TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA A
Sentenza n. 12043/2014 del 15/10/2014

Sentenza n. 12043/2014 del 15/10/2014
RG n. 85107/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA - SEZ. A

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marina A. Tavassi, ha pronunciato la seguente



SENTENZA

 


nella causa civile di primo grado, iscritta al n. RG. 85107/2010, avente ad oggetto azione antitrust, di risarcimento danni e riconvenzionale antitrust e di risarcimento danni,
promossa da:

FASTWEB S.P.A. (C.F. 12878470157), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio degli Avv.ti RENZO RISTUCCIA, DOMENICO SICILIANO e LUCA TUFARELLI; elettivamente domiciliata in VIA CARADOSSO, 12 - 20123 MILANO, presso il difensore avv. RENZO RISTUCCIA, in forza di procura in atti



ATTRICE
contro


VODAFONE OMNITEL N.V. SPA (C.F. 08539010010), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio degli Avv.ti STEFANO MODENESI ed ALESSANDRO BOSO CARETTA; elettivamente domiciliata in VIA GABRIO CASATI, 1 - 20123 MILANO, presso il difensore avv. STEFANO MODENESI, in forza di procura in atti

 

 

 

CONVENUTA
 


CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 25 marzo 2014 i procuratori delle parti concludevano come segue:

Conclusioni di Fastweb S.p.a.:

Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectiis,

    1) annullare la Consulenza Tecnica di Ufficio per violazione dei principi che regolano l’imparzialità del Consulente e il contraddittorio processuale e disporre una nuova Consulenza Tecnica d’Ufficio nominando diverso Consulente Tecnico d’Ufficio;
    2) disporre i mezzi di prova ritualmente invocati da Fastweb nella misura in cui non siano stati ammessi dal Giudice;
    3) accertare e dichiarare che le condotte tutte ampiamente illustrate negli atti del giudizio, poste in essere da Vodafone Omnitel N.V., costituiscono abuso di posizione dominante in violazione dell’art 102 del Trattato TFUE e/o condotte illecite ed anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 cod. civ.;
    4) per l’effetto inibire a Vodafone Omnitel N.V. la continuazione e/o ripetizione delle condotte abusive e/o comunque illegittime descritte negli atti del giudizio atto, ove ancora in essere alla data della pronuncia;
    5) in ogni caso condannare Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, a qualsiasi titolo subiti dall’attrice nella misura complessiva di € 396.225.477,29 -attualizzata al 31 dicembre 2013- come di seguito precisato:
        A. Danni subiti da Fastweb in conseguenza delle condotte abusive poste in essere dalla convenuta nel periodo novembre 2002 - dicembre 2008, nella misura di euro 192.742.595,27 e segnatamente:
            A.1. quanto a € 121.374.030,86 a titolo di danno emergente subito da Fastweb S.p.A. nel mercato della fornitura all’ingrosso di servizi di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel
N.V. (c.d. overcharge) rappresentato dal maggior costo diretto che Fastweb ha dovuto subire a livello wholesale per fornire alla propria clientela business il servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V.;

            A.2. quanto a € 66.427.148,29 a titolo di lucro cessante che Fastweb
S.p.A. ha dovuto sopportare per essere andata sottocosto per replicare le offerte abusive di Vodafone nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business;
            A.3. quanto a € 4.941.416,11 a titolo di lucro cessante per la perdita di traffico e clientela per avere dovuto Fastweb praticare prezzi più alti nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business.
        B. Danni subiti da Fastweb in conseguenza delle condotte abusive poste in essere dalla convenuta nel periodo gennaio 2009 – giugno 2010 nella misura di euro 51.803.228,50 e segnatamente:
            B.1. quanto a € 38.879.109,55 a titolo di danno emergente subito da Fastweb S.p.A. nel mercato della fornitura all’ingrosso di servizi di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel
N.V. (c.d. overcharge) rappresentato dal maggior costo diretto che Fastweb ha dovuto subire a livello wholesale per fornire alla propria clientela business il servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V.;
            B.2. quanto a € 11.710.990,30 a titolo di perdita che Fastweb S.p.A. ha dovuto sopportare per essere andato sottocosto per tentare di replicare alle offerte abusive di Vodafone nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business;
            B.3. quanto a € 1.213.128,66 a titolo di perdita di traffico e clientela per avere dovuto Fastweb praticare prezzi più alti nel mercato a valle della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business.
        C. Danni subiti da Fastweb in conseguenza delle condotte abusive attuate  dalla convenuta nel periodo novembre 2002 – giugno 2010 nella misura di € 151.679.653,52 e segnatamente:
            C.1. quanto a € 95.025.335,83 a titolo di a titolo di danno emergente subito da Fastweb S.p.A. nel mercato della fornitura all’ingrosso di servizi di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V. (c.d. overcharge) rappresentato dal maggior costo diretto che Fastweb ha dovuto subire a livello wholesale per fornire alla propria clientela residenziale il servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V.;
            C.2. quanto a € 52.716.482,26 a titolo di perdita che Fastweb S.p.A. ha dovuto sopportare per essere andato sottocosto per tentare di replicare alle offerte abusive di Vodafone nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza residenziale;
            C.3. quanto a € 3.937.835,42 a titolo di perdita di traffico e clientela per avere dovuto Fastweb S.p.A. praticare prezzi più alti nel mercato a valle della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza residenziale.
    6) fissare una somma dovuta dalla convenuta per ogni ulteriore abuso successivamente posto in essere dalla convenuta ovvero constatato dall’attrice, o per ogni violazione e/o ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti inibitori che il Giudice adito vorrà adottare;
    7) disporre la pubblicazione del dispositivo dell’emananda sentenza sui quotidiani “IlSole24Ore”, “Il Corriere della Sera” e “La Repubblica” con caratteri doppi, a cura dell’attrice ed a spese della convenuta;
8 rigettare integralmente la domanda riconvenzionale formulata da parte avversa in quanto nulla, inammissibile, prescritta ed infondata in fatto ed in diritto e comunque sfornita di prova.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Conclusioni di Vodafone Omnitel n.v.
Voglia, l’Ecc.mo Tribunale adìto, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e difesa; In via pregiudiziale e/o preliminare:
    a) dichiarare inammissibili o comunque improcedibili le domande avversarie; In via principale nel merito:
    b) rigettare tutte le domande formulate dall’attrice in quanto infondate;
In via riconvenzionale, condizionata all’eventuale accoglimento della domanda di
accertamento formulata al n. 1 delle conclusioni dell’atto di citazione di parte attrice:
    c) accertare e dichiarare che le condotte poste in essere da Fastweb e/o da Fastweb Wholesale s.r.l., descritte in narrativa al § 9 della comparsa di costituzione e risposta e nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 1), c.p.c. di Vodafone, costituiscono abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE e/o costituiscono condotte illecite e/o anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 c.c.
Ci si riporta alle istanze istruttorie articolate con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 2, c.p.c. del 20 giugno 2011 e con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 3, c.p.c. dell'8 luglio 2011.
Con riferimento alle valutazioni espresse dal consulente tecnico d'ufficio, si insiste nelle deduzioni e nei rilievi svolti nel corso del giudizio, in particolare attraverso le memorie e le osservazioni prodotte dai consulenti tecnici di parte, i rilievi formulati nell'ambito delle riunioni peritali e delle udienze, e le note difensive.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.

 

 

 

 

 

 

 

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

 

    1. Con atto di citazione notificato in data 29 dicembre 2010, la Fastweb S.p.a. citava la Vodafone Omnitel n.v. innanzi a questo Tribunale, chiedendo di accertare e dichiarare che le condotte da essa richiamate in narrativa costituissero abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 del TFUE (già art. 82 del Trattato CE) e/o condotte illecite e anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 o 2043 c.c., con le conseguenti pronunce inibitorie, risarcitorie ed accessorie d’uso, come meglio precisato nelle sopra richiamate conclusioni.
    2. Con comparsa di costituzione e risposta del 28 marzo 2011 si è costituita ritualmente in giudizio Vodafone la quale ha contestato integralmente le pretese avversarie e ha contestualmente avanzato

