nuove  disposizioni   volte  ad agevolare il



danneggiato per renderne effettiva la tutela, tenendo conto della posizione di svantaggio in cui egli si trova.

A tale fine, in particolare, ha previsto che: “il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata”; “la prescrizione rimane sospesa quando l’autorità garante della concorrenza avvia un’indagine o un’istruttoria in relazione alla violazione del diritto alla concorrenza a cui si riferisce l’azione per il diritto al risarcimento del danno”; “la sospensione si protrae per un anno dal momento in cui la decisione relativa alla violazione del diritto della concorrenza è divenuta definitiva o dopo che il procedimento si è chiuso in altro modo”.
        4.3. Sulla natura sostanziale delle nuove disposizioni.
Posto che le nuove disposizioni menzionate, con riguardo alla sospensione della prescrizione, di per sé determinerebbero il rigetto dell’eccezione, poiché nel caso di specie la decisione emessa all’esito della procedura di settlement è del 19 luglio 2016, è necessario anzitutto verificare se esse abbiano efficacia retroattiva.
Le disposizioni in tema di prescrizione sono di natura sostanziale e quindi non sono retroattive (art. 11 disposizioni sulla legge). Per orientamento costante della giurisprudenza nazionale ed europea, “le norme sostanziali di diritto dell’Unione Europea devono essere interpretate come applicabili a situazioni createsi anteriormente alla loro entrata in vigore soltanto qualora dalla lettera, dallo scopo e dallo spirito di tali norme risulti chiaramente che deve essere loro attribuita tale efficacia ( CGE 24 marzo 2011, C-369/09; CGE 14 febbraio 2012, C-17/10). Salvo che non sia disposto il contrario, il principio della certezza del diritto impone che le norme sostanziali non possano essere applicate retroattivamente.
La direttiva n. 2014/104, che regola le azioni per il risarcimento del danno, non ha previsto deroghe al principio dell’irretroattività delle disposizioni di natura sostanziale, ma ha pleonasticamente stabilito che gli stati membri devono assicurare che “le disposizioni sostanziali non si applichino retroattivamente” (art. 22 primo comma). Il dlgs n 3/2017, nell’attuare la direttiva, ha invero previsto che solo alcune disposizioni di natura processuale possano applicarsi ai giudizi di risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza promossi successivamente al 26 dicembre 2014 (art. 19 Dlgs  3/2017).      A  conferma  della  natura  sostanziale  delle  disposizione  in  tema di


prescrizione, il Dlgs n 3/2017, all’art. 8, non ha ricompreso quest’ultima tra quelle applicabili ai giudizi già promossi alla data del 26 dicembre 2014.
Da tali considerazioni consegue che le enunciate nuove disposizioni previste dalla direttiva in tema di prescrizione, recepite dal diritto nazionale, non si applicano al caso di specie e quindi non possono, di per sé, escludere la fondatezza dell’eccezione di prescrizione.
        4.4. Sulla decorrenza del dies a quo secondo la giurisprudenza previgente.
Ciò precisato, il dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cinque anni va determinato, secondo consolidata giurisprudenza, non dal momento in cui l'agente compie l'illecito, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo  oggettivamente  percepibile  e riconoscibile
(Cass 2007 cit,  Cass. 9 maggio 2000, n. 5913; Cass. 28 luglio 2000, n. 9927, 2645/2003; si veda inoltre Cass 6 dicembre 2011 che, ribadendo tale principio, ha fatto decorrere il dies a quo dalla data di deposito del provvedimento sanzionatorio dell'AGCM ).
L'art. 2947 c.c. deve essere  letto  ed  interpretato  congiuntamente  al  disposto  dell'art. 2935 cod. civ., per cui  la prescrizione  comincia a decorrere da quando il  diritto può essere fatto valere. Secondo la  citata  giurisprudenza,  per esercitare il  diritto al risarcimento del danno è indispensabile che il titolare sia adeguatamente informato non solo dell'esistenza del danno, ma anche della sua ingiustizia, non  potendo  altrimenti  riscontrarsi   nel   suo comportamento   l'inerzia che è alla base  della prescrizione.  L'art. 2947   c.c.  deve  essere  quindi  interpretato  nel  senso  che   la prescrizione  inizia  a  decorrere non dal momento  in  cui  l'agente compie  l'illecito  o da quello in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all'altrui diritto, bensì dal momento in cui l'illecito ed  il  conseguente  danno  si  manifestano  all'esterno, divenendo oggettivamente percepibili e riconoscibili (Cass. 9 maggio 2000, n. 5913; Cass. 28 luglio 2000, n. 9927; Cass. 21 febbraio 2003, n. 2645).
Il "fatto", di cui all'art. 2947 c.c., va interpretato come “comprensivo, non solo del comportamento doloso o colposo, ma anche dell'evento dannoso” ( Cass 2305/2007 cit). In tal modo la prescrizione  decorre non dalla cessazione  della  condotta generatrice  del danno, ma dall'esteriorizzazione del danno stesso. L'inerzia e, quindi, il momento di decorrenza  della  prescrizione,  rileva  solo  quando  il  complesso  di  informazioni che


compone il  quadro  cognitivo  del  soggetto  leso  raggiunge  un  livello  di  completezza tale da essere ritenuto sufficiente a consentirgli di esercitare il diritto risarcitorio( Cass 2305/2007). Occorre a tale fine che il fatto sia percepito (o possa esserlo usando l'ordinaria diligenza) non nella sua  realtà  fenomenica,  ma  con  riguardo a tutte le componenti che lo rendono ingiusto, per effetto  di  un comportamento colposo imputabile a un soggetto individuato.
Codificando l’enunciato consolidato orientamento, il decreto legislativo n 3/2017, attuando la direttiva 2014/104, all’art. 8, ha previsto che il dies a quo può incominciare a decorrere solo quando l’attore sia a conoscenza (o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza) di tutti i seguenti elementi: a) della condotta e del fatto che tale condotta costituisca una violazione del diritto della concorrenza; b) del fatto che la violazione del diritto della concorrenza gli ha cagionato un danno; c) dell’identità dell’autore della violazione. Tale disposizione, nella parte testé esaminata, non rappresenta una novità per il diritto interno, giacché recepisce la giurisprudenza nazionale già formatasi.

        4.5. Sull’onere della prova.
Sotto il profilo probatorio, l’onere di provare l’eccezione incombe al convenuto che, quindi, è tenuto a provare, ai fini della decorrenza, il momento in cui chi agisce abbia assunto “l'adeguata e ragionevole percezione del danno  subito  e  della sua ingiustizia” o il verificarsi “ dell'oggettiva possibilità, per una persona di normale diligenza, di conoscere adeguatamente tutti gli elementi che la pongano in condizione di dismettere la sua inerzia e di esercitare il diritto al risarcimento”.
        4.6. Sul dies a quo nel caso in esame.
Venendo al caso in esame, il convenuto ha individuato, quale termine di decorrenza del dies a quo, le date del settembre 2010 o, in subordine, del gennaio 2011; nel primo caso, sarebbero state avviate le indagini dall’ Autorità garante della concorrenza del Regno Unito in merito ad una presunta condotta anticoncorrenziale delle case costruttrici; nel secondo caso avviato il procedimento da parte della Commissione Europea, di cui sarebbe stata data pubblica notizia con comunicati stampa e riviste nel settore degli autotrasporti ( doc 11, 12, 13, 14).