domanda riconvenzionale, subordinata all’accoglimento della domanda di accertamento di una condotta di abuso di posizione dominante formulata dall’attrice, diretta a far accertare e dichiarare che le condotte poste in essere da Fastweb, descritte dalla stessa in narrativa, costituissero abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE e/o condotte illecite e/o anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 c.c..
    3. Sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 9 novembre 2011, questo giudice ha nominato il CTU in persona del prof. Carlo Scarpa ed ha contestualmente formulato il quesito da sottoporre a quest’ultimo. Le operazioni peritali hanno poi avuto inizio in data 14 febbraio 2012 e la relazione tecnica finale è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 gennaio 2013. A scioglimento della riserva assunta nel corso dell’udienza del 10 aprile 2013, questo giudice, con ordinanza dell’11 maggio 2013, ha poi invitato il CTU ad effettuare un supplemento di relazione che è stato depositato in data 17 ottobre 2013. A scioglimento infine della riserva assunta all’udienza del 27 novembre 2013, con ordinanza del 28 dicembre 2013, il G.I. ha disposto un ulteriore supplemento di indagine che è stato in seguito depositato dal CTU il 23 marzo 2014.
    4. Come da conclusioni sopra richiamate, la pretesa di parte attrice si configura come un’azione risarcitoria per abuso di posizione dominante di tipo escludente che sarebbe stato commesso in suo danno da parte di Vodafone in violazione dell’articolo 102 del TFUE o per condotte illecite e anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 o 2043 c.c.. Si tratta di un’azione di tipo “follow on” poiché, da un punto di vista tanto cronologico quanto funzionale, segue il procedimento A357 (Tele2/Tim-Vodafone-Wind) avviato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) e si fonda, in particolare, sulla CRI (“comunicazione delle risultanze istruttorie”) del 28 luglio 2006. Nel corso del citato procedimento, Vodafone ha presentato proposte di impegni che sono state accettate dall’Autorità. L’accertamento compiuto dall’Autorità e concluso con il provvedimento 17131 è stato in seguito confermato dal Tar Lazio (Sent. 2900/08) e dal Consiglio di Stato (Sent. 2438/2011).
    5. Occorre anzitutto analizzare alcune questioni prodromiche alla trattazione della causa. Questo giudice si è già pronunciato, con propria ordinanza del 9 novembre 2011, circa il valore probatorio della CRI. In tale ordinanza è stato infatti richiamato il giudizio espresso dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 3640 del 13.2.2009 Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro-ANCL c. Inaz Paghe s.r.l.; conformi: Cass. sez. III, n. 5941 e n. 5942/2011) secondo cui il valore di “prova privilegiata” da attribuire ai provvedimenti dell’AGCM, nei giudizi risarcitori follow-on, è da intendersi limitato ai provvedimenti di carattere decisorio, con i quali, definita l’istruttoria e concluso il contraddittorio con le parti, viene irrogata la sanzione o disposta l’archiviazione. Tuttavia, se è vero che la CRI rappresenta un atto endoprocedimentale individuale, valido per ciascuna parte, non può ignorarsi quanto dalla stessa CRI risulta a carico di Vodafone, secondo le indagini condotte dall’AGCM, e quanto emerge dal provvedimento finale sanzionatorio adottato nei confronti di Telecom e Wind (divenuto definitivo come detto a seguito delle sent. 2900/08 e 2902/08 del TAR Lazio e della sent. del Consiglio di Stato depositata il 20 aprile 2011) per comportamenti analoghi a quelli originariamente imputati a Vodafone secondo le risultanze istruttorie contenute nella CRI. Questo giudice ritiene pertanto che i due già citati provvedimenti dell'AGCM (CRI e provvedimento n.17131) forniscono quantomeno elementi indiziari a favore della tesi di parte attrice e sono perciò idonei a fornire il necessario substrato probatorio, tanto  da aver indotto a dare avvio alla CTU.
    6. Un’ulteriore questione, oggetto di ampio dibattito tra le parti in corso di causa, riguarda il fatto che il procedimento A357 si sia concluso nei confronti di Vodafone, a seguito dell’accettazione da parte dell’Agcm degli impegni presentati, rendendoli obbligatori per la proponente. Pertanto, il provvedimento 17131 che ha concluso il procedimento A357 non coinvolge direttamente Vodafone. In questo caso, tale circostanza non incide sul valore di elementi indiziari tanto del provvedimento 17131 quanto della CRI del 28 luglio 2006. In tal senso si è pronunciato il Consiglio di Stato nella propria sentenza 2438/2011 dove afferma: “Il Collegio condivide appieno quanto al riguardo ritenuto dal primo giudice laddove, evidenziato che, dopo l’accettazione degli impegni, alcun ulteriore accertamento o approfondimento è stato effettuato nei confronti di Vodafone la cui posizione è stata perciò completamente stralciata, ha comunque osservato che, in generale, la decisione con impegni non comporta infatti alcuna immunità sul piano civilistico ma rende solo più difficile il proficuo esperimento delle azioni risarcitorie. Va parimenti disatteso l’assunto secondo cui con l’accettazione degli impegni proposti da Vodafone l’Autorità avrebbe implicitamente ma necessariamente concluso per la qualificazione di “non gravità” dell’illecito e, conseguentemente, per la non sanzionabilità dell’abuso anche nei confronti delle appellanti”.
    7. Questo giudice ritiene di dover trattare in primo luogo dell’eccezione di prescrizione formulata dalla convenuta. Nel difendersi dalle censure sollevate da parte attrice, la convenuta ha infatti eccepito che il comportamento anticoncorrenziale ad essa imputato da Fastweb non potrebbe dare ingresso all’accertamento del danno invocato da quest’ultima, in quanto il relativo diritto non potrebbe trovare alcuna tutela per essere maturato il termine prescrizionale di cinque anni, previsto per gli illeciti di natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c. ed applicabile anche alle fattispecie di illecito anticoncorrenziale, quale indubbiamente prospettato nel caso di specie. Il termine di prescrizione sarebbe infatti iniziato a decorrere al più tardi dall'apertura dell'indagine a cura dell’AGCM, in data 23 febbraio 2005.
La difesa di Fastweb, a sua volta, sostiene che la convenuta non possa giovarsi del termine prescrizionale quinquennale poiché, trattandosi di un illecito permanente, la decorrenza del termine prescrizionale deve decorrere dalla data di cessazione della condotta illecita, sempre che il danneggiato sia a quel tempo consapevole dell’ingiustizia del danno patito e non sussistano impedimenti giuridici a far valere il diritto al risarcimento, e ciò in quanto il protrarsi nel tempo della condotta illecita determina lo spostamento della decorrenza del termine prescrizionale all’epoca della definitiva cessazione della medesima. La condotta contestata a Vodafone non sarebbe ancora cessata e, dunque, il decorso del termine prescrizionale non potrebbe ritenersi neanche in atto. In seconda istanza, la convenuta ritiene che il primo momento utile a far valere il diritto conteso possa essere quello della pubblicazione del provvedimento di accettazione degli impegni di Vodafone, avvenuta il 5 giugno 2007 (e, quindi, all’atto della notifica della citazione, non sarebbe in ogni caso maturato il termine prescrizionale di 5 anni).
Anzitutto, è utile ricordare che, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte Cassazione (sentenza 2 febbraio 2007, n. 2305), l’azione di risarcimento del danno anticoncorrenziale si ascrive nel novero delle azioni di cui all'art. 2947 c.c.. Tale norma va letta in combinato con il disposto dell'art. 2935 c.c., che prevede che il termine di prescrizione per le azioni fondate su un fatto illecito decorra dal momento in cui il diritto possa essere fatto valere. Più precisamente, i giudici di legittimità, pur parlando del danno antitrust come appartenente alla categoria dei c.d. “danni lungolatenti”, hanno precisato che il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell'illecito. La Corte, quindi, ha respinto sia la tesi della compagnia assicurativa, che mirava a retrodatare il momento percettivo dell’illecito alla data della sottoscrizione della polizza, sia quella dell’attore, che mirava a giovarsi della data della pubblicazione del provvedimento sanzionatorio del cartello fra le imprese assicuratrici da parte della AGCM, avendo cura di precisare che la decorrenza fissata dal momento di pubblicazione della decisione dell'Autorità avrebbe determinato un ingiusto squilibrio della risposta sanzionatoria in detrimento degli attori, i quali per il risarcimento del danno anticoncorrenziale non avrebbero potuto giovarsi dell'accertamento amministrativo delle autorità nazionali nei casi “stand alone”. La Corte, pertanto, ha interpretato il momento percettivo dell’illecito come quello in cui può ritenersi, con un sufficiente grado di certezza, che la parte che lamenta il danno abbia potuto avere coscienza di aver subito un danno, soccorrendo a tale determinazione sia elementi presuntivi quali notizie di quotidiani, o circolazione delle informazioni tra gli addetti al settore, sia la qualificazione del soggetto attore nell’ambito del mercato di riferimento (in tal senso si è già pronunciato questo stesso giudice nella sentenza 3 aprile 2014, n. 4587/2014).
Nel caso de quo, le parti sono peraltro concordi nel ritenere che il danno sia derivante da illecito extracontrattuale ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e che, pertanto, il diritto al risarcimento ad esso connesso si prescriva in 5 anni. Solo per completezza, si richiama perciò la sentenza con cui la Corte di Cassazione (sez. 3°, n. 8110/2013 del 3 aprile 2013) si è espressa in senso contrario alla possibilità di assoggettare alla prescrizione decennale - tipica della responsabilità contrattuale - il diritto al risarcimento danni ex articolo 33 della legge n. 287/1990. La Corte ha affermato che il danno antitrust non scaturisce dalla stipulazione del singolo contratto tramite il quale l’impresa si è procurata il sovraprofitto, ma dal comportamento anteriore di questa, di cui il contratto costituisce solo il passaggio finale. Da ciò deriva, secondo la Corte, che la condotta anticoncorrenziale si inquadra nell’ambito della responsabilità precontrattuale. “Ciò che è da escludere – afferma la Corte - è che essa sia assoggettabile alla disciplina tipica dei contratti del settore assicurativo, o di altre figure contrattuali speciali, soprattutto per quanto concerne i termini di prescrizione dell'azione risarcitoria”, ricordando che “la giurisprudenza di questa Corte ha inquadrato la fattispecie di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 33 nell’ambito della responsabilità extracontrattuale (…) ed ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2947 cod. civ.”
A tale ultimo proposito non ignora questo giudice che con la già citata sentenza n. 8110/2013 (come pure con la sentenza n. 12551 del 22 maggio 2013) la Corte di Cassazione, a differenza della sentenza n. 2305/2007 pure sopra citata, ha indicato un decorso del termine prescrizionale di tipo “oggettivo”, indipendentemente dalla circostanza che il danneggiato sia venuto effettivamente a conoscenza del provvedimento dell’AGCM e si sia potuto rendere conto di aver subito un danno ingiusto a causa delle condotte anticoncorrenziali accertate e sanzionate dalla stessa Autorità. Non va trascurato tuttavia che entrambi i casi riferiti hanno riguardo ad uno fra i tanti casi del “cartello” assicurativo nel settore r.c. auto, ove i soggetti danneggiati erano gli assicurati e pertanto consumatori del tutto ignari delle dinamiche del mercato e della eventualità che vi fosse stato un accordo vietato fra imprese assicuratrici idoneo a determinare un indebito aumento del premio a carico degli assicurati. Ciò quantomeno fino al momento in cui tale comportamento e tali accordi erano stati sanzionati dal provvedimento dell’AGCM.
Diversa è la situazione per l'ipotesi in cui il soggetto danneggiato sia un'impresa che operi nel medesimo mercato del preteso danneggiante, cui viene imputato un abuso di dominanza sul mercato. Un simile soggetto non può essere ritenuto estraneo alle dinamiche del mercato e ignaro dell'esistenza del comportamento che mira ad escluderlo o a ridurre i suoi margini di guadagno. E' significativo che nel caso Teleunit/Vodafone (sent. 1° ottobre 2013, n. 12227, Giudice estensore Massari), ipotesi analoga a quella di specie, il giudice abbia considerato che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno fosse quello quinquennale e iniziasse a decorrere non dal momento in cui il  fatto del terzo abbia determinato la modificazione produttiva del danno all’altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si era manifestata all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (in tal senso, anche, Cass. n. 11119/2013; Cass. n. 26188/2011). Tale momento è stato individuato nell’avvio del procedimento dell'AGCM (23.2.2005) e, nel caso concreto, la prescrizione non si è determinata, essendo la notifica dell’atto di citazione intervenuta prima del decorso del termine così considerato.
Si deve infine richiamare l’ancor più recente caso Uno Communications/Vodafone (sentenza 3 aprile 2014, n. 4587/2014) ove questo stesso giudice ha ritenuto che il dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale si debba collocare alla data dell’apertura dell'indagine dell’Agcm. Ciò in quanto fin dall’apertura dell’indagine l’abuso di posizione dominante originariamente imputato a Vodafone sarebbe divenuto oggettivamente percepibile e riconoscibile per un operatore economico che necessariamente, usando l’ordinaria diligenza, deve conoscere gli eventi del mercato in cui opera.
In subordine, nel caso in parola, si poneva in rilievo il momento della pubblicazione degli impegni in quanto, con la proposizione degli impegni da parte di Vodafone e la successiva pubblicazione degli stessi (ove non si voglia ritenere addirittura con l’apertura dell'indagine), l’attrice, che nel caso di specie non era né denunciante né intervenuta nel procedimento, avrebbe potuto avere piena cognizione della fattispecie e della responsabilità imputata a Vodafone, indipendentemente dal successivo provvedimento di accettazione dell’AGCM.
A ciò si aggiunga la circostanza che Fastweb, pur non figurando tra i soggetti denuncianti, è intervenuta nel procedimento in questione in data 13 aprile 2005 (si veda il § 10 del provvedimento finale, doc. 3 di Fastweb).
Sulla base delle argomentazioni di cui sopra, questo giudice ritiene che il termine prescrizionale di cinque anni dell’azione di risarcimento del danno derivante da illecito antitrust sia da computarsi a partire dall’avvio del procedimento A357 dell’AGCM e, cioè, dal provvedimento n. 14045 del 23 febbraio 2005 (doc. 2 di Fastweb). Tuttalpiù si potrebbe ritenere che Fastweb sia venuta a conoscenza della condotta oggetto di indagine e della sua dannosità, in prossimità del proprio intervento nel procedimento A357 avvenuto in data 13 aprile 2005. Si potrebbe fra l’altro ipotizzare che la dannosità dei comportamenti di Vodafone fosse concretamente percepibile da parte di Fastweb già prima di tale data. È infatti del tutto plausibile ritenere che l’attrice si sia immediatamente resa conto della lesività del rapporto contrattuale posto in essere con Vodafone.
Risulta pertanto fondata l’eccezione di prescrizione ex art. 2947 c.c. opposta dalla convenuta in relazione alle domande formulate da Fastweb, essendo decorso, alla data di proposizione della presente causa (l’atto di citazione è stato notificato il 29 dicembre 2010), il termine quinquennale di prescrizione dell’illecito anticoncorrenziale lamentato.
Questo giudice ritiene poi necessario precisare che, nel caso oggetto di causa, l’eventuale prosecuzione della condotta da parte di Vodafone, successivamente al periodo soggetto a prescrizione ex art. 2947, potrebbe assumere autonomo rilievo. Come ricordato, la CTU si è resa principalmente necessaria proprio al fine di accertare se potessero dirsi sussistenti abusi da parte di Vodafone, successivi al 29 dicembre 2005 (si ricorda che l’atto di citazione che ha dato origine al presente procedimento è stato notificato a Vodafone in data 29 dicembre 2010). Si rimanda a tal riguardo al punto 9 della sentenza, per quanto concerne le ragioni che hanno determinato questo giudice a dare avvio alla CTU, ed al successivo punto 12 con riguardo all’analisi della condotta di Vodafone nel periodo non soggetto al già più volte richiamato termine di prescrizione quinquennale.
    8. Vodafone ha altresì formulato domanda riconvenzionale avente ad oggetto l’accertamento che le condotte di Fastweb dal 2002 ad oggi, consistenti nel praticare prezzi, per le chiamate on net da rete Fastweb su rete fissa Fastweb, pari a zero o molto scontati rispetto al prezzo di terminazione wholesale applicato da Fastweb a Vodafone, costituiscano abuso di posizione dominante in danno della convenuta.
Questo giudice si era già pronunciato al riguardo (ordinanza 9 novembre 2011), decidendo di non estendere l’attività istruttoria alla domanda riconvenzionale di Vodafone. Ciò a causa tanto della genericità di detta domanda quanto della sua inammissibilità per carenza di connessione per il titolo. Si conferma la valutazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale di Vodafone, ancor più considerando la configurata prescrizione (vedi punto 7) e la subordinazione espressamente indicata dalla difesa della convenuta della riconvenzionale all’accoglimento della domanda di parte attrice volta ad ottenere il risarcimento del danno a carico di Vodafone.
    9. Nonostante l’intervenuta prescrizione dell’azione di risarcimento del danno derivante dalla condotta tenuta da Vodafone oggetto del procedimento A357 dell’AGCM, questo giudice ha ritenuto di dare ugualmente spazio all’istruttoria. Ciò anzitutto perché la peculiare complessità della materia oggetto di causa ha giustificato l’ingresso della consulenza tecnica d’ufficio, al fine di verificare la sussistenza degli addebiti anche con riguardo ad epoca successiva al limite prescrizionale.
Come detto, l’azione di Fastweb era dotata del necessario substrato probatorio, basato in particolar modo sulla CRI del 28 luglio 2006. Ad ulteriore fondamento delle proprie domande, Fastweb ha poi prodotto alcuni profili di offerta praticati da Vodafone (pur in numero modesto), tesi a dimostrare la pratica di condizioni alla clientela finale particolarmente vantaggiose (docc. 30, 31 e 32 dell’attrice). Si deve d’altro canto segnalare che tutte e tre le offerte contrattuali oggetto dei citati documenti risalgono all’anno 2004, ossia ad un periodo anteriore al limite prescrizionale più volte richiamato.
Ancor più, si è ritenuto necessario dare spazio all’istruttoria poiché Fastweb ha dedotto che la condotta de qua sarebbe stata perpetrata da parte di Vodafone, anche dopo la chiusura del procedimento A357 dell’AGCM.
    10. Prima di procedere ad una breve analisi della consulenza tecnica, questo giudice ritiene di dover premettere che la stessa è da considerarsi condivisibile nel contenuto e che l’attività di indagine ad essa sottesa è stata spiegata da parte del CTU in piena correttezza. Fastweb, già nel corso dell’udienza del 13 febbraio 2013, aveva proposto istanza di sostituzione del CTU in considerazione della posizione che il medesimo avrebbe rivestito presso lo studio Nera, che annovererebbe Vodafone fra i propri clienti. La problematica è stata dunque affrontata nel corso della successiva udienza (vedi verbale del 10 aprile 2013) in presenza del Prof. Scarpa, il quale ha precisato di essere consulente esterno dello Studio Nera dal 1° luglio 2013 ma di non aver ravvisato alcun elemento di conflitto rispetto all’incarico, considerato che lo Studio Nera non aveva alcun rapporto in corso con le parti né vi erano rapporti pregressi, per gli ultimi 5 anni, eccetto una consulenza svolta a favore di Vodafone Spagna da parte della sede di Madrid di Nera per una questione del tutto diversa da quella oggetto di causa, che si era peraltro esaurita fin dal luglio 2011 ed aveva coinvolto un consulente della sede spagnola che aveva poi interrotto la propria collaborazione con lo studio. Questo giudice ritenne allora che il CTU avesse fornito i chiarimenti necessari e sufficienti ad escludere la sussistenza di una qualsiasi ragione di impedimento o opportunità di astensione o sostituzione dello stesso. Ritiene ora che tale valutazione sia da confermare. La riproposizione delle eccezioni di parte attrice in merito alla supposta non parzialità del nominato CTU Prof. Scarpa non induce in alcun modo a discostarsi dalle conclusioni già assunte, non ravvisandosi ragione alcuna per contestare l’imparzialità del medesimo consulente.
Quanto al merito dell’attività svolta e delle relazioni depositate, può affermarsi che il CTU ha proceduto con indagini dettagliate, nel pieno ed articolato contraddittorio delle parti, peraltro protrattosi per tempi lunghi, stante la complessità delle indagini nel loro insieme. Egli è dunque pervenuto ad offrire a questo giudice i risultati di un’analisi attenta e dettagliata, con un percorso motivazionale completo, supportato da argomenti logici e coordinati fra loro in modo coerente, così da consentire una completa cognizione ed un pieno approfondimento dei singoli passaggi e delle conclusioni che ne sono state tratte. Sulla base di tali premesse, questo giudice rigetta la domanda attorea volta ad ottenere l’annullamento della consulenza tecnica d’ufficio.
    11. Si ritiene utile inquadrare brevemente alcuni elementi alla base della consulenza tecnica. Per quanto concerne l’individuazione del mercato rilevante, è condivisibile la definizione fornita dall’AGCM, risultando di conseguenza pertinenti al caso in esame il mercato a monte dei servizi di terminazione sulla rete mobile di ciascun operatore ed il mercato a valle dei servizi di fonia fisso- mobile alla clientela aziendale (non distinguendo, in quest’ultimo caso, tra i diversi operatori dotati di rete mobile). I due mercati sono evidentemente connessi, in considerazione del fatto che gli operatori usano acquistare input a monte, al fine di competere a valle nel mercato della telefonia al dettaglio. Si vuole poi richiamare la circostanza, posta in evidenza dal CTU, che Vodafone avesse una posizione marginale sul mercato al dettaglio dei servizi di telefonia fisso-mobile aziendale, detenendo una quota di mercato prossima al 2% del mercato (vedi tabella 12 pag. 40 relazione finale CTU). Ad avviso del consulente tale secondarietà permetterebbe di dubitare che Vodafone fosse in grado di tenere comportamenti tali da poter generare effetti anticoncorrenziali. Questo giudice ritiene d’altra parte condivisibile l’impostazione assunta dall’AGCM e poi ripresa in ultima sede dal Consiglio di Stato nella sentenza 2438/2011, secondo la quale è di particolare rilievo “la circostanza che tale obbligo (ndr. di non discriminazione) sia imposto indistintamente a tutti e quattro i gestori, a prescindere dalla quota detenuta da ciascuno di essi nel mercato a valle - che rileva solo ai fini dell’imposizione di un tetto al prezzo di terminazione - proprio a sottolineare come il controllo di una risorsa disponibile solo ai gestori (la terminazione sulla propria rete mobile) e non anche agli operatori terzi, può potenzialmente avere un’elevata valenza anticompetitiva con effetti sia sui concorrenti sia sui clienti finali.”. Similarmente la Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza TeliaSonera (Sentenza della Corte, Prima Sezione, del 17 febbraio 2011, Konkurrensverket contro TeliaSonera Sverige AB), ha affermato che, nell’ambito della valutazione dell’abusività di una pratica di margin squeeze, “non rilevano, in linea di principio…il grado di dominio che tale impresa detiene su detto mercato (ndr. all’ingrosso); la circostanza che detta impresa non detenga una posizione dominante anche sul mercato al dettaglio delle prestazioni di connessione a banda larga ai clienti finali”. Non si può dunque escludere l’abusività di una condotta, sulla base del solo rilievo che l’impresa artefice della medesima condotta detenga una quota ridotta o anche irrisoria di detto mercato.