Il convenuto non ha provato che l’attore avesse, già a tali date, adeguata e completa conoscenza della specifica violazione antitrust, della sua imputabilità al soggetto convenuto e del danno eziologicamente riferibile alla violazione antitrust.
Gli articoli di stampa prodotti dal convenuto, sul quale grava l’onere della prova, non forniscono alcuna affidabile e completa conoscenza da parte dell’attore dei fatti dannosi. Si tratta di meri comunicati stampa connotati da genericità, in cui non sono ancora conosciuti con precisione i fatti e le violazioni; comunicati che implicano, inoltre, giudizi e valutazioni giuridicamente non rilevanti. Da tali generiche informazioni, non può certamente evincersi una completa conoscenza di tutte le componenti dell’illecito - a tale data ancora da accertare- comprendente non solo la specifica violazione antitrust, ma anche il danno da esso derivato al soggetto, che è tenuto, solo in forza di tale completa conoscenza, ad azionare i suoi diritti prima che decorra il termine prescrizionale. Nessuno degli articoli di stampa e dei documenti prodotti dalla convenuta fornisce alle date sopra indicate una dettagliata, attendibile e specifica informazione di violazioni antitrust poste in essere dal convenuto dalle quali sia derivato un danno per l’attore. La gran parte degli articoli di stampa prodotti si limita, invece, ad enunciare la esistenza di “sospetti di cartelli” che avrebbe condotto a delle ispezioni (cfr., ad es., doc 11, 12 e 13).
L’eccezione di prescrizione non è quindi fondata.

    5. Sul coordinamento tra public e private Enforcement.
        5.1. Sulla decisione adottata dalla Commissione Europea all’esito di una procedura di settlement.
In data 19 luglio 2016 la Commissione Europea, dopo avere avviato un procedimento ai sensi dell’art 11 paragrafo 6 Reg n 1/2003 nei confronti dei Iveco e di altre case produttrici, ha adottato una decisione a seguito di richiesta di transazione avanzata dalla convenuta in conformità all’art 10 bis paragrafo due, reg 773/2004.
Con tale decisione la Commissione ha accertato che “i destinatari della decisione hanno partecipato a una collusione e hanno responsabilità ad essa connesse, violando l’art 101 Trattato” durante i periodi che sono espressamente indicati. In particolare, ha accertato che “l’infrazione consisteva in accordi collusivi sulla fissazione dei prezzi e sugli aumenti dei prezzi lordi degli autocarri medi e pesanti; gli accordi riguardavano inoltre


le tempistiche e il trasferimento dei costi relativi all’introduzione di tecnologie a basse emissioni per autocarri medi e pesanti richieste dalle norme da Euro 3 a Euro 6. L’infrazione aveva interessato l’intero territorio del SEE ed era durata dal 17 gennaio 1997 al 18 gennaio 2011.”
La Commissione, applicata la riduzione in applicazione della Comunicazione concernente la transazione, ha quindi irrogato alla convenuta l’ammenda in essa prevista.
        5.2. Sull’efficacia della decisione
E’ controverso nel presente giudizio se alla decisione adottata a seguito di richiesta di transazione, avanzata dalla convenuta in conformità al Reg 773/2004, art 10 bis paragrafo due, sia applicabile il disposto dell’art. 16 reg 1/2003
E’ quindi necessario preliminarmente verificare se la decisione, emessa all’esito del procedimento, sia vincolante in forza del disposto dell’art 16 Reg 1/2003.
L’art. 16 Reg. 1/2003, primo comma, prevede, che “quando le giurisdizioni nazionali  si pronunciano su accordi, decisioni, pratiche ai sensi dell’art. 81 o 82 del trattato (ora 101 e 102 TFUE) che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Esse devono inoltre evitare decisioni in contrasto con una decisione contemplata dalla Commissione in procedimenti da essa avviati …”
Tale disposizione recepisce quanto già affermato dalla giurisprudenza comunitaria che, a fondamento del principio generale di certezza del diritto, ha affermato che: “un giudice nazionale, quando si pronuncia su un accordo o pratica, non ancora oggetto di decisione da parte della Commissione, ma che può esserlo, deve evitare di adottare decisioni incompatibili con una decisione che la Commissione intende adottare per l’applicazione della normativa antitrust comunitaria. A fortiori i giudici nazionali, quando si pronunciano su accordi o pratiche che sono già oggetto di decisione da parte della Commissione, non possono adottare decisioni in contrasto con quella della Commissione, anche se quest’ultima è in contrasto con la decisione pronunciata da un giudice nazionale di primo grado” (Cfr. CG 14 dicembre 2000 in C-344/98 Masterfoods Ltd).
        5.3. La procedura di settlement


Al fine di rispondere al quesito sull’applicabilità dell’art. 16 Reg. cit., affrontando il controverso tema dell’efficacia della decisione della Commissione, deve essere preso in esame il procedimento di settlement all’esito del quale è stata emessa la decisione da parte della Commissione Europea.
L’istituto della transazione o “settlement” è stato introdotto nell’ordinamento comunitario dal Regolamento n 622/2008 del 30 giugno 2008, che ha modificato il reg 773/2004 per quanto riguarda la transazione nei procedimenti relativi ai cartelli. Il procedimento è dettagliatamente disciplinato dalla Comunicazione 2008/c 167/01 “concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni a norma degli artt. 7 e 23 del reg 1/2003 nei casi di cartelli”. Si tratta di una procedura semplificata, che consente alle imprese coinvolte di giungere ad un accordo per una definizione più celere del procedimento, con una riduzione dei tempi dell’istruttoria. Il procedimento conduce all’adozione della decisione da parte della Commissione ai sensi degli artt. 7 e 23 del regolamento 1/2003.
Come espressamente enunciato nella Comunicazione, è garantito anche in tale procedimento il diritto di difesa in capo alle parti che “sono messe in grado di esprimere efficacemente il loro punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegati dalla Commissione durante la intera procedura amministrativa” ( Comunicazione 2/7/2008 punto 4).
La Commissione, dopo avere avviato un procedimento istruttorio, se raccoglie evidenze probatorie sufficienti a supportare l’esistenza del cartello, verifica l’interesse delle parti coinvolte alla possibile transazione; le parti devono manifestare per iscritto la disponibilità a partecipare a discussioni per poter giungere a una transazione: se le parti richiedono di avviare discussioni di transazione, la Commissione può decidere se dare inizio alla procedura.
Nell’ambito delle discussioni le parti vengono informate in merito “agli elementi essenziali presi in considerazione dalla Commissione, quali i fatti contestati, la loro classificazione, la gravità e la durata del presunto cartello, l’imputazione della responsabilità, una stima della forcella delle ammende applicabili, nonché gli elementi probatori utilizzati a sostegno dei potenziali addebiti”. Tale dispositivo permetterà alle parti di far valere il loro punto di vista sugli addebiti che vengono mossi nei loro


confronti e permette loro di decidere, in perfetta cognizione di causa, se accedere o meno alla transazione (Comunicazione cit. par. 16).
Al fine di consentire alle parti l’esercizio del diritto di difesa, le parti che lo richiedano possono ottenere “l’accesso alle versioni non riservate di qualsiasi documento accessibile che si trovi nel fascicolo del caso istruttorio, previa informazione e consegna di un elenco contenente tutti i documenti accessibili esistenti nel detto fascicolo”.
Al fine di garantire alla parti l’esercizio effettivo del diritto di difesa, “le parti possono inoltre rivolgersi al consigliere in qualsiasi momento della procedura di transazione in merito a qualsiasi questione inerente il principio del giusto processo” ( Comunicazione cit.,§. 18).
Le parti che optano per una procedura di transazione devono presentare una richiesta formale di transazione sotto forma di una proposta di transazione, la quale deve contenere: a) un riconoscimento in termini chiari ed inequivocabili della responsabilità delle parti per l'infrazione, descritta sinteticamente per quanto riguarda l'oggetto, l'eventuale attuazione, i fatti principali, la loro qualificazione giuridica, inclusi il ruolo delle parti e la durata della loro partecipazione all'infrazione conformemente ai risultati delle discussioni di transazione; b) un'indicazione dell'importo massimo dell'ammenda che le parti prevedono sarà loro inflitta dalla Commissione e che esse accetterebbero nel quadro di una procedura di transazione; c) la conferma delle parti che sono state sufficientemente informate degli addebiti che la Commissione intende muovere nei loro confronti e che è stata loro sufficientemente accordata la possibilità di esprimere il proprio punto di vista alla Commissione; d) la conferma delle parti che, in considerazione di quanto sopra, non intendono chiedere l'accesso al fascicolo né di essere nuovamente sentite in un'audizione orale, salvo che la Commissione non rispecchi la loro proposta di transazione nella comunicazione degli addebiti e nella decisione; e) il consenso delle parti di ricevere la comunicazione degli addebiti e la decisione definitiva ai sensi dell'articolo 7 e dell'articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 in una lingua ufficiale concordata della Comunità europea (Comunicazione cit.,
§ 20).




Nella procedura di transazione, come in quella ordinaria, la Commissione deve emettere una comunicazione degli addebiti: per garantire l’esercizio effettivo dei diritti delle parti alla difesa, la Commissione deve sentire il loro punto di vista sugli addebiti mossi nei loro confronti e sugli elementi probatori utilizzati e ne deve tener conto, modificando in caso la propria analisi preliminare (par. 23-24).
Una volta che le parti abbiano confermato nella risposta alla comunicazione degli addebiti l’impegno di giungere a una transazione, viene adottata la decisione definitiva ai sensi dell’art. 7 e/o dell’art. 23 reg 1/2003 in linea con il contenuto della proposta di transazione e della comunicazione degli addebiti ( § 28). La Commissione ha la facoltà di adottare una posizione definitiva che differisca da quella iniziale espressa nella comunicazione degli addebiti che racchiude la proposta di transazione delle parti. In  tale caso, però, la Commissione, al fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa, deve informarne le parti tramite una nuova Comunicazione degli addebiti; ne consegue che le parti hanno il diritto di accedere nuovamente al fascicolo, di chiedere un’audizione orale e di rispondere alla comunicazione degli addebiti, e le proposte di transazione s’intendono rinunciate e non possono essere utilizzate come prove ( comunicazione,
§29).
Le decisioni definitive adottate dalla Commissione in applicazione del Reg 1/2003 sono soggette al controllo giurisdizionale.
        5.4. Conclusioni.
Dall’esame del procedimento di settlement emerge che esso assicura alle imprese convenute l’esercizio del diritto di difesa, consentendo alle parti di effettuare una scelta dopo avere conosciuto gli elementi di prova a loro carico, avere avuto accesso al fascicolo ed essendo state messe in condizione di essere sentite sugli addebiti.
La parte che presenta la proposta di transazione compie, dunque, una scelta consapevole, essendo stata messa in condizione di esercitare i diritti di difesa tota re cognita et perspecta, come espressamente riconosciuto dalla convenuta al momento in cui ha formulato la proposta di transazione.
Il provvedimento adottato dalla Commissione è soggetto a controllo giurisdizionale.
Nel caso di specie, l’impresa convenuta, pur avendo il diritto di impugnare, vi ha rinunciato, prestando acquiescenza alla sentenza, riconoscendo espressamente la sua

responsabilità, nonché di essere stata messa in condizione di esercitare il diritto di difesa.
Va altresì rilevato che, in questa sede, la convenuta non ha neppure dedotto un pregiudizio concreto e specifico, essendosi solo limitata a fare riferimento a una generica compressione dei diritti di difesa.
Il procedimento amministrativo ha dunque realizzato le garanzie del giusto processo di cui all’art. 6 Convenzione EDU e si è concluso con una decisione, emessa ex artt. 7 e
23 Reg, assoggettabile ad un sindacato giurisdizionale a cui la parte ha consapevolmente rinunciato.

Val la pena di aggiungere che la giurisprudenza comunitaria e nazionale ha affermato il principio secondo il quale, ai fini del rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 6 convenzione EDU, in tema di diritto di difesa e del giusto processo, “gli Stati possono scegliere se realizzare le garanzie del giusto processo di cui all’art. 6 già nella fase amministrativa o mediante l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio applicato dall’autorità amministrativa (all’esito di un procedimento non connotato da quelle garanzie) ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva, attuato attraverso un procedimento conforme alle prescrizioni dell’art. 6 della Convenzione…nell’ambito di un giudizio che assicura le garanzie del giusto processo” ( Cass SSU 30 settembre 2009 n 20935).
Non assumono alcun rilievo qui le doglianze aventi ad oggetto i pretesi limiti del sindacato del giudice dell’Unione, in quanto la parte convenuta ha rinunciato ad esercitare tale diritto per consapevole scelta, riconoscendo espressamente di avere esercitato il diritto di difesa, nonché riconoscendo la sua responsabilità con cognizione di tutti gli elementi di prova risultanti a suo carico.
    6. L’art. 16 e le decisioni sugli impegni
Secondo la concorde dottrina, l’efficacia vincolante delle decisioni della Commissione riguarda quelle emesse ai sensi degli artt. 7 e 23 del regolamento 1/2003 - tra le quali, come si è visto, per espressa previsione, sono riconducibili quelle in esame- e non invece le decisioni con le quali la Commissione rende obbligatori gli impegni presentati dalle imprese per fare cessare un’infrazione (art. 9 Reg. 1/2003).



Tale differenza ha una sua ratio. La Commissione, quando adotta una decisione sugli impegni, ex art. 9 Reg., si limita a rendere obbligatori gli impegni assunti dalle imprese, senza alcun accertamento sulla sussistenza delle violazioni antitrust. Il Reg n 1/2003, nei consideranda 13 e 22, espressamente prevede che la decisione sugli impegni non costituisca una accertamento dell’infrazione e che quindi non possa avere efficacia vincolante per il giudice adito in sede di risarcimento del danno, stabilendo che: “ le decisioni concernenti gli impegni dovrebbero accertare che l’intervento della Commissione non è più giustificato, senza giungere alla conclusione dell’eventuale sussistere o perdurare di un’infrazione. Le decisioni concernenti gli impegni non pregiudicano la facoltà delle autorità garanti della concorrenza e delle giurisdizioni degli Stati membri di procedere a detto accertamento e di prendere una decisione”.
Nell’affrontare il tema del coordinamento tra public e private enforcement, e nel ribadire il rispetto dei principii della certezza del diritto e dell’applicazione uniforme delle regole di concorrenza comunitarie evitando il conflitto di giudicato, il citato regolamento aggiunge in modo eloquente che “le decisioni d’impegno adottate dalla Commissione lasciano impregiudicato il potere delle giurisdizioni e delle autorità garanti della concorrenza degli stati Membri di applicare gli articoli 81 e 82 del trattato”, così chiarendo che non vincolano il giudice adito in sede di risarcimento del danno con riguardo all’esistenza dell’infrazione antitrust.
Sulla base di quanto considerato, le decisioni sugli impegni non sono quindi equiparabili alle decisioni adottate all’esito di una procedura di settlement, disciplinata dall’art. 10 bis del Regolamento (CE) n. 773/2004, perché queste ultime implicano un accertamento da parte della autorità amministrativa della violazione antitrust e della responsabilità dell’impresa e, come visto, sono ascrivibili alle decisioni emesse ai sensi degli artt. 7 e 23 reg 1/2003, a cui si applica, per espresso disposto, l’efficacia prevista dall’art. 16 reg cit.