Si deve infine rilevare che il procedimento A357 ha avuto ad oggetto soltanto il mercato dei servizi di telefonia rivolti ai clienti aziendali e che Vodafone, d’altro canto, ha iniziato ad operare nell’offerta di servizi di telefonia fissa alla clientela residenziale solo a partire dal 2008, quando ha acquisito il controllo dell’operatore Tele2.
    12. Fatte tali premesse, si ricorda che questo giudice ha ritenuto di dare avvio all’istruttoria, anche (ed in particolare) poiché Fastweb ha posto alla base delle proprie pretese la circostanza che la condotta contestata a Vodafone non sarebbe ancora cessata. Si intende dunque brevemente trattare, con l’ausilio di quanto riportato nel testo della CTU, della eventuale illiceità della condotta tenuta da Vodafone nei confronti di Fastweb, nel periodo non ancora soggetto al termine di prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c., al momento dell’avvio della presente causa (l’atto di citazione è stato notificato a Vodafone in data 29 dicembre 2010).
Nella relazione finale depositata dal Prof. Scarpa in data 29 gennaio 2013, dopo ampie e approfondite argomentazioni, si giunge a limitare l’ambito temporale del danno subito da Fastweb fino al mese di marzo del 2005. Ciò sulla base del fatto che alcuni dei piani tariffari di Vodafone, oggetto di disamina, erano sì sottocosto al momento della loro introduzione e sono effettivamente rimasti sul mercato per diversi anni, ma sono stati ricondotti nell’area delle offerte lecite, con la revisione delle offerte ed il calo delle tariffe di terminazione degli ultimi anni.
Con il primo supplemento di quesito, questo giudice ha richiesto al CTU di concentrare la propria attenzione sull’approccio c.d. bottom up (ovvero a partire dalle tariffe e non invece dalla contabilità di Vodafone) e di trattare due questioni ampiamente dibattute tra le parti, ossia la percentuale dei costi commerciali da considerare e come il risultato possa variare considerando non solo lo sconto medio sulle tariffe, ma anche un valore intermedio tra quello medio e quello massimo (il c.d. sconto intervallare).
Nella relazione supplementare, depositata in data 22 ottobre 2013, il consulente evidenzia come dal 2002/2003 fino al 2004/2005 i prezzi praticati da Vodafone si trovino al di sotto dei costi, qualunque sia l’ipotesi che si vuole considerare circa i costi commerciali e qualunque sia il parametro di prezzo (sconto) che si ritiene corretto utilizzare per valutare la politica di prezzo di Vodafone. Allo stesso modo, i prezzi di Vodafone risultano certamente leciti dal 2006/07 in poi, qualunque sia il criterio considerato tra quelli indicati dal quesito (si veda la tabella 4 a pag. 9 della relazione supplementare del CTU). A seconda del valore percentile attribuito ai costi commerciali con riferimento ai costi di rete, l’ambito temporale del danno subito da Fastweb arriva fino al mese di marzo 2005, ove i costi commerciali siano quantificati in un valore pari al 5%, o al mese di marzo 2006, ove invece detti costi siano considerati al valore del 20%. Il consulente dimostra inoltre che i risultati della relazione finale non variano concentrando l’attenzione sul cosiddetto overcharge.
Il secondo supplemento di quesito richiede al consulente di mostrare come varino i calcoli già presentati, stimando le tariffe di terminazione a partire dalle tariffe delle ore di picco (c.d. peak) e delle ore “vuote” (c.d. off peak), introducendo una ripartizione arbitraria (80-20) del traffico tra queste due fasce orarie. Si tratta di una ripartizione convenzionale sovente accettata almeno come approssimazione e utilizzata in alcuni casi dall’AGCM nello stesso procedimento A357. Nella seconda relazione supplementare, depositata in data 23 marzo 2014, il CTU evidenzia come tale ulteriore indagine non abbia condotto a risultati diversi da quelli della precedente relazione (a parte, naturalmente, il cambiamento della stima della tariffa media di terminazione). Egli conclude dunque confermando l’analisi precedente e cioè che fino al 2004/05 i prezzi praticati da Vodafone sono al di sotto dei costi, qualunque sia l’ipotesi che si vuole considerare circa i costi commerciali e qualunque sia il parametro di prezzo (sconto) che si ritiene corretto utilizzare per valutare la politica di prezzo di Vodafone;  mentre i prezzi di Vodafone sono da ritenersi certamente leciti dal 2006/07 in poi, qualunque sia il criterio adottato tra tutti quelli considerati in corso di causa (si veda pag. 4 della seconda relazione supplementare del CTU). Ancora dunque assume rilievo primario, ai fini della commisurazione dell’eventuale danno, la ricostruzione della voce dei costi commerciali: ove siano stimati al 5% dei costi di rete il comportamento di Vodafone sarebbe sicuramente lecito già a partire dall’anno 2005/2006, mentre l’opposto è vero nel caso in cui i costi commerciali siano valutati al 20% del costo di rete (con un margine negativo di circa 1-3% del costo).
Questo giudice ritiene che sia del tutto condivisibile la prospettazione del consulente tecnico che – anche in considerazione degli interessi economici in gioco – è stato chiamato per due volte ad integrare la relazione, proprio al fine di avere un quadro quanto più completo e certo della medesima prospettazione.
Occorre tuttavia procedere ad una specifica disamina della voce dei costi commerciali da valutare, in considerazione della rilevanza che essa assume, con riguardo alla prospettazione di un asserito danno subito da Fastweb.
Nella propria relazione finale il CTU aveva ritenuto opportuno quantificare l’impatto dei costi commerciali in un valore pari al 5% dei costi di rete di Vodafone, detto valore derivando dai bilanci di responsabilità sociale di Vodafone per gli anni dal 2002 al 2008.
Nella prima relazione supplementare (depositata in data 22 ottobre 2013), il CTU, su impulso proveniente dal CTP di Fastweb, ha preso in considerazione un’ulteriore quantificazione dei costi commerciali pari al 20% dei costi di rete. Tale valore trova fondamento nella delibera dell’Agcom 499/10/CONS ove l’Autorità offre una misura presuntiva di detti costi, in proporzione ai costi di rete totali. Nello specifico, l’AgCom distingue la parametrazione dei costi commerciali a seconda del mercato finale cui è destinata l’offerta e, per quanto concerne la clientela di interesse, ossia quella business, identifica appunto i costi commerciali in una percentuale pari al 20% dei costi di rete.
Occorre premettere che il ruolo assolutamente marginale ricoperto dalla telefonia fissa, all’interno delle attività di Vodafone, induce ad una stima prudenziale dell'incidenza dei costi commerciali.
Si è peraltro già ricordato che la quota di mercato di Vodafone, con particolare riferimento alla direttrice fisso-mobile, era pari a circa il 2%. Ciò induce ragionevolmente a ritenere che i costi commerciali sostenuti in funzione di tale direttrice avessero un impatto estremamente limitato e pressoché trascurabile sui costi complessivamente sostenuti da Vodafone.
D’altra parte, la delibera 499/10/CONS costituisce un adeguamento dei test di prezzo utilizzati nella precedente delibera 152/10/CONS, la quale conteneva misure atte a garantire la piena applicazione del principio di parità di trattamento interna ed esterna da parte degli operatori "aventi notevole forza di mercato nella telefonia fissa". Si ritiene pertanto che i parametri definiti nella delibera 499/10/CONS non possano trovare diretta e immediata applicazione con riferimento al caso de quo, considerata la richiamata posizione di Vodafone sul mercato oggetto di analisi. Tale delibera è stata peraltro approvata facendo precipuo riferimento ad uno dei principali operatori sul mercato della fonia fissa, ossia Telecom Italia. Inoltre, l’AgCom, nella propria delibera, concede esplicitamente all’operatore che sia assoggettato al test la facoltà di richiedere l’utilizzo dei costi effettivamente sostenuti.
Si consideri inoltre che i costi commerciali di telefonia non possono considerarsi quale voce in sé autonoma in quanto rientrano nei costi sostenuti per l’offerta di fonia complessivamente intesa. In particolare, i costi commerciali sulla direttrice fisso-mobile sono parte dei cosiddetti costi non evitabile, in quanto non specifici alla direttrice stessa. Peraltro le offerte praticate sul mercato da Vodafone erano offerte complesse, delle quali la terminazione fisso-mobile non era altro che una delle componenti. In altre parole Vodafone offriva ai clienti dei “pacchetti” che non riguardavano mai unicamente il mercato della fonia fisso-mobile.
A ciò si aggiunga il significativo rilievo che la stessa AGCM, nel corso del procedimento A357, ha preso in considerazione unicamente i costi di raccolta e di terminazione, e non anche i costi commerciali, per il calcolo del test di replicabilità.
Peraltro pur derivando da produzione tardiva, sottratta al contraddittorio tra le parti e perciò non considerata da questo giudice, Vodafone ha sostenuto che nuovi dati derivanti dalla contabilità attesterebbero un costo interno commerciale di Vodafone in un ordine di grandezza pari a circa il 3% del costo di rete.
Tutto quanto sopra premesso, in considerazione della peculiarità della posizione ricoperta da Vodafone sul mercato della fonia fisso-mobile, si ritiene corretto - nel caso di cui si discute – quantificare i costi commerciali in un valore pari al 5% dei costi di rete.
Ciò detto, per il periodo rispetto al quale l’eventuale diritto al risarcimento del danno a favore di Fastweb non è soggetto al termine prescrizionale, non si può rilevare alcuna condotta di Vodafone configurabile come illecita.
È del resto significativo che il comportamento illecito alla base dell’azione di Fastweb non sia stato rilevato dall’AGCM per l’anno 2006, considerato che il procedimento A357 riguardava il periodo precedente, e che l'AGCM non ha ritenuto di dare ingresso ad un’altra istruttoria in relazione a possibili ulteriori comportamenti discriminatori protrattisi in epoca più recente.
A tali considerazioni si aggiunga la circostanza, non contestata, che l’AGCM non ha mai mosso contestazioni nei confronti di Vodafone, dopo la chiusura del procedimento. Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 287/90, l’AGCM, ove un’impresa contravvenga agli impegni assunti e resi obbligatori, può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato o riaprire il procedimento nei suoi confronti.
    13. Conclusivamente, alla luce delle considerazioni esposte, valutata l'intervenuta prescrizione per il periodo anteriore al 29 dicembre 2005 e la esclusione di comportamenti discriminatori in danno di
Fastweb per il periodo successivo , non può che pervenirsi al rigetto integrale delle domande di Fastweb.
L’estrema complessità della situazione in fatto e in diritto della presente controversia, la relativa novità delle questioni trattate, unitamente alla ritenuta inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata da parte della convenuta, giustificano l’integrale compensazione delle spese processuali fra le parti. Le spese per la consulenza tecnica d’ufficio sono poste a carico solidale delle parti, per le medesime considerazioni ed anche per il rilievo che detta consulenza ha avuto un'articolazione particolarmente dettagliata in dipendenza delle diverse tesi e dei molteplici argomenti svolti da entrambe le parti.

 

 

 

 

 

 


P.Q.M.

 

il Giudice, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio fra le parti,
rigetta la domanda di annullamento della Consulenza Tecnica di Ufficio proposta dall’attrice Fastweb S.p.a.;
rigetta le domande di risarcimento dei danni proposte dall’attrice Fastweb S.p.a. nei confronti di Vodafone Omnitel NV;
rigetta tutte le ulteriori domande proposte dalla medesima attrice;
dichiara inammissibile la domanda proposta in via riconvenzionale da Vodafone Omnitel NV; compensa integralmente fra le parti le spese di lite e pone a carico solidale di entrambe le parti le spese per l’esperimento della CTU nella misura già liquidata in corso di causa.
Così deciso in Milano il 14 ottobre 2014.
Il Giudice
dott. Marina Anna Tavassi

 

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA - SEZ. A

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marina A. Tavassi, ha pronunciato la seguente



SENTENZA

 


nella causa civile di primo grado, iscritta al n. RG. 85107/2010, avente ad oggetto azione antitrust, di risarcimento danni e riconvenzionale antitrust e di risarcimento danni,
promossa da:

FASTWEB S.P.A. (C.F. 12878470157), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio degli Avv.ti RENZO RISTUCCIA, DOMENICO SICILIANO e LUCA TUFARELLI; elettivamente domiciliata in VIA CARADOSSO, 12 - 20123 MILANO, presso il difensore avv. RENZO RISTUCCIA, in forza di procura in atti



ATTRICE
contro


VODAFONE OMNITEL N.V. SPA (C.F. 08539010010), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio degli Avv.ti STEFANO MODENESI ed ALESSANDRO BOSO CARETTA; elettivamente domiciliata in VIA GABRIO CASATI, 1 - 20123 MILANO, presso il difensore avv. STEFANO MODENESI, in forza di procura in atti

 

 

 

CONVENUTA
 


CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 25 marzo 2014 i procuratori delle parti concludevano come segue:

Conclusioni di Fastweb S.p.a.:

Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectiis,

    1) annullare la Consulenza Tecnica di Ufficio per violazione dei principi che regolano l’imparzialità del Consulente e il contraddittorio processuale e disporre una nuova Consulenza Tecnica d’Ufficio nominando diverso Consulente Tecnico d’Ufficio;
    2) disporre i mezzi di prova ritualmente invocati da Fastweb nella misura in cui non siano stati ammessi dal Giudice;
    3) accertare e dichiarare che le condotte tutte ampiamente illustrate negli atti del giudizio, poste in essere da Vodafone Omnitel N.V., costituiscono abuso di posizione dominante in violazione dell’art 102 del Trattato TFUE e/o condotte illecite ed anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 cod. civ.;
    4) per l’effetto inibire a Vodafone Omnitel N.V. la continuazione e/o ripetizione delle condotte abusive e/o comunque illegittime descritte negli atti del giudizio atto, ove ancora in essere alla data della pronuncia;
    5) in ogni caso condannare Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, a qualsiasi titolo subiti dall’attrice nella misura complessiva di € 396.225.477,29 -attualizzata al 31 dicembre 2013- come di seguito precisato:
        A. Danni subiti da Fastweb in conseguenza delle condotte abusive poste in essere dalla convenuta nel periodo novembre 2002 - dicembre 2008, nella misura di euro 192.742.595,27 e segnatamente:
            A.1. quanto a € 121.374.030,86 a titolo di danno emergente subito da Fastweb S.p.A. nel mercato della fornitura all’ingrosso di servizi di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel
N.V. (c.d. overcharge) rappresentato dal maggior costo diretto che Fastweb ha dovuto subire a livello wholesale per fornire alla propria clientela business il servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V.;

            A.2. quanto a € 66.427.148,29 a titolo di lucro cessante che Fastweb
S.p.A. ha dovuto sopportare per essere andata sottocosto per replicare le offerte abusive di Vodafone nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business;
            A.3. quanto a € 4.941.416,11 a titolo di lucro cessante per la perdita di traffico e clientela per avere dovuto Fastweb praticare prezzi più alti nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business.
        B. Danni subiti da Fastweb in conseguenza delle condotte abusive poste in essere dalla convenuta nel periodo gennaio 2009 – giugno 2010 nella misura di euro 51.803.228,50 e segnatamente:
            B.1. quanto a € 38.879.109,55 a titolo di danno emergente subito da Fastweb S.p.A. nel mercato della fornitura all’ingrosso di servizi di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel
N.V. (c.d. overcharge) rappresentato dal maggior costo diretto che Fastweb ha dovuto subire a livello wholesale per fornire alla propria clientela business il servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V.;
            B.2. quanto a € 11.710.990,30 a titolo di perdita che Fastweb S.p.A. ha dovuto sopportare per essere andato sottocosto per tentare di replicare alle offerte abusive di Vodafone nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business;
            B.3. quanto a € 1.213.128,66 a titolo di perdita di traffico e clientela per avere dovuto Fastweb praticare prezzi più alti nel mercato a valle della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza business.
        C. Danni subiti da Fastweb in conseguenza delle condotte abusive attuate  dalla convenuta nel periodo novembre 2002 – giugno 2010 nella misura di € 151.679.653,52 e segnatamente:
            C.1. quanto a € 95.025.335,83 a titolo di a titolo di danno emergente subito da Fastweb S.p.A. nel mercato della fornitura all’ingrosso di servizi di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V. (c.d. overcharge) rappresentato dal maggior costo diretto che Fastweb ha dovuto subire a livello wholesale per fornire alla propria clientela residenziale il servizio di terminazione delle chiamate sulla rete mobile di Vodafone Omnitel N.V.;
            C.2. quanto a € 52.716.482,26 a titolo di perdita che Fastweb S.p.A. ha dovuto sopportare per essere andato sottocosto per tentare di replicare alle offerte abusive di Vodafone nel mercato della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza residenziale;
            C.3. quanto a € 3.937.835,42 a titolo di perdita di traffico e clientela per avere dovuto Fastweb S.p.A. praticare prezzi più alti nel mercato a valle della fornitura al dettaglio dei servizi di comunicazione fisso mobile all’utenza residenziale.
    6) fissare una somma dovuta dalla convenuta per ogni ulteriore abuso successivamente posto in essere dalla convenuta ovvero constatato dall’attrice, o per ogni violazione e/o ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti inibitori che il Giudice adito vorrà adottare;
    7) disporre la pubblicazione del dispositivo dell’emananda sentenza sui quotidiani “IlSole24Ore”, “Il Corriere della Sera” e “La Repubblica” con caratteri doppi, a cura dell’attrice ed a spese della convenuta;
8 rigettare integralmente la domanda riconvenzionale formulata da parte avversa in quanto nulla, inammissibile, prescritta ed infondata in fatto ed in diritto e comunque sfornita di prova.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Conclusioni di Vodafone Omnitel n.v.
Voglia, l’Ecc.mo Tribunale adìto, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e difesa; In via pregiudiziale e/o preliminare:
    a) dichiarare inammissibili o comunque improcedibili le domande avversarie; In via principale nel merito:
    b) rigettare tutte le domande formulate dall’attrice in quanto infondate;
In via riconvenzionale, condizionata all’eventuale accoglimento della domanda di
accertamento formulata al n. 1 delle conclusioni dell’atto di citazione di parte attrice:
    c) accertare e dichiarare che le condotte poste in essere da Fastweb e/o da Fastweb Wholesale s.r.l., descritte in narrativa al § 9 della comparsa di costituzione e risposta e nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 1), c.p.c. di Vodafone, costituiscono abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE e/o costituiscono condotte illecite e/o anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 c.c.
Ci si riporta alle istanze istruttorie articolate con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 2, c.p.c. del 20 giugno 2011 e con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 3, c.p.c. dell'8 luglio 2011.
Con riferimento alle valutazioni espresse dal consulente tecnico d'ufficio, si insiste nelle deduzioni e nei rilievi svolti nel corso del giudizio, in particolare attraverso le memorie e le osservazioni prodotte dai consulenti tecnici di parte, i rilievi formulati nell'ambito delle riunioni peritali e delle udienze, e le note difensive.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari.

 

 

 

 

 

 

 

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

 

    1. Con atto di citazione notificato in data 29 dicembre 2010, la Fastweb S.p.a. citava la Vodafone Omnitel n.v. innanzi a questo Tribunale, chiedendo di accertare e dichiarare che le condotte da essa richiamate in narrativa costituissero abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 del TFUE (già art. 82 del Trattato CE) e/o condotte illecite e anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 o 2043 c.c., con le conseguenti pronunce inibitorie, risarcitorie ed accessorie d’uso, come meglio precisato nelle sopra richiamate conclusioni.
    2. Con comparsa di costituzione e risposta del 28 marzo 2011 si è costituita ritualmente in giudizio Vodafone la quale ha contestato integralmente le pretese avversarie e ha contestualmente avanzato