    7. Sui limiti dell’ efficacia vincolante
L’effetto di vincolo per il giudice delle azioni civili di follow on, esercitate dopo che sia stata emessa una decisione dalla Commissione, riguarda la sola sussistenza della violazione antitrust accertata e non il quantum della pretesa risarcitoria subita dal soggetto danneggiato da tale violazione.   Coerentemente con il disposto dell’art. 7  dlgs

n 3/2017, che ha esteso tale efficacia anche alle decisioni dell’Autorità antitrust, in attuazione della direttiva n 104/2004, l’effetto di vincolo riguarda esclusivamente “la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, ma non il nesso di causalità e l’esistenza del danno” riservati alla valutazione del giudice davanti al quale sia esercitata l’azione civile di risarcimento del danno.
In altre parole, l’efficacia vincolante della decisione della Commissione non esclude il potere/dovere di rigetto della domanda di risarcimento del danno nel caso in cui, ad esempio, si accerti l’intervenuto decorso della prescrizione, oppure si accerti che l’intesa, di cui sia stata riconosciuto l’oggetto anticoncorrenziale, non abbia avuto effetti anticoncorrenziali o ancora che il danno lamentato in sede risarcitoria non sia legato da un nesso di causalità con la violazione accertata.

Deve dunque procedersi alla fase istruttoria che dovrà verificare nel concreto i limiti e la portata degli accertamenti compiuti nell’ambito del procedimento svoltosi dinanzi all’AGCM nei confronti della parte convenuta, al fine di verificare l’effettiva sussistenza di effetti anticoncorrenziali in concreto determinatisi a carico di parte attrice.
    8. Rimessione sul ruolo.
La causa deve essere rimessa sul ruolo, come da separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio.
    9. Le spese. Considerata la natura non definitiva della sentenza, non si provvede sulle spese che verranno regolate all’esito del giudizio.

 



P.Q.M.
 

Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia d’impresa – A –, non definitivamente pronunciando sulle domande proposte da CAVE MARMI VALLESTRONA SRL nei confronti di IVECO SPA, rigettata ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
    • rigetta l’eccezione di prescrizione proposta dalla convenuta.
    • Dispone la rimessione della causa sul ruolo, come da separata ordinanza. Così deliberato in Milano, nella camera di consiglio del 19 luglio 2018

 
Il Giudice Relatore  - dott.ssa Silvia Giani
Il Presidente - dott. Claudio Marangoni
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO0
TRIBUNALE di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D’IMPRESA
– A –

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Claudio Marangoni  - Presidente
dott.ssa Silvia Giani  - Giudice Relatore
dott. Perrotti Pierluigi  - Giudice

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa civile di I Grado iscritta al n.r.g. 9266/2018 promossa da:
CAVE MARMI VALLESTRONA SRL, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’ Avv. Pietro Ferrario, giusta procura in calce all’atto di citazione, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Sesto Calende (VA), Via Risorgimento 2

 

ATTRICE

contro


ICIVECO S.P.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Enrico Adriano Raffaelli, Elisabetta Teti ed Alessandro Raffaelli, giusta procura notarile allegata alla comparsa di risposta, elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori in Milano, Via Monte Napoleone, 18

 

 

 

CONVENUTA


OGGETTO: risarcimento del danno da illecito antitrust

 

 

 

 



CONCLUSIONI
 

Per l’attrice:



In via principale: accertare e dichiarare che Iveco spa ha violato la normativa interna e comunitaria che vieta alle imprese di stipulare accordi collusivi della concorrenza e per l’effetto, condannarla al pagamento in favore di Cave Marmi Vallestrona srl dell’importo di Euro 24.000,00 – pari al 20% dell’importo pagato - per l’acquisto del veicolo Iveco Magirus As 440/ST/EA tg. DN748EY a titolo di sovrapprezzo pagato dall’odierna attrice in presenza di accordo di cartello o di quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia anche da liquidarsi in via equitativa ex art 1226 c.c. oltre rivalutazione monetaria e interessi sino all’effettivo soddisfo;
In via istruttoria si insiste per la concessione dei termini per il deposito delle memorie di cui all’art. 183 c.p.c..
Si chiede sin da ora di essere ammessi a prova contraria sulle circostanze di prova ex adverso formulate, eventualmente ammesse.
Con vittoria di spese e compensi professionali. Per il convenuto:
In via preliminare di merito:
    • dichiarare l’estinzione per avvenuta prescrizione dei diritti azionati dalla parte attrice, per le ragioni esposte in narrativa e, per l’effetto, rigettare tutte le domande formulate nei confronti di Iveco S.p.A.;
In via principale:
    • previa, ove occorra, sospensione del giudizio ai fini degli invocati rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea ex art. 267 TFUE e/o dell’invocato incidente di costituzionalità alla Corte Costituzionale, rigettare integralmente tutte le domande ed ulteriori istanze formulate dalla parte attrice nei confronti di Iveco S.p.A., in quanto infondate, in fatto e in diritto, per le ragioni esposte in narrativa.
In via istruttoria:
    • con la più ampia riserva di produrre e dedurre, anche istanze istruttorie, nei termini di cui all’art. 183, VI comma, nn. 1, 2, 3 c.p.c.;
In ogni caso:
    • con vittoria di spese, diritti e compensi professionali oltre IVA e CPA, come per legge.
***




MOTIVAZIONE
    1. Con atto notificato il 2 febbraio 2018, la società attrice CAVE MARMI VALLESTRONA SRL ha citato in giudizio IVECO SPA, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della violazione della normativa antitrust, deducendo che:
    • CAVE MARMI, società esercente attività di acquisto, concessione ed esercizio di cave di granito e marmo, aveva acquistato in data 14.10.2008 da Iveco spa il veicolo Iveco Magirus As 440/ST/EA, corrispondendo la somma di euro 120.000,00 comprensiva di iva.
    • La Commissione Europea, dopo aver svolto un’inchiesta su possibili accordi collusivi aventi ad oggetto i prezzi di autocarri, aveva adottato la decisione in data 19.07.2016, accertando la violazione della normativa antitrust e comminando pesanti sanzioni alle imprese costruttrici MAN, Volvo/Renault, Daimler, IVECO e DAF, per avere compiuto accordi collusivi in materia di prezzi degli autocarri dal 1997 al 2011. In particolare, aveva applicato ad IVECO, la quale aveva ammesso la partecipazione al cartello dal 26 giugno 2001 al 18 gennaio 2011, una sanzione pari alla somma di 494.606.000,00 euro, tenuto conto della riduzione del 10% della sanzione per la collaborazione con la Commissione .
    2. Le difese della convenuta.
Con comparsa depositata il 27.04.2018, la convenuta IVECO si costituiva, eccependo la prescrizione del diritto risarcitorio azionato e, nel merito, chiedendo il rigetto delle domande attoree. In particolare, deduceva che:
    • la decisione del 19.07.2016 era stata adottata all’esito di una procedura di settlement, disciplinata dall’art. 10 bis del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli artt. 81 e 82 del Trattato CE.
    • Non applicandosi retroattivamente le nuove norme contenute nella Direttiva 2014/104/UE e nel d.lgs. n. 3/2017 sulla prescrizione, il diritto risarcitorio di CAVE MARMI era prescritto, in quanto nel settembre 2010 l’Autorità garante della concorrenza del Regno Unito, l’Office of Fair Trading, aveva avviato un procedimento in merito ad una presunta condotta anticoncorrenziale delle imprese costruttrici di cui