domanda riconvenzionale, subordinata all’accoglimento della domanda di accertamento di una condotta di abuso di posizione dominante formulata dall’attrice, diretta a far accertare e dichiarare che le condotte poste in essere da Fastweb, descritte dalla stessa in narrativa, costituissero abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE e/o condotte illecite e/o anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 e/o 2043 c.c..
    3. Sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 9 novembre 2011, questo giudice ha nominato il CTU in persona del prof. Carlo Scarpa ed ha contestualmente formulato il quesito da sottoporre a quest’ultimo. Le operazioni peritali hanno poi avuto inizio in data 14 febbraio 2012 e la relazione tecnica finale è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 gennaio 2013. A scioglimento della riserva assunta nel corso dell’udienza del 10 aprile 2013, questo giudice, con ordinanza dell’11 maggio 2013, ha poi invitato il CTU ad effettuare un supplemento di relazione che è stato depositato in data 17 ottobre 2013. A scioglimento infine della riserva assunta all’udienza del 27 novembre 2013, con ordinanza del 28 dicembre 2013, il G.I. ha disposto un ulteriore supplemento di indagine che è stato in seguito depositato dal CTU il 23 marzo 2014.
    4. Come da conclusioni sopra richiamate, la pretesa di parte attrice si configura come un’azione risarcitoria per abuso di posizione dominante di tipo escludente che sarebbe stato commesso in suo danno da parte di Vodafone in violazione dell’articolo 102 del TFUE o per condotte illecite e anticoncorrenziali in violazione degli artt. 2598 o 2043 c.c.. Si tratta di un’azione di tipo “follow on” poiché, da un punto di vista tanto cronologico quanto funzionale, segue il procedimento A357 (Tele2/Tim-Vodafone-Wind) avviato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) e si fonda, in particolare, sulla CRI (“comunicazione delle risultanze istruttorie”) del 28 luglio 2006. Nel corso del citato procedimento, Vodafone ha presentato proposte di impegni che sono state accettate dall’Autorità. L’accertamento compiuto dall’Autorità e concluso con il provvedimento 17131 è stato in seguito confermato dal Tar Lazio (Sent. 2900/08) e dal Consiglio di Stato (Sent. 2438/2011).
    5. Occorre anzitutto analizzare alcune questioni prodromiche alla trattazione della causa. Questo giudice si è già pronunciato, con propria ordinanza del 9 novembre 2011, circa il valore probatorio della CRI. In tale ordinanza è stato infatti richiamato il giudizio espresso dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 3640 del 13.2.2009 Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro-ANCL c. Inaz Paghe s.r.l.; conformi: Cass. sez. III, n. 5941 e n. 5942/2011) secondo cui il valore di “prova privilegiata” da attribuire ai provvedimenti dell’AGCM, nei giudizi risarcitori follow-on, è da intendersi limitato ai provvedimenti di carattere decisorio, con i quali, definita l’istruttoria e concluso il contraddittorio con le parti, viene irrogata la sanzione o disposta l’archiviazione. Tuttavia, se è vero che la CRI rappresenta un atto endoprocedimentale individuale, valido per ciascuna parte, non può ignorarsi quanto dalla stessa CRI risulta a carico di Vodafone, secondo le indagini condotte dall’AGCM, e quanto emerge dal provvedimento finale sanzionatorio adottato nei confronti di Telecom e Wind (divenuto definitivo come detto a seguito delle sent. 2900/08 e 2902/08 del TAR Lazio e della sent. del Consiglio di Stato depositata il 20 aprile 2011) per comportamenti analoghi a quelli originariamente imputati a Vodafone secondo le risultanze istruttorie contenute nella CRI. Questo giudice ritiene pertanto che i due già citati provvedimenti dell'AGCM (CRI e provvedimento n.17131) forniscono quantomeno elementi indiziari a favore della tesi di parte attrice e sono perciò idonei a fornire il necessario substrato probatorio, tanto  da aver indotto a dare avvio alla CTU.
    6. Un’ulteriore questione, oggetto di ampio dibattito tra le parti in corso di causa, riguarda il fatto che il procedimento A357 si sia concluso nei confronti di Vodafone, a seguito dell’accettazione da parte dell’Agcm degli impegni presentati, rendendoli obbligatori per la proponente. Pertanto, il provvedimento 17131 che ha concluso il procedimento A357 non coinvolge direttamente Vodafone. In questo caso, tale circostanza non incide sul valore di elementi indiziari tanto del provvedimento 17131 quanto della CRI del 28 luglio 2006. In tal senso si è pronunciato il Consiglio di Stato nella propria sentenza 2438/2011 dove afferma: “Il Collegio condivide appieno quanto al riguardo ritenuto dal primo giudice laddove, evidenziato che, dopo l’accettazione degli impegni, alcun ulteriore accertamento o approfondimento è stato effettuato nei confronti di Vodafone la cui posizione è stata perciò completamente stralciata, ha comunque osservato che, in generale, la decisione con impegni non comporta infatti alcuna immunità sul piano civilistico ma rende solo più difficile il proficuo esperimento delle azioni risarcitorie. Va parimenti disatteso l’assunto secondo cui con l’accettazione degli impegni proposti da Vodafone l’Autorità avrebbe implicitamente ma necessariamente concluso per la qualificazione di “non gravità” dell’illecito e, conseguentemente, per la non sanzionabilità dell’abuso anche nei confronti delle appellanti”.
    7. Questo giudice ritiene di dover trattare in primo luogo dell’eccezione di prescrizione formulata dalla convenuta. Nel difendersi dalle censure sollevate da parte attrice, la convenuta ha infatti eccepito che il comportamento anticoncorrenziale ad essa imputato da Fastweb non potrebbe dare ingresso all’accertamento del danno invocato da quest’ultima, in quanto il relativo diritto non potrebbe trovare alcuna tutela per essere maturato il termine prescrizionale di cinque anni, previsto per gli illeciti di natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c. ed applicabile anche alle fattispecie di illecito anticoncorrenziale, quale indubbiamente prospettato nel caso di specie. Il termine di prescrizione sarebbe infatti iniziato a decorrere al più tardi dall'apertura dell'indagine a cura dell’AGCM, in data 23 febbraio 2005.
La difesa di Fastweb, a sua volta, sostiene che la convenuta non possa giovarsi del termine prescrizionale quinquennale poiché, trattandosi di un illecito permanente, la decorrenza del termine prescrizionale deve decorrere dalla data di cessazione della condotta illecita, sempre che il danneggiato sia a quel tempo consapevole dell’ingiustizia del danno patito e non sussistano impedimenti giuridici a far valere il diritto al risarcimento, e ciò in quanto il protrarsi nel tempo della condotta illecita determina lo spostamento della decorrenza del termine prescrizionale all’epoca della definitiva cessazione della medesima. La condotta contestata a Vodafone non sarebbe ancora cessata e, dunque, il decorso del termine prescrizionale non potrebbe ritenersi neanche in atto. In seconda istanza, la convenuta ritiene che il primo momento utile a far valere il diritto conteso possa essere quello della pubblicazione del provvedimento di accettazione degli impegni di Vodafone, avvenuta il 5 giugno 2007 (e, quindi, all’atto della notifica della citazione, non sarebbe in ogni caso maturato il termine prescrizionale di 5 anni).
Anzitutto, è utile ricordare che, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte Cassazione (sentenza 2 febbraio 2007, n. 2305), l’azione di risarcimento del danno anticoncorrenziale si ascrive nel novero delle azioni di cui all'art. 2947 c.c.. Tale norma va letta in combinato con il disposto dell'art. 2935 c.c., che prevede che il termine di prescrizione per le azioni fondate su un fatto illecito decorra dal momento in cui il diritto possa essere fatto valere. Più precisamente, i giudici di legittimità, pur parlando del danno antitrust come appartenente alla categoria dei c.d. “danni lungolatenti”, hanno precisato che il momento in cui il diritto può essere fatto valere corrisponde al momento percettivo del danno da parte della vittima dell'illecito. La Corte, quindi, ha respinto sia la tesi della compagnia assicurativa, che mirava a retrodatare il momento percettivo dell’illecito alla data della sottoscrizione della polizza, sia quella dell’attore, che mirava a giovarsi della data della pubblicazione del provvedimento sanzionatorio del cartello fra le imprese assicuratrici da parte della AGCM, avendo cura di precisare che la decorrenza fissata dal momento di pubblicazione della decisione dell'Autorità avrebbe determinato un ingiusto squilibrio della risposta sanzionatoria in detrimento degli attori, i quali per il risarcimento del danno anticoncorrenziale non avrebbero potuto giovarsi dell'accertamento amministrativo delle autorità nazionali nei casi “stand alone”. La Corte, pertanto, ha interpretato il momento percettivo dell’illecito come quello in cui può ritenersi, con un sufficiente grado di certezza, che la parte che lamenta il danno abbia potuto avere coscienza di aver subito un danno, soccorrendo a tale determinazione sia elementi presuntivi quali notizie di quotidiani, o circolazione delle informazioni tra gli addetti al settore, sia la qualificazione del soggetto attore nell’ambito del mercato di riferimento (in tal senso si è già pronunciato questo stesso giudice nella sentenza 3 aprile 2014, n. 4587/2014).
Nel caso de quo, le parti sono peraltro concordi nel ritenere che il danno sia derivante da illecito extracontrattuale ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e che, pertanto, il diritto al risarcimento ad esso connesso si prescriva in 5 anni. Solo per completezza, si richiama perciò la sentenza con cui la Corte di Cassazione (sez. 3°, n. 8110/2013 del 3 aprile 2013) si è espressa in senso contrario alla possibilità di assoggettare alla prescrizione decennale - tipica della responsabilità contrattuale - il diritto al risarcimento danni ex articolo 33 della legge n. 287/1990. La Corte ha affermato che il danno antitrust non scaturisce dalla stipulazione del singolo contratto tramite il quale l’impresa si è procurata il sovraprofitto, ma dal comportamento anteriore di questa, di cui il contratto costituisce solo il passaggio finale. Da ciò deriva, secondo la Corte, che la condotta anticoncorrenziale si inquadra nell’ambito della responsabilità precontrattuale. “Ciò che è da escludere – afferma la Corte - è che essa sia assoggettabile alla disciplina tipica dei contratti del settore assicurativo, o di altre figure contrattuali speciali, soprattutto per quanto concerne i termini di prescrizione dell'azione risarcitoria”, ricordando che “la giurisprudenza di questa Corte ha inquadrato la fattispecie di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 33 nell’ambito della responsabilità extracontrattuale (…) ed ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2947 cod. civ.”
A tale ultimo proposito non ignora questo giudice che con la già citata sentenza n. 8110/2013 (come pure con la sentenza n. 12551 del 22 maggio 2013) la Corte di Cassazione, a differenza della sentenza n. 2305/2007 pure sopra citata, ha indicato un decorso del termine prescrizionale di tipo “oggettivo”, indipendentemente dalla circostanza che il danneggiato sia venuto effettivamente a conoscenza del provvedimento dell’AGCM e si sia potuto rendere conto di aver subito un danno ingiusto a causa delle condotte anticoncorrenziali accertate e sanzionate dalla stessa Autorità. Non va trascurato tuttavia che entrambi i casi riferiti hanno riguardo ad uno fra i tanti casi del “cartello” assicurativo nel settore r.c. auto, ove i soggetti danneggiati erano gli assicurati e pertanto consumatori del tutto ignari delle dinamiche del mercato e della eventualità che vi fosse stato un accordo vietato fra imprese assicuratrici idoneo a determinare un indebito aumento del premio a carico degli assicurati. Ciò quantomeno fino al momento in cui tale comportamento e tali accordi erano stati sanzionati dal provvedimento dell’AGCM.