era stata data notizia su diversi siti internet; inoltre era prescritto anche in conseguenza dell’avvio del procedimento da parte della Commissione nel mese di gennaio 2011, la cui notizia era stata diffusa a mezzo stampa.
    • Le decisioni adottate dalla Commissione Europea all’esito di una procedura di settlement non erano vincolanti per il giudice del risarcimento, pena la violazione dei diritti di difesa tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali, in particolare gli artt. 47 e 48 par. 2.
Ciò dedotto, la convenuta chiedeva di sospendere il giudizio ed esperire un rinvio alla Corte di giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE sui seguenti quesiti:
    1) se l’art. 16 del Regolamento n. 1/2003 debba essere interpretato nel senso che esso si applica anche alle decisioni della Commissione adottate nell’ambito di una procedura di transazione ai sensi dell’art. 10-bis del regolamento n. 773/2004, nonostante il carattere meno dettagliato delle stesse e la rinuncia da parte dell’impresa a taluni diritti di difesa.
    2) In caso di risposta affermativa, se l’art. 16 del Regolamento n. 1/2003, così interpretato, si pone in contrasto con gli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali, con la conseguenza che il giudice nazionale, in virtù dell’efficacia diretta e sovraordinata di tali norme, sia legittimato a procedere ad un’autonoma e piena valutazione dei fatti oggetto del giudizio, anche disattendendo la decisione della Commissione.
    3) In caso di risposta negativa al secondo quesito, se l’art. 16 del Regolamento n. 1/2003 comporti l’impossibilità per il giudice del risarcimento di procedere ad un’autonoma e piena valutazione dei fatti, della natura e del grado di responsabilità di un’impresa oggetto di una decisione della Commissione di condanna emessa nell’ambito di una procedura di transazione, anche quando tale impossibilità si ponga in contrasto con i principi supremi dell’ordine costituzionale italiano.

    3. Nella prima udienza del 30 maggio 2018, su richiesta della convenuta, il giudice fissava udienza per la precisazione delle conclusioni del 19 giugno 2018, ritenendo la necessità di sottoporre al Collegio la questione dell’efficacia delle decisioni della Commissione, trattandosi di una questione pregiudiziale di merito da cui dipendeva la determinazione dell’ambito dell’istruttoria. Pertanto, all’udienza del 19 giugno 2019, fatte precisare le conclusioni, il Giudice concedeva il termine di 20 giorni per il deposito


delle sole comparse conclusionali, avendo le parti rinunciato al termine della replica, e assegnava la causa in decisione al collegio.
    4. Sull’ eccezione di prescrizione.
        4.1. Le difese delle parti.
La convenuta ha eccepito la prescrizione dei diritti azionati dall’attrice sul presupposto, da un lato, della non applicabilità della disciplina contenuta nella direttiva 104/2014, all’art. 10 e nel DLgs n 3/2017, all’art.8 e, dall’altro, della decorrenza del termine quinquennale dal settembre 2010, data in cui sarebbero state avviate le indagini dall’autorità della concorrenza inglese o, in subordine, dal gennaio 2011, data in cui sarebbe stato avviato il procedimento a livello dell’Unione Europea.
L’attrice, invece, ha contestato l’eccezione, sostenendo che il termine prescrizionale decorra, non dalla data di apertura del procedimento da parte dell’autorità garante della concorrenza del Regno Unito, ma dal 2016, data in cui è stata emessa la decisione da parte della Commissione Europea, poiché solo da tale momento l’attrice sarebbe venuta a conoscenza della violazione del diritto antitrust e dell’accordo di cartello a cui avrebbe partecipato la convenuta Iveco s.p.a.; ha inoltre aggiunto, quanto all’apertura dell’indagine da parte della Commissione europea iniziata nel 2011, che il comunicato è stato pubblicato solo nel 2016.
        4.2. Sulle disposizioni previste in tema di prescrizione dalla direttiva 104/2014 e dal DLgs n 3/2017.
Al fine di decidere la questione preliminare dell’eccezione di prescrizione, deve anzitutto valutarsi quale sia la natura delle nuove disposizioni in tema di prescrizione delle azioni per il risarcimento del danno previste dalla direttiva 2014/104 e dal d.lgs n 3/2017.
Esse hanno profondamente inciso sul tema in oggetto, in quanto non hanno solo espressamente previsto qual è il termine prescrizionale (cinque anni) e il dies a quo (conoscenza o ragionevole presunzione di conoscenza della violazione antitrust da cui discenda un danno e dell’identità dell’autore della violazione), limitandosi a recepire il pregresso e consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass 2305/2007, Cass 26188/2011),   ma   hanno   anche  previsto   nuove  disposizioni   volte  ad agevolare il



danneggiato per renderne effettiva la tutela, tenendo conto della posizione di svantaggio in cui egli si trova.

A tale fine, in particolare, ha previsto che: “il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata”; “la prescrizione rimane sospesa quando l’autorità garante della concorrenza avvia un’indagine o un’istruttoria in relazione alla violazione del diritto alla concorrenza a cui si riferisce l’azione per il diritto al risarcimento del danno”; “la sospensione si protrae per un anno dal momento in cui la decisione relativa alla violazione del diritto della concorrenza è divenuta definitiva o dopo che il procedimento si è chiuso in altro modo”.
        4.3. Sulla natura sostanziale delle nuove disposizioni.
Posto che le nuove disposizioni menzionate, con riguardo alla sospensione della prescrizione, di per sé determinerebbero il rigetto dell’eccezione, poiché nel caso di specie la decisione emessa all’esito della procedura di settlement è del 19 luglio 2016, è necessario anzitutto verificare se esse abbiano efficacia retroattiva.
Le disposizioni in tema di prescrizione sono di natura sostanziale e quindi non sono retroattive (art. 11 disposizioni sulla legge). Per orientamento costante della giurisprudenza nazionale ed europea, “le norme sostanziali di diritto dell’Unione Europea devono essere interpretate come applicabili a situazioni createsi anteriormente alla loro entrata in vigore soltanto qualora dalla lettera, dallo scopo e dallo spirito di tali norme risulti chiaramente che deve essere loro attribuita tale efficacia ( CGE 24 marzo 2011, C-369/09; CGE 14 febbraio 2012, C-17/10). Salvo che non sia disposto il contrario, il principio della certezza del diritto impone che le norme sostanziali non possano essere applicate retroattivamente.
La direttiva n. 2014/104, che regola le azioni per il risarcimento del danno, non ha previsto deroghe al principio dell’irretroattività delle disposizioni di natura sostanziale, ma ha pleonasticamente stabilito che gli stati membri devono assicurare che “le disposizioni sostanziali non si applichino retroattivamente” (art. 22 primo comma). Il dlgs n 3/2017, nell’attuare la direttiva, ha invero previsto che solo alcune disposizioni di natura processuale possano applicarsi ai giudizi di risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza promossi successivamente al 26 dicembre 2014 (art. 19 Dlgs  3/2017).      A  conferma  della  natura  sostanziale  delle  disposizione  in  tema di


prescrizione, il Dlgs n 3/2017, all’art. 8, non ha ricompreso quest’ultima tra quelle applicabili ai giudizi già promossi alla data del 26 dicembre 2014.
Da tali considerazioni consegue che le enunciate nuove disposizioni previste dalla direttiva in tema di prescrizione, recepite dal diritto nazionale, non si applicano al caso di specie e quindi non possono, di per sé, escludere la fondatezza dell’eccezione di prescrizione.
        4.4. Sulla decorrenza del dies a quo secondo la giurisprudenza previgente.
Ciò precisato, il dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cinque anni va determinato, secondo consolidata giurisprudenza, non dal momento in cui l'agente compie l'illecito, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo  oggettivamente  percepibile  e riconoscibile
(Cass 2007 cit,  Cass. 9 maggio 2000, n. 5913; Cass. 28 luglio 2000, n. 9927, 2645/2003; si veda inoltre Cass 6 dicembre 2011 che, ribadendo tale principio, ha fatto decorrere il dies a quo dalla data di deposito del provvedimento sanzionatorio dell'AGCM ).
L'art. 2947 c.c. deve essere  letto  ed  interpretato  congiuntamente  al  disposto  dell'art. 2935 cod. civ., per cui  la prescrizione  comincia a decorrere da quando il  diritto può essere fatto valere. Secondo la  citata  giurisprudenza,  per esercitare il  diritto al risarcimento del danno è indispensabile che il titolare sia adeguatamente informato non solo dell'esistenza del danno, ma anche della sua ingiustizia, non  potendo  altrimenti  riscontrarsi   nel   suo comportamento   l'inerzia che è alla base  della prescrizione.  L'art. 2947   c.c.  deve  essere  quindi  interpretato  nel  senso  che   la prescrizione  inizia  a  decorrere non dal momento  in  cui  l'agente compie  l'illecito  o da quello in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all'altrui diritto, bensì dal momento in cui l'illecito ed  il  conseguente  danno  si  manifestano  all'esterno, divenendo oggettivamente percepibili e riconoscibili (Cass. 9 maggio 2000, n. 5913; Cass. 28 luglio 2000, n. 9927; Cass. 21 febbraio 2003, n. 2645).
Il "fatto", di cui all'art. 2947 c.c., va interpretato come “comprensivo, non solo del comportamento doloso o colposo, ma anche dell'evento dannoso” ( Cass 2305/2007 cit). In tal modo la prescrizione  decorre non dalla cessazione  della  condotta generatrice  del danno, ma dall'esteriorizzazione del danno stesso. L'inerzia e, quindi, il momento di decorrenza  della  prescrizione,  rileva  solo  quando  il  complesso  di  informazioni che


compone il  quadro  cognitivo  del  soggetto  leso  raggiunge  un  livello  di  completezza tale da essere ritenuto sufficiente a consentirgli di esercitare il diritto risarcitorio( Cass 2305/2007). Occorre a tale fine che il fatto sia percepito (o possa esserlo usando l'ordinaria diligenza) non nella sua  realtà  fenomenica,  ma  con  riguardo a tutte le componenti che lo rendono ingiusto, per effetto  di  un comportamento colposo imputabile a un soggetto individuato.
Codificando l’enunciato consolidato orientamento, il decreto legislativo n 3/2017, attuando la direttiva 2014/104, all’art. 8, ha previsto che il dies a quo può incominciare a decorrere solo quando l’attore sia a conoscenza (o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza) di tutti i seguenti elementi: a) della condotta e del fatto che tale condotta costituisca una violazione del diritto della concorrenza; b) del fatto che la violazione del diritto della concorrenza gli ha cagionato un danno; c) dell’identità dell’autore della violazione. Tale disposizione, nella parte testé esaminata, non rappresenta una novità per il diritto interno, giacché recepisce la giurisprudenza nazionale già formatasi.

        4.5. Sull’onere della prova.
Sotto il profilo probatorio, l’onere di provare l’eccezione incombe al convenuto che, quindi, è tenuto a provare, ai fini della decorrenza, il momento in cui chi agisce abbia assunto “l'adeguata e ragionevole percezione del danno  subito  e  della sua ingiustizia” o il verificarsi “ dell'oggettiva possibilità, per una persona di normale diligenza, di conoscere adeguatamente tutti gli elementi che la pongano in condizione di dismettere la sua inerzia e di esercitare il diritto al risarcimento”.
        4.6. Sul dies a quo nel caso in esame.
Venendo al caso in esame, il convenuto ha individuato, quale termine di decorrenza del dies a quo, le date del settembre 2010 o, in subordine, del gennaio 2011; nel primo caso, sarebbero state avviate le indagini dall’ Autorità garante della concorrenza del Regno Unito in merito ad una presunta condotta anticoncorrenziale delle case costruttrici; nel secondo caso avviato il procedimento da parte della Commissione Europea, di cui sarebbe stata data pubblica notizia con comunicati stampa e riviste nel settore degli autotrasporti ( doc 11, 12, 13, 14).



Il convenuto non ha provato che l’attore avesse, già a tali date, adeguata e completa conoscenza della specifica violazione antitrust, della sua imputabilità al soggetto convenuto e del danno eziologicamente riferibile alla violazione antitrust.
Gli articoli di stampa prodotti dal convenuto, sul quale grava l’onere della prova, non forniscono alcuna affidabile e completa conoscenza da parte dell’attore dei fatti dannosi. Si tratta di meri comunicati stampa connotati da genericità, in cui non sono ancora conosciuti con precisione i fatti e le violazioni; comunicati che implicano, inoltre, giudizi e valutazioni giuridicamente non rilevanti. Da tali generiche informazioni, non può certamente evincersi una completa conoscenza di tutte le componenti dell’illecito - a tale data ancora da accertare- comprendente non solo la specifica violazione antitrust, ma anche il danno da esso derivato al soggetto, che è tenuto, solo in forza di tale completa conoscenza, ad azionare i suoi diritti prima che decorra il termine prescrizionale. Nessuno degli articoli di stampa e dei documenti prodotti dalla convenuta fornisce alle date sopra indicate una dettagliata, attendibile e specifica informazione di violazioni antitrust poste in essere dal convenuto dalle quali sia derivato un danno per l’attore. La gran parte degli articoli di stampa prodotti si limita, invece, ad enunciare la esistenza di “sospetti di cartelli” che avrebbe condotto a delle ispezioni (cfr., ad es., doc 11, 12 e 13).
L’eccezione di prescrizione non è quindi fondata.

    5. Sul coordinamento tra public e private Enforcement.
        5.1. Sulla decisione adottata dalla Commissione Europea all’esito di una procedura di settlement.
In data 19 luglio 2016 la Commissione Europea, dopo avere avviato un procedimento ai sensi dell’art 11 paragrafo 6 Reg n 1/2003 nei confronti dei Iveco e di altre case produttrici, ha adottato una decisione a seguito di richiesta di transazione avanzata dalla convenuta in conformità all’art 10 bis paragrafo due, reg 773/2004.
Con tale decisione la Commissione ha accertato che “i destinatari della decisione hanno partecipato a una collusione e hanno responsabilità ad essa connesse, violando l’art 101 Trattato” durante i periodi che sono espressamente indicati. In particolare, ha accertato che “l’infrazione consisteva in accordi collusivi sulla fissazione dei prezzi e sugli aumenti dei prezzi lordi degli autocarri medi e pesanti; gli accordi riguardavano inoltre