Diversa è la situazione per l'ipotesi in cui il soggetto danneggiato sia un'impresa che operi nel medesimo mercato del preteso danneggiante, cui viene imputato un abuso di dominanza sul mercato. Un simile soggetto non può essere ritenuto estraneo alle dinamiche del mercato e ignaro dell'esistenza del comportamento che mira ad escluderlo o a ridurre i suoi margini di guadagno. E' significativo che nel caso Teleunit/Vodafone (sent. 1° ottobre 2013, n. 12227, Giudice estensore Massari), ipotesi analoga a quella di specie, il giudice abbia considerato che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno fosse quello quinquennale e iniziasse a decorrere non dal momento in cui il  fatto del terzo abbia determinato la modificazione produttiva del danno all’altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si era manifestata all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (in tal senso, anche, Cass. n. 11119/2013; Cass. n. 26188/2011). Tale momento è stato individuato nell’avvio del procedimento dell'AGCM (23.2.2005) e, nel caso concreto, la prescrizione non si è determinata, essendo la notifica dell’atto di citazione intervenuta prima del decorso del termine così considerato.
Si deve infine richiamare l’ancor più recente caso Uno Communications/Vodafone (sentenza 3 aprile 2014, n. 4587/2014) ove questo stesso giudice ha ritenuto che il dies a quo dal quale far decorrere il termine prescrizionale si debba collocare alla data dell’apertura dell'indagine dell’Agcm. Ciò in quanto fin dall’apertura dell’indagine l’abuso di posizione dominante originariamente imputato a Vodafone sarebbe divenuto oggettivamente percepibile e riconoscibile per un operatore economico che necessariamente, usando l’ordinaria diligenza, deve conoscere gli eventi del mercato in cui opera.
In subordine, nel caso in parola, si poneva in rilievo il momento della pubblicazione degli impegni in quanto, con la proposizione degli impegni da parte di Vodafone e la successiva pubblicazione degli stessi (ove non si voglia ritenere addirittura con l’apertura dell'indagine), l’attrice, che nel caso di specie non era né denunciante né intervenuta nel procedimento, avrebbe potuto avere piena cognizione della fattispecie e della responsabilità imputata a Vodafone, indipendentemente dal successivo provvedimento di accettazione dell’AGCM.
A ciò si aggiunga la circostanza che Fastweb, pur non figurando tra i soggetti denuncianti, è intervenuta nel procedimento in questione in data 13 aprile 2005 (si veda il § 10 del provvedimento finale, doc. 3 di Fastweb).
Sulla base delle argomentazioni di cui sopra, questo giudice ritiene che il termine prescrizionale di cinque anni dell’azione di risarcimento del danno derivante da illecito antitrust sia da computarsi a partire dall’avvio del procedimento A357 dell’AGCM e, cioè, dal provvedimento n. 14045 del 23 febbraio 2005 (doc. 2 di Fastweb). Tuttalpiù si potrebbe ritenere che Fastweb sia venuta a conoscenza della condotta oggetto di indagine e della sua dannosità, in prossimità del proprio intervento nel procedimento A357 avvenuto in data 13 aprile 2005. Si potrebbe fra l’altro ipotizzare che la dannosità dei comportamenti di Vodafone fosse concretamente percepibile da parte di Fastweb già prima di tale data. È infatti del tutto plausibile ritenere che l’attrice si sia immediatamente resa conto della lesività del rapporto contrattuale posto in essere con Vodafone.
Risulta pertanto fondata l’eccezione di prescrizione ex art. 2947 c.c. opposta dalla convenuta in relazione alle domande formulate da Fastweb, essendo decorso, alla data di proposizione della presente causa (l’atto di citazione è stato notificato il 29 dicembre 2010), il termine quinquennale di prescrizione dell’illecito anticoncorrenziale lamentato.
Questo giudice ritiene poi necessario precisare che, nel caso oggetto di causa, l’eventuale prosecuzione della condotta da parte di Vodafone, successivamente al periodo soggetto a prescrizione ex art. 2947, potrebbe assumere autonomo rilievo. Come ricordato, la CTU si è resa principalmente necessaria proprio al fine di accertare se potessero dirsi sussistenti abusi da parte di Vodafone, successivi al 29 dicembre 2005 (si ricorda che l’atto di citazione che ha dato origine al presente procedimento è stato notificato a Vodafone in data 29 dicembre 2010). Si rimanda a tal riguardo al punto 9 della sentenza, per quanto concerne le ragioni che hanno determinato questo giudice a dare avvio alla CTU, ed al successivo punto 12 con riguardo all’analisi della condotta di Vodafone nel periodo non soggetto al già più volte richiamato termine di prescrizione quinquennale.
    8. Vodafone ha altresì formulato domanda riconvenzionale avente ad oggetto l’accertamento che le condotte di Fastweb dal 2002 ad oggi, consistenti nel praticare prezzi, per le chiamate on net da rete Fastweb su rete fissa Fastweb, pari a zero o molto scontati rispetto al prezzo di terminazione wholesale applicato da Fastweb a Vodafone, costituiscano abuso di posizione dominante in danno della convenuta.
Questo giudice si era già pronunciato al riguardo (ordinanza 9 novembre 2011), decidendo di non estendere l’attività istruttoria alla domanda riconvenzionale di Vodafone. Ciò a causa tanto della genericità di detta domanda quanto della sua inammissibilità per carenza di connessione per il titolo. Si conferma la valutazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale di Vodafone, ancor più considerando la configurata prescrizione (vedi punto 7) e la subordinazione espressamente indicata dalla difesa della convenuta della riconvenzionale all’accoglimento della domanda di parte attrice volta ad ottenere il risarcimento del danno a carico di Vodafone.
    9. Nonostante l’intervenuta prescrizione dell’azione di risarcimento del danno derivante dalla condotta tenuta da Vodafone oggetto del procedimento A357 dell’AGCM, questo giudice ha ritenuto di dare ugualmente spazio all’istruttoria. Ciò anzitutto perché la peculiare complessità della materia oggetto di causa ha giustificato l’ingresso della consulenza tecnica d’ufficio, al fine di verificare la sussistenza degli addebiti anche con riguardo ad epoca successiva al limite prescrizionale.
Come detto, l’azione di Fastweb era dotata del necessario substrato probatorio, basato in particolar modo sulla CRI del 28 luglio 2006. Ad ulteriore fondamento delle proprie domande, Fastweb ha poi prodotto alcuni profili di offerta praticati da Vodafone (pur in numero modesto), tesi a dimostrare la pratica di condizioni alla clientela finale particolarmente vantaggiose (docc. 30, 31 e 32 dell’attrice). Si deve d’altro canto segnalare che tutte e tre le offerte contrattuali oggetto dei citati documenti risalgono all’anno 2004, ossia ad un periodo anteriore al limite prescrizionale più volte richiamato.
Ancor più, si è ritenuto necessario dare spazio all’istruttoria poiché Fastweb ha dedotto che la condotta de qua sarebbe stata perpetrata da parte di Vodafone, anche dopo la chiusura del procedimento A357 dell’AGCM.
    10. Prima di procedere ad una breve analisi della consulenza tecnica, questo giudice ritiene di dover premettere che la stessa è da considerarsi condivisibile nel contenuto e che l’attività di indagine ad essa sottesa è stata spiegata da parte del CTU in piena correttezza. Fastweb, già nel corso dell’udienza del 13 febbraio 2013, aveva proposto istanza di sostituzione del CTU in considerazione della posizione che il medesimo avrebbe rivestito presso lo studio Nera, che annovererebbe Vodafone fra i propri clienti. La problematica è stata dunque affrontata nel corso della successiva udienza (vedi verbale del 10 aprile 2013) in presenza del Prof. Scarpa, il quale ha precisato di essere consulente esterno dello Studio Nera dal 1° luglio 2013 ma di non aver ravvisato alcun elemento di conflitto rispetto all’incarico, considerato che lo Studio Nera non aveva alcun rapporto in corso con le parti né vi erano rapporti pregressi, per gli ultimi 5 anni, eccetto una consulenza svolta a favore di Vodafone Spagna da parte della sede di Madrid di Nera per una questione del tutto diversa da quella oggetto di causa, che si era peraltro esaurita fin dal luglio 2011 ed aveva coinvolto un consulente della sede spagnola che aveva poi interrotto la propria collaborazione con lo studio. Questo giudice ritenne allora che il CTU avesse fornito i chiarimenti necessari e sufficienti ad escludere la sussistenza di una qualsiasi ragione di impedimento o opportunità di astensione o sostituzione dello stesso. Ritiene ora che tale valutazione sia da confermare. La riproposizione delle eccezioni di parte attrice in merito alla supposta non parzialità del nominato CTU Prof. Scarpa non induce in alcun modo a discostarsi dalle conclusioni già assunte, non ravvisandosi ragione alcuna per contestare l’imparzialità del medesimo consulente.
Quanto al merito dell’attività svolta e delle relazioni depositate, può affermarsi che il CTU ha proceduto con indagini dettagliate, nel pieno ed articolato contraddittorio delle parti, peraltro protrattosi per tempi lunghi, stante la complessità delle indagini nel loro insieme. Egli è dunque pervenuto ad offrire a questo giudice i risultati di un’analisi attenta e dettagliata, con un percorso motivazionale completo, supportato da argomenti logici e coordinati fra loro in modo coerente, così da consentire una completa cognizione ed un pieno approfondimento dei singoli passaggi e delle conclusioni che ne sono state tratte. Sulla base di tali premesse, questo giudice rigetta la domanda attorea volta ad ottenere l’annullamento della consulenza tecnica d’ufficio.
    11. Si ritiene utile inquadrare brevemente alcuni elementi alla base della consulenza tecnica. Per quanto concerne l’individuazione del mercato rilevante, è condivisibile la definizione fornita dall’AGCM, risultando di conseguenza pertinenti al caso in esame il mercato a monte dei servizi di terminazione sulla rete mobile di ciascun operatore ed il mercato a valle dei servizi di fonia fisso- mobile alla clientela aziendale (non distinguendo, in quest’ultimo caso, tra i diversi operatori dotati di rete mobile). I due mercati sono evidentemente connessi, in considerazione del fatto che gli operatori usano acquistare input a monte, al fine di competere a valle nel mercato della telefonia al dettaglio. Si vuole poi richiamare la circostanza, posta in evidenza dal CTU, che Vodafone avesse una posizione marginale sul mercato al dettaglio dei servizi di telefonia fisso-mobile aziendale, detenendo una quota di mercato prossima al 2% del mercato (vedi tabella 12 pag. 40 relazione finale CTU). Ad avviso del consulente tale secondarietà permetterebbe di dubitare che Vodafone fosse in grado di tenere comportamenti tali da poter generare effetti anticoncorrenziali. Questo giudice ritiene d’altra parte condivisibile l’impostazione assunta dall’AGCM e poi ripresa in ultima sede dal Consiglio di Stato nella sentenza 2438/2011, secondo la quale è di particolare rilievo “la circostanza che tale obbligo (ndr. di non discriminazione) sia imposto indistintamente a tutti e quattro i gestori, a prescindere dalla quota detenuta da ciascuno di essi nel mercato a valle - che rileva solo ai fini dell’imposizione di un tetto al prezzo di terminazione - proprio a sottolineare come il controllo di una risorsa disponibile solo ai gestori (la terminazione sulla propria rete mobile) e non anche agli operatori terzi, può potenzialmente avere un’elevata valenza anticompetitiva con effetti sia sui concorrenti sia sui clienti finali.”. Similarmente la Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza TeliaSonera (Sentenza della Corte, Prima Sezione, del 17 febbraio 2011, Konkurrensverket contro TeliaSonera Sverige AB), ha affermato che, nell’ambito della valutazione dell’abusività di una pratica di margin squeeze, “non rilevano, in linea di principio…il grado di dominio che tale impresa detiene su detto mercato (ndr. all’ingrosso); la circostanza che detta impresa non detenga una posizione dominante anche sul mercato al dettaglio delle prestazioni di connessione a banda larga ai clienti finali”. Non si può dunque escludere l’abusività di una condotta, sulla base del solo rilievo che l’impresa artefice della medesima condotta detenga una quota ridotta o anche irrisoria di detto mercato.