le tempistiche e il trasferimento dei costi relativi all’introduzione di tecnologie a basse emissioni per autocarri medi e pesanti richieste dalle norme da Euro 3 a Euro 6. L’infrazione aveva interessato l’intero territorio del SEE ed era durata dal 17 gennaio 1997 al 18 gennaio 2011.”
La Commissione, applicata la riduzione in applicazione della Comunicazione concernente la transazione, ha quindi irrogato alla convenuta l’ammenda in essa prevista.
        5.2. Sull’efficacia della decisione
E’ controverso nel presente giudizio se alla decisione adottata a seguito di richiesta di transazione, avanzata dalla convenuta in conformità al Reg 773/2004, art 10 bis paragrafo due, sia applicabile il disposto dell’art. 16 reg 1/2003
E’ quindi necessario preliminarmente verificare se la decisione, emessa all’esito del procedimento, sia vincolante in forza del disposto dell’art 16 Reg 1/2003.
L’art. 16 Reg. 1/2003, primo comma, prevede, che “quando le giurisdizioni nazionali  si pronunciano su accordi, decisioni, pratiche ai sensi dell’art. 81 o 82 del trattato (ora 101 e 102 TFUE) che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Esse devono inoltre evitare decisioni in contrasto con una decisione contemplata dalla Commissione in procedimenti da essa avviati …”
Tale disposizione recepisce quanto già affermato dalla giurisprudenza comunitaria che, a fondamento del principio generale di certezza del diritto, ha affermato che: “un giudice nazionale, quando si pronuncia su un accordo o pratica, non ancora oggetto di decisione da parte della Commissione, ma che può esserlo, deve evitare di adottare decisioni incompatibili con una decisione che la Commissione intende adottare per l’applicazione della normativa antitrust comunitaria. A fortiori i giudici nazionali, quando si pronunciano su accordi o pratiche che sono già oggetto di decisione da parte della Commissione, non possono adottare decisioni in contrasto con quella della Commissione, anche se quest’ultima è in contrasto con la decisione pronunciata da un giudice nazionale di primo grado” (Cfr. CG 14 dicembre 2000 in C-344/98 Masterfoods Ltd).
        5.3. La procedura di settlement


Al fine di rispondere al quesito sull’applicabilità dell’art. 16 Reg. cit., affrontando il controverso tema dell’efficacia della decisione della Commissione, deve essere preso in esame il procedimento di settlement all’esito del quale è stata emessa la decisione da parte della Commissione Europea.
L’istituto della transazione o “settlement” è stato introdotto nell’ordinamento comunitario dal Regolamento n 622/2008 del 30 giugno 2008, che ha modificato il reg 773/2004 per quanto riguarda la transazione nei procedimenti relativi ai cartelli. Il procedimento è dettagliatamente disciplinato dalla Comunicazione 2008/c 167/01 “concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni a norma degli artt. 7 e 23 del reg 1/2003 nei casi di cartelli”. Si tratta di una procedura semplificata, che consente alle imprese coinvolte di giungere ad un accordo per una definizione più celere del procedimento, con una riduzione dei tempi dell’istruttoria. Il procedimento conduce all’adozione della decisione da parte della Commissione ai sensi degli artt. 7 e 23 del regolamento 1/2003.
Come espressamente enunciato nella Comunicazione, è garantito anche in tale procedimento il diritto di difesa in capo alle parti che “sono messe in grado di esprimere efficacemente il loro punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegati dalla Commissione durante la intera procedura amministrativa” ( Comunicazione 2/7/2008 punto 4).
La Commissione, dopo avere avviato un procedimento istruttorio, se raccoglie evidenze probatorie sufficienti a supportare l’esistenza del cartello, verifica l’interesse delle parti coinvolte alla possibile transazione; le parti devono manifestare per iscritto la disponibilità a partecipare a discussioni per poter giungere a una transazione: se le parti richiedono di avviare discussioni di transazione, la Commissione può decidere se dare inizio alla procedura.
Nell’ambito delle discussioni le parti vengono informate in merito “agli elementi essenziali presi in considerazione dalla Commissione, quali i fatti contestati, la loro classificazione, la gravità e la durata del presunto cartello, l’imputazione della responsabilità, una stima della forcella delle ammende applicabili, nonché gli elementi probatori utilizzati a sostegno dei potenziali addebiti”. Tale dispositivo permetterà alle parti di far valere il loro punto di vista sugli addebiti che vengono mossi nei loro


confronti e permette loro di decidere, in perfetta cognizione di causa, se accedere o meno alla transazione (Comunicazione cit. par. 16).
Al fine di consentire alle parti l’esercizio del diritto di difesa, le parti che lo richiedano possono ottenere “l’accesso alle versioni non riservate di qualsiasi documento accessibile che si trovi nel fascicolo del caso istruttorio, previa informazione e consegna di un elenco contenente tutti i documenti accessibili esistenti nel detto fascicolo”.
Al fine di garantire alla parti l’esercizio effettivo del diritto di difesa, “le parti possono inoltre rivolgersi al consigliere in qualsiasi momento della procedura di transazione in merito a qualsiasi questione inerente il principio del giusto processo” ( Comunicazione cit.,§. 18).
Le parti che optano per una procedura di transazione devono presentare una richiesta formale di transazione sotto forma di una proposta di transazione, la quale deve contenere: a) un riconoscimento in termini chiari ed inequivocabili della responsabilità delle parti per l'infrazione, descritta sinteticamente per quanto riguarda l'oggetto, l'eventuale attuazione, i fatti principali, la loro qualificazione giuridica, inclusi il ruolo delle parti e la durata della loro partecipazione all'infrazione conformemente ai risultati delle discussioni di transazione; b) un'indicazione dell'importo massimo dell'ammenda che le parti prevedono sarà loro inflitta dalla Commissione e che esse accetterebbero nel quadro di una procedura di transazione; c) la conferma delle parti che sono state sufficientemente informate degli addebiti che la Commissione intende muovere nei loro confronti e che è stata loro sufficientemente accordata la possibilità di esprimere il proprio punto di vista alla Commissione; d) la conferma delle parti che, in considerazione di quanto sopra, non intendono chiedere l'accesso al fascicolo né di essere nuovamente sentite in un'audizione orale, salvo che la Commissione non rispecchi la loro proposta di transazione nella comunicazione degli addebiti e nella decisione; e) il consenso delle parti di ricevere la comunicazione degli addebiti e la decisione definitiva ai sensi dell'articolo 7 e dell'articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 in una lingua ufficiale concordata della Comunità europea (Comunicazione cit.,
§ 20).




Nella procedura di transazione, come in quella ordinaria, la Commissione deve emettere una comunicazione degli addebiti: per garantire l’esercizio effettivo dei diritti delle parti alla difesa, la Commissione deve sentire il loro punto di vista sugli addebiti mossi nei loro confronti e sugli elementi probatori utilizzati e ne deve tener conto, modificando in caso la propria analisi preliminare (par. 23-24).
Una volta che le parti abbiano confermato nella risposta alla comunicazione degli addebiti l’impegno di giungere a una transazione, viene adottata la decisione definitiva ai sensi dell’art. 7 e/o dell’art. 23 reg 1/2003 in linea con il contenuto della proposta di transazione e della comunicazione degli addebiti ( § 28). La Commissione ha la facoltà di adottare una posizione definitiva che differisca da quella iniziale espressa nella comunicazione degli addebiti che racchiude la proposta di transazione delle parti. In  tale caso, però, la Commissione, al fine di garantire l’esercizio del diritto di difesa, deve informarne le parti tramite una nuova Comunicazione degli addebiti; ne consegue che le parti hanno il diritto di accedere nuovamente al fascicolo, di chiedere un’audizione orale e di rispondere alla comunicazione degli addebiti, e le proposte di transazione s’intendono rinunciate e non possono essere utilizzate come prove ( comunicazione,
§29).
Le decisioni definitive adottate dalla Commissione in applicazione del Reg 1/2003 sono soggette al controllo giurisdizionale.
        5.4. Conclusioni.
Dall’esame del procedimento di settlement emerge che esso assicura alle imprese convenute l’esercizio del diritto di difesa, consentendo alle parti di effettuare una scelta dopo avere conosciuto gli elementi di prova a loro carico, avere avuto accesso al fascicolo ed essendo state messe in condizione di essere sentite sugli addebiti.
La parte che presenta la proposta di transazione compie, dunque, una scelta consapevole, essendo stata messa in condizione di esercitare i diritti di difesa tota re cognita et perspecta, come espressamente riconosciuto dalla convenuta al momento in cui ha formulato la proposta di transazione.
Il provvedimento adottato dalla Commissione è soggetto a controllo giurisdizionale.
Nel caso di specie, l’impresa convenuta, pur avendo il diritto di impugnare, vi ha rinunciato, prestando acquiescenza alla sentenza, riconoscendo espressamente la sua

responsabilità, nonché di essere stata messa in condizione di esercitare il diritto di difesa.
Va altresì rilevato che, in questa sede, la convenuta non ha neppure dedotto un pregiudizio concreto e specifico, essendosi solo limitata a fare riferimento a una generica compressione dei diritti di difesa.
Il procedimento amministrativo ha dunque realizzato le garanzie del giusto processo di cui all’art. 6 Convenzione EDU e si è concluso con una decisione, emessa ex artt. 7 e
23 Reg, assoggettabile ad un sindacato giurisdizionale a cui la parte ha consapevolmente rinunciato.

Val la pena di aggiungere che la giurisprudenza comunitaria e nazionale ha affermato il principio secondo il quale, ai fini del rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 6 convenzione EDU, in tema di diritto di difesa e del giusto processo, “gli Stati possono scegliere se realizzare le garanzie del giusto processo di cui all’art. 6 già nella fase amministrativa o mediante l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio applicato dall’autorità amministrativa (all’esito di un procedimento non connotato da quelle garanzie) ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva, attuato attraverso un procedimento conforme alle prescrizioni dell’art. 6 della Convenzione…nell’ambito di un giudizio che assicura le garanzie del giusto processo” ( Cass SSU 30 settembre 2009 n 20935).
Non assumono alcun rilievo qui le doglianze aventi ad oggetto i pretesi limiti del sindacato del giudice dell’Unione, in quanto la parte convenuta ha rinunciato ad esercitare tale diritto per consapevole scelta, riconoscendo espressamente di avere esercitato il diritto di difesa, nonché riconoscendo la sua responsabilità con cognizione di tutti gli elementi di prova risultanti a suo carico.
    6. L’art. 16 e le decisioni sugli impegni
Secondo la concorde dottrina, l’efficacia vincolante delle decisioni della Commissione riguarda quelle emesse ai sensi degli artt. 7 e 23 del regolamento 1/2003 - tra le quali, come si è visto, per espressa previsione, sono riconducibili quelle in esame- e non invece le decisioni con le quali la Commissione rende obbligatori gli impegni presentati dalle imprese per fare cessare un’infrazione (art. 9 Reg. 1/2003).



Tale differenza ha una sua ratio. La Commissione, quando adotta una decisione sugli impegni, ex art. 9 Reg., si limita a rendere obbligatori gli impegni assunti dalle imprese, senza alcun accertamento sulla sussistenza delle violazioni antitrust. Il Reg n 1/2003, nei consideranda 13 e 22, espressamente prevede che la decisione sugli impegni non costituisca una accertamento dell’infrazione e che quindi non possa avere efficacia vincolante per il giudice adito in sede di risarcimento del danno, stabilendo che: “ le decisioni concernenti gli impegni dovrebbero accertare che l’intervento della Commissione non è più giustificato, senza giungere alla conclusione dell’eventuale sussistere o perdurare di un’infrazione. Le decisioni concernenti gli impegni non pregiudicano la facoltà delle autorità garanti della concorrenza e delle giurisdizioni degli Stati membri di procedere a detto accertamento e di prendere una decisione”.
Nell’affrontare il tema del coordinamento tra public e private enforcement, e nel ribadire il rispetto dei principii della certezza del diritto e dell’applicazione uniforme delle regole di concorrenza comunitarie evitando il conflitto di giudicato, il citato regolamento aggiunge in modo eloquente che “le decisioni d’impegno adottate dalla Commissione lasciano impregiudicato il potere delle giurisdizioni e delle autorità garanti della concorrenza degli stati Membri di applicare gli articoli 81 e 82 del trattato”, così chiarendo che non vincolano il giudice adito in sede di risarcimento del danno con riguardo all’esistenza dell’infrazione antitrust.
Sulla base di quanto considerato, le decisioni sugli impegni non sono quindi equiparabili alle decisioni adottate all’esito di una procedura di settlement, disciplinata dall’art. 10 bis del Regolamento (CE) n. 773/2004, perché queste ultime implicano un accertamento da parte della autorità amministrativa della violazione antitrust e della responsabilità dell’impresa e, come visto, sono ascrivibili alle decisioni emesse ai sensi degli artt. 7 e 23 reg 1/2003, a cui si applica, per espresso disposto, l’efficacia prevista dall’art. 16 reg cit.

    7. Sui limiti dell’ efficacia vincolante
L’effetto di vincolo per il giudice delle azioni civili di follow on, esercitate dopo che sia stata emessa una decisione dalla Commissione, riguarda la sola sussistenza della violazione antitrust accertata e non il quantum della pretesa risarcitoria subita dal soggetto danneggiato da tale violazione.   Coerentemente con il disposto dell’art. 7  dlgs

n 3/2017, che ha esteso tale efficacia anche alle decisioni dell’Autorità antitrust, in attuazione della direttiva n 104/2004, l’effetto di vincolo riguarda esclusivamente “la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, ma non il nesso di causalità e l’esistenza del danno” riservati alla valutazione del giudice davanti al quale sia esercitata l’azione civile di risarcimento del danno.
In altre parole, l’efficacia vincolante della decisione della Commissione non esclude il potere/dovere di rigetto della domanda di risarcimento del danno nel caso in cui, ad esempio, si accerti l’intervenuto decorso della prescrizione, oppure si accerti che l’intesa, di cui sia stata riconosciuto l’oggetto anticoncorrenziale, non abbia avuto effetti anticoncorrenziali o ancora che il danno lamentato in sede risarcitoria non sia legato da un nesso di causalità con la violazione accertata.

Deve dunque procedersi alla fase istruttoria che dovrà verificare nel concreto i limiti e la portata degli accertamenti compiuti nell’ambito del procedimento svoltosi dinanzi all’AGCM nei confronti della parte convenuta, al fine di verificare l’effettiva sussistenza di effetti anticoncorrenziali in concreto determinatisi a carico di parte attrice.
    8. Rimessione sul ruolo.
La causa deve essere rimessa sul ruolo, come da separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio.
    9. Le spese. Considerata la natura non definitiva della sentenza, non si provvede sulle spese che verranno regolate all’esito del giudizio.

 



P.Q.M.
 

Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia d’impresa – A –, non definitivamente pronunciando sulle domande proposte da CAVE MARMI VALLESTRONA SRL nei confronti di IVECO SPA, rigettata ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
    • rigetta l’eccezione di prescrizione proposta dalla convenuta.
    • Dispone la rimessione della causa sul ruolo, come da separata ordinanza. Così deliberato in Milano, nella camera di consiglio del 19 luglio 2018

 
Il Giudice Relatore  - dott.ssa Silvia Giani
Il Presidente - dott. Claudio Marangoni