Si deve infine rilevare che il procedimento A357 ha avuto ad oggetto soltanto il mercato dei servizi di telefonia rivolti ai clienti aziendali e che Vodafone, d’altro canto, ha iniziato ad operare nell’offerta di servizi di telefonia fissa alla clientela residenziale solo a partire dal 2008, quando ha acquisito il controllo dell’operatore Tele2.
    12. Fatte tali premesse, si ricorda che questo giudice ha ritenuto di dare avvio all’istruttoria, anche (ed in particolare) poiché Fastweb ha posto alla base delle proprie pretese la circostanza che la condotta contestata a Vodafone non sarebbe ancora cessata. Si intende dunque brevemente trattare, con l’ausilio di quanto riportato nel testo della CTU, della eventuale illiceità della condotta tenuta da Vodafone nei confronti di Fastweb, nel periodo non ancora soggetto al termine di prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c., al momento dell’avvio della presente causa (l’atto di citazione è stato notificato a Vodafone in data 29 dicembre 2010).
Nella relazione finale depositata dal Prof. Scarpa in data 29 gennaio 2013, dopo ampie e approfondite argomentazioni, si giunge a limitare l’ambito temporale del danno subito da Fastweb fino al mese di marzo del 2005. Ciò sulla base del fatto che alcuni dei piani tariffari di Vodafone, oggetto di disamina, erano sì sottocosto al momento della loro introduzione e sono effettivamente rimasti sul mercato per diversi anni, ma sono stati ricondotti nell’area delle offerte lecite, con la revisione delle offerte ed il calo delle tariffe di terminazione degli ultimi anni.
Con il primo supplemento di quesito, questo giudice ha richiesto al CTU di concentrare la propria attenzione sull’approccio c.d. bottom up (ovvero a partire dalle tariffe e non invece dalla contabilità di Vodafone) e di trattare due questioni ampiamente dibattute tra le parti, ossia la percentuale dei costi commerciali da considerare e come il risultato possa variare considerando non solo lo sconto medio sulle tariffe, ma anche un valore intermedio tra quello medio e quello massimo (il c.d. sconto intervallare).
Nella relazione supplementare, depositata in data 22 ottobre 2013, il consulente evidenzia come dal 2002/2003 fino al 2004/2005 i prezzi praticati da Vodafone si trovino al di sotto dei costi, qualunque sia l’ipotesi che si vuole considerare circa i costi commerciali e qualunque sia il parametro di prezzo (sconto) che si ritiene corretto utilizzare per valutare la politica di prezzo di Vodafone. Allo stesso modo, i prezzi di Vodafone risultano certamente leciti dal 2006/07 in poi, qualunque sia il criterio considerato tra quelli indicati dal quesito (si veda la tabella 4 a pag. 9 della relazione supplementare del CTU). A seconda del valore percentile attribuito ai costi commerciali con riferimento ai costi di rete, l’ambito temporale del danno subito da Fastweb arriva fino al mese di marzo 2005, ove i costi commerciali siano quantificati in un valore pari al 5%, o al mese di marzo 2006, ove invece detti costi siano considerati al valore del 20%. Il consulente dimostra inoltre che i risultati della relazione finale non variano concentrando l’attenzione sul cosiddetto overcharge.
Il secondo supplemento di quesito richiede al consulente di mostrare come varino i calcoli già presentati, stimando le tariffe di terminazione a partire dalle tariffe delle ore di picco (c.d. peak) e delle ore “vuote” (c.d. off peak), introducendo una ripartizione arbitraria (80-20) del traffico tra queste due fasce orarie. Si tratta di una ripartizione convenzionale sovente accettata almeno come approssimazione e utilizzata in alcuni casi dall’AGCM nello stesso procedimento A357. Nella seconda relazione supplementare, depositata in data 23 marzo 2014, il CTU evidenzia come tale ulteriore indagine non abbia condotto a risultati diversi da quelli della precedente relazione (a parte, naturalmente, il cambiamento della stima della tariffa media di terminazione). Egli conclude dunque confermando l’analisi precedente e cioè che fino al 2004/05 i prezzi praticati da Vodafone sono al di sotto dei costi, qualunque sia l’ipotesi che si vuole considerare circa i costi commerciali e qualunque sia il parametro di prezzo (sconto) che si ritiene corretto utilizzare per valutare la politica di prezzo di Vodafone;  mentre i prezzi di Vodafone sono da ritenersi certamente leciti dal 2006/07 in poi, qualunque sia il criterio adottato tra tutti quelli considerati in corso di causa (si veda pag. 4 della seconda relazione supplementare del CTU). Ancora dunque assume rilievo primario, ai fini della commisurazione dell’eventuale danno, la ricostruzione della voce dei costi commerciali: ove siano stimati al 5% dei costi di rete il comportamento di Vodafone sarebbe sicuramente lecito già a partire dall’anno 2005/2006, mentre l’opposto è vero nel caso in cui i costi commerciali siano valutati al 20% del costo di rete (con un margine negativo di circa 1-3% del costo).
Questo giudice ritiene che sia del tutto condivisibile la prospettazione del consulente tecnico che – anche in considerazione degli interessi economici in gioco – è stato chiamato per due volte ad integrare la relazione, proprio al fine di avere un quadro quanto più completo e certo della medesima prospettazione.
Occorre tuttavia procedere ad una specifica disamina della voce dei costi commerciali da valutare, in considerazione della rilevanza che essa assume, con riguardo alla prospettazione di un asserito danno subito da Fastweb.
Nella propria relazione finale il CTU aveva ritenuto opportuno quantificare l’impatto dei costi commerciali in un valore pari al 5% dei costi di rete di Vodafone, detto valore derivando dai bilanci di responsabilità sociale di Vodafone per gli anni dal 2002 al 2008.
Nella prima relazione supplementare (depositata in data 22 ottobre 2013), il CTU, su impulso proveniente dal CTP di Fastweb, ha preso in considerazione un’ulteriore quantificazione dei costi commerciali pari al 20% dei costi di rete. Tale valore trova fondamento nella delibera dell’Agcom 499/10/CONS ove l’Autorità offre una misura presuntiva di detti costi, in proporzione ai costi di rete totali. Nello specifico, l’AgCom distingue la parametrazione dei costi commerciali a seconda del mercato finale cui è destinata l’offerta e, per quanto concerne la clientela di interesse, ossia quella business, identifica appunto i costi commerciali in una percentuale pari al 20% dei costi di rete.
Occorre premettere che il ruolo assolutamente marginale ricoperto dalla telefonia fissa, all’interno delle attività di Vodafone, induce ad una stima prudenziale dell'incidenza dei costi commerciali.
Si è peraltro già ricordato che la quota di mercato di Vodafone, con particolare riferimento alla direttrice fisso-mobile, era pari a circa il 2%. Ciò induce ragionevolmente a ritenere che i costi commerciali sostenuti in funzione di tale direttrice avessero un impatto estremamente limitato e pressoché trascurabile sui costi complessivamente sostenuti da Vodafone.
D’altra parte, la delibera 499/10/CONS costituisce un adeguamento dei test di prezzo utilizzati nella precedente delibera 152/10/CONS, la quale conteneva misure atte a garantire la piena applicazione del principio di parità di trattamento interna ed esterna da parte degli operatori "aventi notevole forza di mercato nella telefonia fissa". Si ritiene pertanto che i parametri definiti nella delibera 499/10/CONS non possano trovare diretta e immediata applicazione con riferimento al caso de quo, considerata la richiamata posizione di Vodafone sul mercato oggetto di analisi. Tale delibera è stata peraltro approvata facendo precipuo riferimento ad uno dei principali operatori sul mercato della fonia fissa, ossia Telecom Italia. Inoltre, l’AgCom, nella propria delibera, concede esplicitamente all’operatore che sia assoggettato al test la facoltà di richiedere l’utilizzo dei costi effettivamente sostenuti.
Si consideri inoltre che i costi commerciali di telefonia non possono considerarsi quale voce in sé autonoma in quanto rientrano nei costi sostenuti per l’offerta di fonia complessivamente intesa. In particolare, i costi commerciali sulla direttrice fisso-mobile sono parte dei cosiddetti costi non evitabile, in quanto non specifici alla direttrice stessa. Peraltro le offerte praticate sul mercato da Vodafone erano offerte complesse, delle quali la terminazione fisso-mobile non era altro che una delle componenti. In altre parole Vodafone offriva ai clienti dei “pacchetti” che non riguardavano mai unicamente il mercato della fonia fisso-mobile.
A ciò si aggiunga il significativo rilievo che la stessa AGCM, nel corso del procedimento A357, ha preso in considerazione unicamente i costi di raccolta e di terminazione, e non anche i costi commerciali, per il calcolo del test di replicabilità.
Peraltro pur derivando da produzione tardiva, sottratta al contraddittorio tra le parti e perciò non considerata da questo giudice, Vodafone ha sostenuto che nuovi dati derivanti dalla contabilità attesterebbero un costo interno commerciale di Vodafone in un ordine di grandezza pari a circa il 3% del costo di rete.
Tutto quanto sopra premesso, in considerazione della peculiarità della posizione ricoperta da Vodafone sul mercato della fonia fisso-mobile, si ritiene corretto - nel caso di cui si discute – quantificare i costi commerciali in un valore pari al 5% dei costi di rete.
Ciò detto, per il periodo rispetto al quale l’eventuale diritto al risarcimento del danno a favore di Fastweb non è soggetto al termine prescrizionale, non si può rilevare alcuna condotta di Vodafone configurabile come illecita.
È del resto significativo che il comportamento illecito alla base dell’azione di Fastweb non sia stato rilevato dall’AGCM per l’anno 2006, considerato che il procedimento A357 riguardava il periodo precedente, e che l'AGCM non ha ritenuto di dare ingresso ad un’altra istruttoria in relazione a possibili ulteriori comportamenti discriminatori protrattisi in epoca più recente.
A tali considerazioni si aggiunga la circostanza, non contestata, che l’AGCM non ha mai mosso contestazioni nei confronti di Vodafone, dopo la chiusura del procedimento. Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 14-ter della legge 287/90, l’AGCM, ove un’impresa contravvenga agli impegni assunti e resi obbligatori, può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato o riaprire il procedimento nei suoi confronti.
    13. Conclusivamente, alla luce delle considerazioni esposte, valutata l'intervenuta prescrizione per il periodo anteriore al 29 dicembre 2005 e la esclusione di comportamenti discriminatori in danno di
Fastweb per il periodo successivo , non può che pervenirsi al rigetto integrale delle domande di Fastweb.
L’estrema complessità della situazione in fatto e in diritto della presente controversia, la relativa novità delle questioni trattate, unitamente alla ritenuta inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata da parte della convenuta, giustificano l’integrale compensazione delle spese processuali fra le parti. Le spese per la consulenza tecnica d’ufficio sono poste a carico solidale delle parti, per le medesime considerazioni ed anche per il rilievo che detta consulenza ha avuto un'articolazione particolarmente dettagliata in dipendenza delle diverse tesi e dei molteplici argomenti svolti da entrambe le parti.

 

 

 

 

 

 


P.Q.M.

 

il Giudice, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio fra le parti,
rigetta la domanda di annullamento della Consulenza Tecnica di Ufficio proposta dall’attrice Fastweb S.p.a.;
rigetta le domande di risarcimento dei danni proposte dall’attrice Fastweb S.p.a. nei confronti di Vodafone Omnitel NV;
rigetta tutte le ulteriori domande proposte dalla medesima attrice;
dichiara inammissibile la domanda proposta in via riconvenzionale da Vodafone Omnitel NV; compensa integralmente fra le parti le spese di lite e pone a carico solidale di entrambe le parti le spese per l’esperimento della CTU nella misura già liquidata in corso di causa.
Così deciso in Milano il 14 ottobre 2014.
Il Giudice
dott. Marina Anna Tavassi